Esorcismi

di Lorenzo Galbiati

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Dunque, vediamo.
Il principino Harry, figlio di Carlo di Inghilterra, si presenta a una festa in divisa nazista con una bella svastica al braccio; la nobiltà e i benpensanti inglesi si scandalizzano; l’ondata di indignazione oltrepassa la Manica e arriva nel continente. In Europa il più sensibile al riprovevole gesto principesco è il commissario Franco Frattini, che si fa promotore di un’iniziativa volta a proibire in tutta l’Unione l’esposizione del simbolo della svastica; alcuni parlamentari popolari di stati dell’Est rilanciano: “allora proibiamo anche la falce e il martello!”

Frattini resta basito, tentenna, poi rilascia dichiarazioni deliranti sulla somiglianza tra nazismo e stalinismo, quindi risponde con cautela dicendo che è bene affrontare la questione con un dibattito europeo “pubblico e trasparente”; i comunisti italiani si inalberano (e ci credo, hanno la falce e il martello nel simbolo del loro partito!), ricordano che il nazismo è stato un movimento che teorizzava la superiorità della razza ariana e che si proponeva di distruggere proprio il comunismo bolscevico, quello a cui lo si vorrebbe equiparare; alcuni parlamentari forzitalioti incoraggiano Frattini impostando la seguente equazione: falce e martello uguale comunismo uguale stalinismo uguale milioni di morti, la soluzione dell’equazione è l’abolizione di falce e martello. Facile, no? Così i morti torneranno in vita. La signora Mussolini contribuisce al dibattito con una presa di posizione altamente etica (e degna dello stato etico): “è un dovere morale intervenire su falce e martello.” Certo, e anche sul suo cognome, che andrebbe del pari abolito, e a tale scopo credo di riuscire a imputargli un buon numero di morti.

Su questo tema nelle settimane scorse abbiamo assistito ad alcuni dibattiti francamente deprimenti, sia in tivù che sui giornali. Alcuni intellettuali di destra hanno tentato in tutti modi di sostenere che comunismo e nazismo sono stati totalitarismi ugualmente aberranti. Alcuni intellettuali di sinistra si sono sforzati di spiegare, con risultati discutibili, perché comunismo e nazismo non possono essere equiparati. In ogni caso, non è questo il punto poiché è una forzatura logica sostenere che abolendo sia la svastica che la falce e il martello si metterebbero sullo stesso piano l’ideologia bolscevica e quella nazionalsocialista. Più sensato invece è far notare che il simbolo che unisce il lavoro contadino con quello operaio è entrato nella bandiera sovietica solo nel 1924, mentre il partito socialista italiano l’aveva già adottato come simbolo nel 1919, e lo ha conservato, con l’aggiunta di un libro – la cultura –, fino al 1978. Effettivamente si tratta di un significante che immortala più di un secolo di lotte per la tutela dei diritti dei lavoratori e pertanto non può essere ricondotto al (solo) totalitarismo sovietico. Tuttavia falce e martello – bisogna ammetterlo – ricordano a (quasi) tutti la vecchia URSS. E allora come se ne esce?

Riappropriandoci del significato dei simboli.
Sì, perché tutta questa discussione parte dalla volontà di espungere dalla nuova Europa la svastica, ossia il presunto simbolo del Male che ha infestato la prima metà del Novecento. Eppure tutti sanno che la croce uncinata non ha un significato diabolico e non è stata inventata da Hitler, che tutt’al più le ha invertito l’orientamento dei raggi in senso orario. La svastica è un simbolo con una storia millenaria, che attraversa non solo le più antiche civiltà mesopotamiche e indiane ma anche alcune civiltà dell’Europa e dell’America precolombiana. È un segno dai molteplici significati esoterici, che solo la paranoia antisemita poteva trasformare in un simbolo razzista. E ora – a 85 anni di distanza dall’adozione della svastica come simbolo del partito nazionalsocialista tedesco – l’Unione europea discute sulla possibilità di proibirne l’esposizione pubblica in tutti gli stati membri.
A nessuno viene il dubbio che questa nuova ventata iconoclastica possa stimolare gli istinti più laidi già presenti in una minoranza ben visibile di giovani europei? Parlo di quella minoranza che non trova nulla di meglio dell’intolleranza razziale per dire “io esisto”.

Ho letto sul Web che l’inglese Ramesh Kallidai, portavoce dell’Hindu Forum, ha dichiarato: “gli induisti non possono essere puniti solo perché in un dato momento storico una parte della società ha utilizzato la svastica come simbolo di un’ideologia xenofoba. E’ un simbolo utilizzato da 5 mila anni per difendersi dal male e viene persino dipinto sulla testa dei bambini indù quando ricevono il loro primo taglio di capelli rituale” (Panorama, 20 gennaio 2005, articolo di R. Tomesani). Kallidai ha aggiunto che l’Hindu Forum ha iniziato una campagna per “ripristinare” la svastica, poiché “per gli indù l’uso sbagliato della svastica è ripugnante come lo è per chiunque altro”, ma vietarne l’esposizione “è come dire che dato che il Ku Klux Klan bruciava le croci, allora bisogna vietare l’uso della croce in tutto il mondo” (Reuters, 25 gennaio 2005).

Mi domando perché dovrebbe essere necessario oscurare il patrimonio di significati che si condensa nel simbolo della svastica fin dalle prime civiltà indoeuropee… Solo per rimuovere, a 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, l’iconografia del totalitarismo nazista?

Lasciatemi sognare un’Europa che si spenda per l’operazione culturale opposta, un’Europa che si riappropri delle immagini dei totalitarismi riconducendole al loro significato primevo. Io vorrei che l’Unione europea si chiedesse: cosa sappiamo sull’origine del simbolo della svastica? Cosa sappiamo sui significati che storicamente ha assunto in molte culture eurasiatiche?
A queste domande cerchino di dare una risposta le élites politico-culturali degli stati dell’Unione. Che si compiano ricerche, si organizzino dibattiti a ogni livello sociale; se ne parli a scuola, si studi l’origine e la storia di tutte le croci uncinate. E infine, a compimento di questo esorcismo, si vendano portachiavi a forma di svastica e magliette raffiguranti croci uncinate con rotazione in senso orario e antiorario, con le braccia ricurve o diritte.

Lasciatemi sognare che le ferite lasciate dalla Shoah al popolo ebraico si siano già rimarginate, e che gli ebrei si trovino in prima fila in questo nuovo movimento “iconodulo”. Movimento che, va da sé, coinvolgerebbe anche la riscoperta del significato simbolico di falce e martello, emblemi molto più giovani della svastica ma non meno fraintesi.
Disseppellire queste memorie può essere un vero arricchimento per le culture dell’Unione Europea. Io mi auguro che l’Europa possa riappropriarsi del valore primigenio dei suoi simboli. Non permettiamo a Hitler e a Stalin di impoverirci e di perseguitarci anche da morti. Non permettiamogli di diventare nostri incubi.
Sognare è ancora possibile.

(Nella foto: “grande tappeto di pietra” della domus dei Coiedii a Suasa (AN), I o II sec. d.C.)

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8 Commenti

  1. Giorni del ricordo di Auschwitz, proibizione della svastica, della falce e del martello, pare che queta Europa stia nascendo per farsi perdonare i totalitarismi e la Seconda guerra mondiale… e intanto chi quella guerra l’ha conclusa con due bombe atomiche viene qui a darci lezione di esportazione della democrazia…

  2. Caro Lorenz,
    probabilmente sai che sono di quelli che non equiparano nazismo e comunismo (è questione lunga e annosa questa dei totalitarismi e in questi commenti vagamente OT). Volevo proporti/vi però un paio di riflessioni sui simboli.

    ** Il simbolo della svastica lo si ritrova costantemente nell’iconografia orientale come in quella cristiana – il duomo della mia città costruito in tempi non sospetti ne ha a decine sulle volte. E’un simbolo che ha una carica “esoterica” e il ruolo che l’esoterismo ha svolto nel terzo Reich non è stato di margine. La svastica rappresentava un rapporto con il paranormale, il mistico, che fu funzionale all’ideologia nazista. I capi nazisti avevano un atteggiamento religioso, ritualista, liturgico, per certi versi anche da setta massonica. La svastica dunque fungeva (anche) da simbolo di questo legame fra nazi-ideologia e religiosità, intimismo.
    La falce e il martello invece nascono da una tendenza descrittiva di un gruppo più terra terra: simboli di lavoratori, contadini, operai; strumenti per la fatica, ma eventualmente anche per la lotta. E’ un simbolo più diretto, che gira meno intorno, che non ha altre intrinsiche valenze. E’ il significante visivo di un significato sociologico.
    La svastica sfiora, accenna, è la parola d’ordine prima dell’iniziazione; la falce e il martello dicono.

    ** Anche il valore che i due simboli quest’oggi hanno è sintomatico. I neonazi devastano cimiteri ebrei, picchiano un coreano, violentano una musulmana: la firma sarà la svastica (alle volte accompagnata o sostituita dalla croce celtica). E’ il marchio dell’ideologia.
    Presso forme anche violente di estremismo radicale di sinistra (che anche in questo caso non metto sullo stesso piano con quelle appena citate di destra – non vi sono riferimenti alla lotta armata terroristica degli anni ’70) non conosco invece un’uniformità della firma, del simbolo.

    ** Inoltre la svastica è diventata in qualche modo simbolo di un preciso atteggiamento di un stato rispetto alla politica estera. L’accostamento della svastica alla bandiera americana o israeliana è una costante della critica visuale presente sui muri di molte città (tendenzialmente di matrice filo-islamica).

    ** Basta così.

  3. Conosco le origini e gli usi della svastica e non posso che concordare con te quando scrivi: “Non permettiamo a Hitler e a Stalin di impoverirci e di perseguitarci anche da morti.”

    Ma devo ammettere che quando nel mio Tattoo Studio i clienti richiedono svastiche – non legate a filosofie orientali – mi rifiuto di dar loro un appuntamento; quando il soggetto richiesto è falce e martello, bhè, allora un posticino libero in agenda lo trovo.

    K.

  4. * l’esoterismo. tu dici “il ruolo che l’esoterismo ha svolto nel terzo Reich non è stato di margine.” Certo, ma di quale esoterismo parliamo? Io non sono un esperto dell’esoterismo nazista ma non stiamo parlando di uno pseudo- esoterismo? O meglio, di una perversione dell’esoterismo di matrice induista? A maggior ragione, riconduciamolo al’origine.
    * l’ideologia. la svastica, tu dici, “è il marchio dell’ideologia” con il quale firmano le loro azioni i gruppi neonazi. Svuotiamolo quindi questo marchio. Io mi immagino un neonazi che cammina per Berlino e vede uno stand gestito da ebrei che vendono magliette e portachiavi con la svastica. Il neonazi si avvicina, reprime (per il momento) la rabbia e chiede loro: “ma come potete vendere ‘ste cose? la svastica è un simbolo ariano e voi siete ebrei…” “sei male informato, la svastica è una croce, e come tale è un simbolo universale che compare fin dalle società primitive, e si ritrova poi in molte civiltà con forme e significati diversi. Quale ti interessa di più? la svastica induista, gianista, buddista? o la svastica etrusca? o dei maya? ecc. Abbiamo un opuscolo gratis per ognuna di queste svastiche…” “…”
    Vogliamo combattere la xenofobia neonazi?
    Sì. Bene. Come? Demonizzando la svastica? No, così stiamo al loro gioco. Più noi la proibiamo e più quel simbolo diventerà loro.
    Meglio sottrarglielo facendolo diventare un simbolo “nazionalpopolare”. L’intolleranza non finirà ma saranno costretti prima o poi a cercarne un altro che li rappresenti. E noi ci saremo riappropriati dei nostri simboli.

  5. Lorenz, il contesto… è sempre il contesto che ci fotte. E’ un po’ come camminare sul filo dell’equilibrista. Un ebreo che vende maglie con la svastica , a Berlino poi, è un’idea scurrile. Anche perché poi per i muri della stessa Berlino è pieno di graffiti con la stella di davide=svastica…
    I simboli sono segni che spesso è difficile svuotare di un significato e sono un vettore per direzionare le masse. C’è da chiedersi se vogliamo riappropiarci dei “nostri simboli” o se forse non sarebbe meglio buttarli nel cesso…

  6. Vedi, Vins, io direi che l’idea scurrile è quella di fare graffiti con la stella di David uguagliata alla svastica, ti pare?
    Poi, certo, anche i rapporti tra Europa e Israele andrebbero rivisti. Io, da buon sognatore, aspetto che qualche comunità ebraica europea condanni senza riserve l’operato di Israele e chieda il ritiro immediato dalla Cisgiordania (altro che lo sgombero di qualche colonia a Gaza…).
    Mi rendo conto di ragionare con un approccio che pare estraneo alla ragionevolezza. Ma d’altronde sono convinto che dalla prima guerra mondiale in poi la spirale della guerra è diventata il segno distintivo della nostra specie e solo un’inversione di rotta netta può sradicare questo segno, tutto il resto lo può solo attenuare o riproporre in futuro. Sessanta anni fa un vecchio indiano consigliò all’Inghilterra di farsi invadere dalla Germania senza opporre resistenza e agli ebrei di consegnarsi spontaneamente ai tedeschi. Io dico che – senza arrivare agli estremi del secondo consiglio – in quelle posizioni è indicata la soluzione per invertire la rotta. Al Male non bisogna opporsi, non bisogna resistere: dobbiamo farlo entrare dentro di noi per svuotarlo. Finché il male è rappresentato dai simboli questa operazione non richiede molto coraggio ma solo grande apertura mentale. Quando invece è rappresentato dalle persone, o dagli eserciti, arriva il difficile.

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andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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