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Affittasi lavoro

di Aldo Nove

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Cilia (questo è il suo secondo vero nome, e ci tiene molto ad usarlo) ha lavorato per anni per una delle più grosse agenzie interinali italiane. Forse c’è ancora qualcuno che non sa esattamente che cosa sia, un’agenzia interinale, o per quale motivo piacciano così tanto ai padroni ed abbiano così successo da diventare il simbolo di un’economia che sta scoppiando nell’irrealtà della sua fuga da sé stessa. Un’economia che vive di artifici studiati ad hoc per gli interessi padronali, per rendere il lavoratore pura merce di scambio… Ma facciamoci raccontare le cose direttamente da Cilia

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La prima agenzia interinale l’ho vista nel 2000. Sembrano passati millenni. Eppure si tratta di quattro anni fa. Da fuori mi sembrava un po’ una lavanderia. Ricordo nella mia città le vetrine di questi negozi che vendevano offerte di lavoro. Era strano, per me, come credo lo fosse per tutti. Da bambina nelle vetrine dei negozi c’erano la frutta, la carne, i giocattoli. Adesso le proposte di lavoro. Una strana merce.

Che effetto ti ha fatto, la prima volta che ci sei entrata?

Di spaesamento totale. Piccoli uffici tutti uguali, nella sostanza, dove una signorina ti fa compilare dei moduli promettendoti di richiamarti per offrirti un lavoro “consono alle tue capacità e aspirazioni”. E poi bla bla sul fatto che lavorare è importante, perché ci si mette a posto, si può farsi una famiglia…

Quasi fosse un optional, il lavoro…

Sì, un articolo in vendita. Con le promozioni, i saldi di fine stagione… Erano ancora i tempi della new economy. Quel “new” rappresentava e rappresenta una novità confusa che le agenzie interinali rappresentavano in modo molto colorato, televisivo, efficiente.

Hai trovato subito lavoro, con l’agenzia?

No. Il lavoro l’ho trovato tramite un’inserzione sul Corriere della Sera. Una sedicente ditta leader del mercato delle comunicazioni cercava impiegate per un call-center. Contratto a collaborazione coordinata continuativa. Mi sono presentata…

E cosa è successo?

Mi sono trovato di fronte a un gruppo manageriale costituito da ragazzi neolaureati, sui venticinque anni, e un sacco di donne e di ragazze alla ricerca di un’occupazione. Di qualunque occupazione.

E nel vostro caso di cosa si trattava?

Di contattare aziende per proporre loro appuntamenti con degli agenti che gli avrebbero spiegato i vantaggi dei nostri servizi di telefonia. Cablaggio linee ottiche e cose di questo genere. Erano i tempi in cui il duopolio Omnitel-Vodafone non si era ancora consolidato del tutto, e la concorrenza appariva reale ed agguerrita… Ho fatto un colloquio, una prova ed ho subito cominciato. Contratto a due mesi. Ovviamente, con promesse di imminente assunzione a tempo indeterminato, e stipendi sempre più alti. C’era un clima frizzante, almeno nei padroni.

Com’era l’ambiente di lavoro?

Una ventina di donne, ognuna con la sua postazione telefonica, le pagine gialle come oggetto di consultazione e delle lastre di metallo che separavano gli spazi tra le lavoratrici. Dovevamo telefonare a aziende di medio livello, con dotazione informatica e telefonica media, e proporre i nostri servizi. Oviamente, anche perché non c’erano sistemi di controllo reale del nostro lavoro, fatto il numero di telefonate necessario ci si occupava anche di altro.

Ad esempio?

Una delle costanti erano le ricerche in Rete su Brad Pitt e altri fighi.

Interessante. E poi?

Facevamo le nostre telefonate, private. Io avevo uno specchio in cima alla lastra di metallo di cui ti ho parlato prima che mi permetteva di vedere se arrivava qualche dirigente. Allora improvvisamente iniziavo a parlare in gergo tecnico, chi era dall’altra parte della cornetta capiva e la telefonata finiva lì.

Mi hai detto che eravate tutte donne. Com’era il rapporto tra di voi?

Pessimo. Era importante creare il più alto numero possibile di contatti, e quindi eravamo in qualche modo tutte nemiche. Poi ognuna aveva la sua storia, il suo caso.

Me ne descrivi qualcuno?

C’era la ragazza del sud, laureata in Scienze Politiche, sposata, che per cinque anni aveva fatto semplicemente la moglie. Era di destra. Diceva che quelli di sinistra non combinano niente. Glielo diceva suo marito.

Molto profonda. Altre colleghe?

C’era la quarantenne con due figli che ogni giorno si faceva sessanta chilometri per venire e sessanta per tornare, per cercare i piazzare prodotti di cui non sapeva nulla e che nulla le interessavano. E tutto in questo senso costante di precarietà. E c’era pure la venticinquenne con apparenti problemi di stomaco che ogni mezz’ora andava in bagno. Abbiamo scoperto dopo che in borsa aveva la bottiglia di whiskey. E poi la diciottenne che parlava solo di profumi e vestiti.

Tra di voi parlavate di politica?

Quasi mai. Erano quasi tutte di destra. E grandi utenti di telenovele. Comunque, il lavoro è presto peggiorato.

Cosa è successo?

Era evidente che i super progetti di espansione erano una bufala. Quindi, quando le cose si sono messe male, al posto del contratto a tempo indeterminato ci è stato proposto di essere assunte tramite agenzia interinale.

Cioè?

Noi rimanevamo al nostro posto, ma a questo punto affittate da un’agenzia esterna. Con contratti trimestrali. Secondo loro era un’idea stupenda, che avrebbe migliorato le nostre condizioni di lavoro nel giro di breve tempo. Fino a quando si fosse superato quel breve periodo di impasse e ci avrebbero assunte a tempo pieno.

E qua subentra l’agenzia interinale.

Sì. Noi rimanevamo al nostro posto di lavoro, ma a occuparsi del nostro trattamento lavorativo, della nostra posizione previdenziale e di tutte queste cose era un’agenzia esterna. Questo concedeva ai padroni un grande vantaggio. Innanzitutto di non doversi assumere nessuna responsabilità diretta. Inoltre di ridefinirci come merce lavoro assolutamente interscambiabile, pur entro condizioni contrattuali studiate appositamente a loro vantaggio. Inoltre, la nostra presenza non intaccava in alcun modo il loro fondo liquidazioni, che sul piano aziendale è un fattore molto importante… Per il loro bilancio.

Sul piano personale è cambiato qualcosa?

No. Ma il datore di lavoro non era più il mio datore di lavoro. Un gioco di prestigio. Inoltre, era evidente che il contratto a tempo indeterminato si allontanava sempre di più. Anzi. Diventava una pura utopia prima e poi una vera menzogna. Le cose andavano sempre peggio…

Come mai?

Ommnitel e Vodafone hanno capito che c’era una potenziale concorrenza minore e si sono date presto da fare per spazzare via gli antagonisti al duopolio. Le nostre offerte erano sempre meno concorrenziali.

E cosa è successo?

C’era molta tensione. La “bolla”, nel giro di qualche mese stava scoppiando. E me ne sono andata via prima che fossi licenziata. Come è successo di punto in bianco a tutte le altre dipendenti dell’azienda.

E poi cosa hai fatto?

C’è un altro episodio che vorrei raccontarti, prima. Il rapporto diretto con i nostri “capi”, che poi erano dei ragazzini. Un giorno uno è venuto da me e diceva che dovevamo rendere di più perché l’averci (ri)assunte tramite agenzia interinale a loro costava molto, era stato un grosso sforzo per migliorare la nostra condizione. Ero furiosa. Era evidente che giocasse sulla mia totale incoscienza della mia posizione. Un paternalismo padronale falso dalla testa ai piedi. E meno male che mi ero informata. Che non avevo voluto essere pura merce. Gli ho spiegato che quello che mi diceva erano solo falsità. E l’ho zittito. Anche lui, in fondo, non è che ne sapesse molto più di me. Arrivavano i dettami dall’”alto”. L’alto non sapevamo che cosa fosse. Neppure i nostri “capi”.

E così ti sei licenziata.

Di nuovo senza lavoro. E quindi daccapo. Di nuovo all’agenzia interinale. La seconda esperienza è stata forse ancora più folle.

Di cosa si trattava?

Dovevo coordinare un’agenzia di distribuzione volantini. Stavo in un ufficio e avevo a che fare con il lavoro di un gruppo di “padroncini” (possessori di auto) tutti extracomunitari con la partita iva, che ogni giorno raccoglievano un po’ di compaesani e, pagandoli in nero, li mandavano in giro a distribuire questi volantini. Quindi una struttura gerarchica apparentemente regolare, dove c’era un gruppo dirigente, delle impiegate, dei liberi professionisti che svolgevano il loro lavoro in realtà subaffittandolo a dei poveracci letteralmente trattati come degli schiavi.

Quanto è durata, questa esperienza?

Il tempo di capire di cosa si trattasse. Una settimana. Poi me ne sono andata. Ho anche partecipato a un processo…

Un processo?

Un processo in cui uno dei “liberi professionisti” alle nostre dipendenze (ma ti immagini, tra l’altro, un extracomunitario che non sa neanche l’italiano, che deve aprirsi una partita iva e gestirsela?) era stato accoltellato da uno dei suoi “lavoratori”. Un’esperienza orribile. Credo che la fantascienza reale si trovi nelle mille diramazioni del mondo del lavoro. Anche se uno finisce per conoscere solo quelle in cui incappa. Anche se quando si ha bisogno di soldi per vivere non si ha il tempo necessario per capire e rivendicare più di tanto le proprie posizioni. Specialmente in un sistema studiato per mettere tutti contro tutti. Specialmente quando hai bisogno di soldi e non puoi permetterti di guardare troppo per il sottile, e ti devi adeguare. Mi fa un po’ senso, oggi, l’immagine dell’operaio, inteso come elemento di una classe, che rivendicava i propri diritti. Recentemente ho visto un bellissimo film.

Quale?

La classe operaia va in paradiso. Che mi ha ricordato, per altri versi, La califfa. Quello che contraddistingueva quei film era che c’erano dei padroni. Oggi non ci sono più. Ci siamo noi. Ma quel noi è fatto di singole unità. Di produzione. Tutto qui. E allora, cosa fare?

Tu cosa hai fatto?

Ho trovato lavoro come speaker in una radio. E’ durato poco. Gli intenti della radio erano puramente commerciali, e una radio che fa solo pubblicità non serve a nulla, anche se potrebbe essere un ottimo modello di radio verità… Nel frattempo facevo anche un altro lavoro. Lavoravo per le Pagine Gialle. Vendevo spazi pubblicitari per loro. Sempre tramite agenzia interinale. In questa fase della mia vita mi trovavo, sul piano lavorativo, divisa in due. Da una parte ero libera professionista, con partita iva aperta, dall’altra dipendente di un’agenzia interinale.

Un quadro molto complesso.

Complesso e insostenibile. Ma la cosa più difficile è che è dura da raccontare. Specialmente quando ci sono persone che sono messe peggio di te. Che fanno quattro o cinque lavori al giorno per tirare avanti, che non hanno il tempo materiale per dire a nessuno come fanno, a tirare avanti, anche perché a nessuno interessa.

E’ il nuovo miracolo italiano.

Forse. Di miracoloso ha che si riesce ad andare avanti lo stesso. Comunque, la mia vita ha avuto un cambio netto quando ho seguito il mio fidanzato, ricercatore universitario, in Inghilterra. In Inghilterra esistono i “Job Center”, e sono molto efficienti”…

In pratica, i corrispettivi dei nostri uffici di collocamento.

Sì, sarebbe proprio la traduzione letterarale di “ufficio di collocamento”. Solo che in Italia non ho capito bene a cosa servano. A me non risulta nessuno che sia stato chiamato per un lavoro da un ufficio di collocamento. Quando mi iscrissi, dopo il diploma, mi fecero un libretto con scritto “impiegata di concetto”. Gli ho chiesto cosa voleva dire. Mi hanno detto che si scrive così.

Bellissima risposta. Torniamo in Inghilterra.

Come ti dicevo, in un “job center”, nel corso di una settimana, ho trovato lavoro. E non ho mai avuto problemi, da questo punto di vista. In Inghilterra esiste un’estrema flessibilità. Ma è molto tutelata. C’è il sussidio di disoccupazione per chi il lavoro non ce l’ha, e c’è la possibilità reale di cambiare lavoro con estrema facilità, addirittura “scegliendo” quello che ti piace di più. E questo per un’italiana, come me, che con l’inglese non se la cavava benissimo.

In Inghilterra esistono le agenzie interinali?

Certo. Ma funzionano benissimo le agenzie di collocamento.

Cosa consiglieresti a un giovane in cerca del primo lavoro?

Di stare molto attento a quello che gli propongono, a cosa firma, di guardare la “sostanza” e non le promesse di guadagni mirabolanti. Questo è quello che oggi rimane, per me, di una coscienza politica individuale che non sia chiacchiera televisiva.

A proposito, politicamente come ti schieri?

Sono di sinistra e lo sono sempre stata. Voto i Verdi anche se non condivido tutte le loro posizioni, come forse è naturale per una persona che pensa. O no?

Certo. Cosa ne pensi di Rifondazione?

Mi ha molto ferito ai tempi del “salto nel buio”. Il governo Prodi era un’esperimento di governo di centrosinistra che meritava una chance. Molto di più di quell’incubo del governo D’Alema, che non reputo di sinistra, con Cossiga e quegli altri personaggi che hanno aperto poi la strada al secondo governo Berlusconi.

Cosa ne pensi dell’idea della Sinistra Europea?

Mi sembra necessaria. Oggi più che mai. Ma mi auguro con tutta me stessa che in un modo o nell’altro la parola “comunista” non sparisca mai, perché è oggi è più che mai attuale. Perché è l’unico antidoto a figuri come Ignazio La Russa che stanno devastando l’Italia.

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Pubblicato su Liberazione, gennaio 2005

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