La realtà si è fatta furba
di Marco Senaldi
Non vorrei vantarmi, ma ho scoperto un artista a dir poco eccezionale. Anzi, l’artista che ho sempre sognato. È tale l’emozione che non saprei neanche dire quali siano i temi più rilevanti del suo lavoro. Da un lato affronta di petto le emergenze socio-culturali del presente, dall’altro sembra offrirne una versione alternativa e radicalmente critica, da un altro ancora riesce a mantenere una lieve verve poetica e non priva di olimpica ironia.
In un solo giorno, mercoledì 2 dicembre 2004, ha realizzato le seguenti opere: per una mostra sul tema droga, ha fatto realizzare degli autentici tappeti iraniani intessuti di tubicini nei quali c’era eroina. I tappeti sono stati spediti dall’Iran, intercettati e letteralmente dis-intessuti dalle forze dell’Ordine in una performance che, quanto a reality-glam, faceva dimenticare i migliori lavori di Janine Antoni.
In un altro lavoro incentrato sul problema del controllo ha finto di dimenticarsi in tasca una pistola (regolarmente denunciata) e ha passato indenne i controlli al check-in di un aeroporto italiano, causando un grande scandalo, il licenziamento dell’addetto alla sorveglianza e guadagnandosi una regolare denuncia.
Come installazione indipendente di public art ha esposto un cartellone stradale con un dolcissimo messaggio d’amore, che è divenuto subito oggetto di una caccia collettiva (la notizia è passata al tg della sera) all’anonimo romantico.
Come lavoro mediale ha invece costruito una rete di contatti in cui impersonava una maga-medium che appariva sulla stampa e sulle tv private con diciannove identità diverse.
Infine, ed è senz’altro il suo capolavoro, ha dato vita a New York a una vero-falsa convention presidenziale, con tanto di pubblico acclamante, bandierine, arrivo in limousine con corteo di motociclette della polizia, ma, gesto sublime e irriverente, al posto di un candidato normale c’era Eminem…
Qualcosa non quadra? Vi sembra di aver già sentito parlare di qualcuna di queste operazioni? D’accordo d’accordo, ci stavo provando. In effetti si tratta semplicemente di cinque notizie diffuse lo stesso giorno (il 2 dicembre 2004) dai telegiornali della sera. Le riporto perché ogni tanto, per supremo snobismo, fra amici fidati, si arriva a parlare di fatti come questi paragonandoli al lavoro, invariabilmente peggiore e infinitamente meno significativo, di una buona parte dei veri e propri “artisti”.
Naturalmente la mattina dopo si torna seri e sobri, e, di fronte alla regolare platea dell’ennesimo convegno, ricominciamo puntualmente il bizantino quanto tormentoso esercizio dei distinguo.
Ma di fronte a cinque esempi supremi di questo genere, lo capite da soli, il punto non sono più le differenze. Il punto è che avvenimenti come questi, diciamolo pure, somigliano spaventosamente a ciò che siamo abituati a definire un’“opera d’arte”.
In altre parole, la realtà non era così stupida come la consideravamo. Magari per un po’ non ci avrà dato retta, o ha fatto finta di non capire. Magari per un po’ ha preferito farsi prendere in giro, far la finta tonta. Intanto però, piano piano, ma con metodo, continuava a imparare. Guardava le mostre, leggeva le riviste specializzate, andava alle performance, navigava in rete – e noi neanche ce ne siamo accorti. E un bel giorno, un due dicembre qualunque, ecco che salta fuori che la realtà è divenuta veramente artistica…! Tornare indietro adesso, non è più possibile. La realtà, adesso, bisogna conoscerla meglio, perché non si lascia più prendere in giro tanto facilmente. Adesso si è fatta furba, così furba che ci somiglia, che sembra noi.
Gli artisti, ora, sono avvisati: possono cercare di evitare la realtà, possono inventarsene una tutta loro (come facevano tanto tempo fa), ma se si mettono al suo livello rischiano di essere spazzati via da qualcosa che è ormai più forte, più artistico, di loro.
Pubblicato su Exibart, febbraio-marzo 2005.
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Da meditarci a lungo.
é un commento al libro di Genna su Costantino? No a ben pensarci mi sembra troppo raffinato, direi che è un commento a quello di Covacich
Sì, proprio da rifletterci a lungo.
Quindi cercarsi un buon libro su Marcel Duchamp e mettersi a studiare con estrema attenzione visiva e intellettuale tutte, porprio tutte le sue opere da la Marièe a Etant-donnès.
Secondo me la realtà non è né furba né stupida, è solo imprevedibile. Quella che Marco Senaldi descrive non è affatto imprevedibile. E’ così poco imprevedibile che l’ha già prevista la pratica artistica del 900. Quindi non è la realtà.
Non è la realtà che si è andata a guardare le mostre, a leggere le riviste specializzate, a vedere le performance. Non era la realtà. Era qualcos’altro. Era il grande macchinario mediatico-pubblicitario. Quanti meccanismi mediatico pubblicitari che oggi assoggettano le menti e i corpi sono stati sperimentati dalla pratica artistica del Novecento! Le poetiche d’avanguardia sono diventati logo, i critici-autori alla Bonito Oliva sono diventati i cool-hunter delle agenzie di stilizzazione della vita. Lo scheletro concettuale dell’arte che si pensava la più radicale è diventato strumento di dominio sulla vita. E allora vuol dire che quell’arte si era solo spacciata per radicale. Di fatto era un laboratorio di eugenetica. Ha selezionato le menti adatte a galleggiare sul mare piatto della comunicazione che oggi trionfa nei tg. Quindi smettiamo di dire che la realtà è diventata artistica. La realtà è quella che è, ed è quella che la televisione nasconde, taglia via, espelle. E l’arte sta da un’altra parte.
“Tornare indietro adesso, non è più possibile” tu scrivi. Certo, a chi vuoi che riesca di tornare indietro. Però si può andare avanti, da un’altra parte, su tutt’altra strada. Abbandoniamo queste trappole mentali del secolo passato! Facciamo tutti uno sforzo! Quella “realtà” che tu descrivi attraverso esempi presi dalla tv non si è fatta furba. Non è nulla. E soprattuttto non ci somiglia, non sembra noi. Perché pretendere che la nostra analisi debba sempre cominciare da lì. Sempre da lì. Dai meccanismi mediatico-pubblicitari. Cos’è, un incantesimo? Tutti incantati a guardare con nostalgia, con senso di sconfitta e di sfacelo, quello che resta dell’arte dentro alla comunicazione mediatico-pubblicitaria, e che poi era solo un’idea misera di arte, infima, minuscola, quella prodotta dalla logica artistica moderna, occidentale, eurocentrica, che per qualche decennio si è spacciata per arte radicale, e che è solo una barchetta bucata in mezzo all’oceano del mondo.
.. infatti: per fortuna c’è la Benedetti a rinfrescarci le idee. Oddio, non che fosse tanto difficile con quelle proposte dal contributo di Senaldi. Ne ho sentite di cose vecchie spacciate per nuove, ma che nel 2005 qualcuno senta il bisogno di affermare, come se avesse scoperto la Vita su Marte, che la Realtà è più artistica dell’Arte… mah…
ci mancava la postilla – di bunueliana memoria – sulla “morte dello scandalo” ed eravamo a posto.
Benedetti ha ragionissima. Ma per favore, allora, censuri i vari Vasta e Senaldi di turno. Che si smelmano in questa trita retorica. Si guardi bene intorno, chi la circonda in Nazione Indiana?? Pure lei Scarpa, però, eh..
Io che credo che Warhol fosse veramente, realmente, un delinquente.
Cari amici,
non dimenticate che questo pezzo è apparso su Exibart, una rivista che si rivolge prima di tutto a galleristi e artisti. Secondo me Marco stava dando una strigliata proprio agli artisti e agli “operatori del settore” che continuano a percorrere certe strade per inerzia estetica e ideologica.