4 Poesie di Jan Skácel
traduzione di Annalisa Cosentino
Il vento di nome Jaromír
Un giorno
Andremo insieme, lo promettemmo un tempo
Sul tarassaco negli occhi gialli di un merlo.
Lasceremo a casa le buone mogli
e ce ne andremo a pescare il verso,
quello che il fiume impreca sulle pietre
quando inciampa nella notte scura.
E forse in tutta notte non prenderemo nulla.
Ma gocce d’acqua cadranno nell’erba
Come lacrime di principesse
Dal bosco uscite scalze.
E forse in strada ti domanderanno
Maestro, a quando un libro nuovo?
E tu gli dirai dopo il diluvio
Se ci sarà un bel fango.
E forse i cieli si impietosiranno
e ci scroscerà nella poesia e nelle scarpe,
nubi fredde come trote maculate
ci sorvoleranno le teste.
E daremo al vento il nome di Jaromír
E torneremo sull’acqua allegra.
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Fragile sempre più fragile
Per vecchie credenze e orecchie astute,
per il radar di notti estive sotto i tigli,
per la propria bruttezza s’inchiodava
anticamente un pipistrello alla porta.
Col chiodo nella membrana delle ali,
il cadavere appeso avvolto nel silenzio
e un orrore pudico, liscio come la seta,
frusciava a lungo sugli ombrellini a campana.
Perché ho in me quell’immagine martoriata
e perché prima di chiedere alloggio
in una casa nuova, con cura e a lungo
osservo le assi della porta d’ingresso,
nel legno cerco i buchi dei chiodi?
Sono solo un poeta, un radar sotto i tigli.
Non sta a me rispondere. Io domando.
*
Tristezze
Tre grandi tristezze ci sono al mondo
Tre tristezze grandi e nessuno sa
Come evitare queste tristezze
Prima tristezza Non so dove morrò
Seconda tristezza Non so quando accadrà
E l’ultima Non so dove sarò all’altro mondo
Così ho sentito cantare Lasciamo così
Lasciamo così come si canta Per riuscire
A prendere l’angoscia come una maniglia ed entrare
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Notturno
Sorvegliamo i lupi fino a tarda notte
Poi mangeremo la luna
Resteranno fosse piene di stelle
Il buio profuma dolce come segale
Abbiamo voglia soprattutto di dormire
e meditiamo come rivolgerci alla morte
Senza di lei non ci sarebbe l’infanzia
la regione della cava libertà dei fili d’erba
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Nota su Jan Skácel
Jan Skácel, nato il 7 febbraio 1922 a Vnorovy, in Moravia, e morto nel 1989, è uno dei poeti cechi più prestigiosi e una delle voci europee più intense della seconda metà del XX secolo. Trascorse gran parte della sua vita a Brno, dove negli anni Sessanta diresse la rivista di cultura e letteratura “Host do domu”. Bandito dal regime cecoslovacco durante gli anni Settanta, gli anni cosiddetti della “normalizzazione”, Skácel, invece che partire all’estero (rinunciò ad andare in Germania, dove lo aspettava un incarico in un importante settimanale) optò per l’esilio interno, continuando a scrivere poesie per il circuito clandestino del samizdat o per alcune riviste pubblicate da intellettuali cechi emigrati. Nel 1989, pochi mesi prima di morire, fu insignito del premio tedesco “Petrarca”.
Il colore del silenzio, l’opera di Skácel in uscita da Metauro (primo numero della collana “Biblioteca di poesia” diretta da Massimo Rizzante) a cura di Annalisa Cosentino e con una postfazione del poeta polacco Jaroslaw Mikolajewski, è la prima antologia in lingua italiana del poeta ceco. In essa sono presenti poesie tratte dalle sue dodici raccolte scritte dal 1957 al 1989.
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La collana “Biblioteca di poesia”.
La casa editrice Metauro, con la collana “Biblioteca di poesia”, intende presentare al lettore importanti poeti del XX secolo di cui non esiste in Italia un’antologia significativa e di alto profilo qualitativo.
La strategia che si vuole adottare è sovranazionale e si propone di pubblicare, grazie alla collaborazione di traduttori e curatori di grande livello, autori che, pur essendo molto noti in patria e spesso già riconosciuti in ambito internazionale, non sono ancora entrati a far parte del dibattito letterario italiano.
L’intenzione non è tanto quella di cartografare ciò che è stato, quanto di scoprire opere e valori estetici del XX secolo che potrebbero rimodellare i canoni acquisiti e aprire nuove prospettive per la creazione poetica contemporanea.
Per il 2005 è prevista l’uscita della prima antologia in lingua italiana dell’opera poetica di Haroldo de Campos, a cura di Lello Voce con traduzione di Daniela Ferioli.
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