mp 3.1 – Professor Bad Trip
di Andrea Raos
Da troppo amare, quanto amara
l’arte dei vecchi, alla quale non si arriva.
Si muore prima, non pensare che per sé
arriva.
Pensa ad Anthem 2, di Boulez:
quanto breve,
che scintilla
musica che intanto cade, cadendo
si spande, spande
che tremando quanto…
Oppure al Freitag, che non accadendo, lega.
Ti ci ho rivisto dentro, in questo immobile
non-fine, per quel tempo che non arrivava. Arriva.
E pensare che bastava odiare i giorni,
che sarebbe bastato dire “no” ai soli,
ai minuti
contati del tuo starci
– a quell’attimo soltanto che già c’era –
e si sarebbe insieme, no, ancora prima:
“saremo un solo incubo, uno strazio
che stare insieme amplifica ed odiarsi
strega…”.
Ma quanto dolce attraversarti, incubazione.
Sei sedimentazione. Geografia.
Se pure fossi geografia di quest’incubazione
atroce, di un corpo che risponde veramente
per stridori di sinapsi, per uno ad uno
nervi, gemiti, laceri,
schiocchi, sì, ricordi, è vero
verso, verso, verso allora
si scuoterebbe amore via da questa geografia –
quel sedimento che il dolore, per quanto a sé
richiama, nega.
16.10.2004
[Scritti stanotte, questi versi sono il mio primo tentativo di concretizzare un progetto a cui penso da tempo: mp3 verbali, scritti ascoltando una musica precisa, e reagendovi. Anche la forma ne cresce con l’ascolto; quasi un’eco lontana – e modesta – degli Improvvisi di Giuliano Mesa.
*
Stanotte, dunque, ascoltavo Professor Bad Trip (1998-2000), di Fausto Romitelli, eseguito dall’ensemble Ictus. Questo scritto è anche un ricordo, un omaggio, un saluto, qualcosa, a Fausto, scomparso prima.]
Scusate, ma non avevano fatto una cosa simile anche Montanari Nove Scarpa con le loro cover?
Identica, nel 2000 o 2001 credo, poi divenuta libro di successo per Einaudi. Ma c’è spazio per tutti, sotto questo grande cielo, anche per gli smemorati.
per non parlare del “franco cacciatore” di caproni; chissà da chi copiava, quel malnato…
Bravo Raos, non scusarti per aver dimenticato la fonte MNS: hai certamente ragione tu.
Spiegarti che la scrittura ispirata dalla musica è una pratica millenaria, ma che è molto strano che tu ignori un’operazione recentissima, di quella portata, così simile a quello che stai facendo tu (si pensi alla conservazione del titolo del brano come titolo della poesia, per esempio) e compiuta da autori che in teoria dovresti conoscere bene, sarebbero parole sprecate, vista la spocchia con la quale rigetti le osservazioni.
Certo che se i redattori di Nazione Indiana non si leggono nemmeno fra di loro, con che faccia potranno lamentarsi di non essere letti da altri?
Non mi interessa polemizzare con Piucchedubbioso. Mi limito a dire che non sono d’accordo con la sua lettura. E lo dico avendo letto e apprezzato “Nelle galassie oggi come oggi”.
“Dialettiche poetiche”, sta scritto più sopra.
Appunto.
La canzone pop non è la musica strumentale di ricerca.
Eliot ha scritto poesie sui gatti, ma ha scritto anche i Quattro quartetti.
La poesia può essere accattivante, fatta di amore per le piccole cose, per gli animali, per i figli.
Ma può essere anche complessa, “alta”, “distante”. E non per altezzosità, semmai perché non disponibile a facili conciliazioni.
ringrazio emma per le gentili osservazioni. per me, una delle cose belle di NI è che si puo’ – con moderazione – farne il proprio laboratorio, testare con i lettori scritture e progetti in corso, cosa che di solito un poeta – per i romanzieri sarà forse diverso, non so – puo’ fare solo a cena con gli amici. davvero grazie di cuore.
il titolo della poesia è provvisorio – se continuero’ a lavorare su questa idea, non manterro’ il titolo del brano a cui mi ispiro – ma non è questa la cosa che mi preoccupa di più in questo momento.
sappia poi il gentile anonimo che la mia spocchia è leggendaria (non sto scherzando!), con lui mi sono davvero trattenuto. non è certo con lui che sento di dover giustificare le mie letture – ma mettiamo i puntini: “covers” lo conosco, ovviamente, è un libro che conoscono tutti, ed è un bene che sia cosi’; la lettura di giuliano mesa invece, se non lo conosce, mi permetto di consigliargliela, come la consiglio a tutti.
molto meglio questa.
Quando le ha chiesto conosci
il tale il tal dei tali Tizio Caio,
ti dico che ho sentito, dice,
ti dico che ho sentito tutto il rosso
del sangue partirsene col nero
dei corvi e le cornacchie sopra il giallo,
le macchie ondose e lente,
dei campi gialleggianti di frumento,
ha sentito come un gran rivoltamento,
e cateratte urbane e vigili del fuoco
e din don dan,
tutti i bicchieri straripare dai bar,
scoppiando in un cin cin,
di bei cristalli isterici
tutte le pompe, con l’acqua nelle vene,
si mettono a ballare,
e pioggiano di gioia.
Io ti vorrei incontrare però non lo vorrei.
Arriva lo schiumogeno e la gente,
sussulta di piacere è pronta a tutto,
a consumare lì sopra l’asfalto,
la scivolata delle relazioni;
lo sguazzo dell’ardire e dell’osare,
ed è da tanto tempo che volevo;
e dirmelo potevi dirlo prima:
o farmelo capire, o farmelo capire.
Le macchine rampando sulle ruote,
le gomme posteriori fanno un giro,
di piazza col pennacchio,
soffiato dai roventi radiatori;
lo struzzo, lo spauracchio,
il gongolo di gioia,
lo spruzzo e lo sbatacchio,
l’immensa scorciatoia,
per arrivare al sodo.
Una lady s’incendia un po’ per sfizio,
e un po’ per gaudio immenso anticipato.
E il suo marito in cravatta con la lingua,
diventa un calamaro così che non sfigura.
Marameo, marameo fanno i cupidi,
i frecciatori dal culetto nudo;
più fitti fitti più dei pipistrelli
nella notte stellata, che volano d’estate.
Però più belli, belli più bellini,
bianchi color del lilla gridellino;
ma non è notte è giorno:
magari è estate forse;
forse magari è estate,
cominciano le corse
tutti arrivando i primi:
i primi in una cosa,
una cosina dolce,
una cosina dolce.
Io ti vedrei davvero volentieri.
Volentieri davvero ti vedrei.
Naturalmente, Raos, dicendo “ignori” covers non intendevo dire che non l’hai letto, ma che non lo citi nonostante la paurosa prossimità: di tempi, di intenti, di modalità, di comunanza spirituale – almeno spero, visto che state tutti insieme in Nazione indiana! Noto che continui a non voler pagare nessun debito di ispirazione, almeno pubblicamente; quello che eventualmente vi dite nelle mail private non interessa a nessuno. I tuoi “puntini” mi sembrano lacunosi nella parte essenziale. La spocchia resta confermata. Tanti auguri per la vita.
Emma, sono contento che tu non voglia polemizzare con me; la tua propensione alle “altezze” mi sembra davvero che escluda un confronto. Ti dico solo che se riduci covers a un’operazione sulla “canzone pop”, con tanto di “facili conciliazioni” i casi sono due: o non l’hai letto o non capisci niente di musica, per non parlare della poesia. Più probabile la seconda ipotesi.
1) Raos sa quello che dice. Mi tolgo il cappello di fronte a uno che parla della propria spocchia in quei termini.
2) Il fatto che altri abbiamo già usato l’endecasillabo, o l’alessandrino, o abbiano scritto ascoltando musica, non vieta a Raos di farlo anche lui, come dire, “per la prima volta”.
3) “Mp3 verbali” a me fa schifo come locuzione. Andrea, ti prego, trovane una migliore, questa puzza di trendy.
4) Emma, al di là del valore o meno dei miei versi (probabilmente orrendi ai tuoi occhi, ma, ti giuro, non ha importanza), ti faccio notare che lì si parla di morte e di vita. Cosine “altucce” mi pare. Non vedo perché giudicarle accattivanti, solo perché le hai comprese. Bisogna sempre essere oscuri per essere alti?
5) Grazie a P.P. Ho sempre pensato che dicesse: “E suo marito, cravatta color lingua”. Mi sbagliavo, a quanto pare. (anche se… bah… lo riascolterò…)
Caro Biondillo, può darsi che io capisca molto poco di musica (e questo è abbastanza sicuro), e ancor meno di poesia (questo mi dispiacerebbe un po’, ma pazienza; in fin dei conti sono una lettrice “semplice”, non sono un critico letterario né un lettore “specializzato”).
In effetti – nei limiti esplicitati tra parentesi – cerco di leggere di tutto un po’.
E, ti assicuro, non ho predilezioni né particolari propensioni per l’oscurità (tanto per dire, mi piace Saba).
È che ogni tanto il buon senso (anzi, il senso comune) mi viene a noia, così come un linguaggio che presume di dire tutto, e in modo del tutto univoco – trasparente.
Non è un problema di contenuti “alti” (non mi sono spiegata), è proprio una questione di linguaggio, e dunque – in qualche misura – di approccio al mondo.
Prendi il pezzo di Wallace Stevens pubblicato qui sopra da Voltolini. Sembra parlare di una palma, una semplice palma, ma ti lascia senza fiato.
P.S.:
Non mi pare di avere espresso giudizi negativi sulle tue poesie; ancor meno ho espresso giudizi riduttivi su “Covers”. Ho solo manifestato l’esigenza di riconoscere valore a cose tra loro diverse.
Ma sì, Emma, forse oggi avevo le palle girate, capita. La comunicazione scritta e letta di fretta tende all’inganno. Se ho da scusarmi mi scuso, molto volentieri,
;-) Ciao, Gianni
non ho capito davvero perché raos dovrebbe citare tutto quanto ha una parentela con cio’ che fa… non sta scrivendo una saggio accademico sugli “autori italiani che negli ultimi anni scrivono testi esplicitamente ispirati a brani di musica”; ha pubblicato un suo testo, e ha citato delle poesie, quelle di Mesa, che lui sente come riferimento particolarmente importante. Questo toglie qualcosa a “Covers”? Mi sembra davvero peregrino come intervento… Comunque volevo dire che, musica o no, mi è piaciuto davvero il testo. E che concordo con Biondillo. “Mp3 verbali” suona davvero “gggggenerazionale”…
inglese, biondillo, siete solo dei matusa che non capiscono un tubo a noi giovani… a me “mp3 verbali” mi piglia un casino – e poi insomma, zio cantante… ;-)
prima di tornare al mio gameboy, due o tre cose:
1) a quanto pare l’anonimo è uno di coloro che insistono a vedere NI come una sorta di setta massonica. problemi suoi. sono cose di cui, su questo sito, altri hanno discusso fino alla nausea. non mi aggiungero’ al coro immenso.
2) caro biondillo, è solo un dettaglio, ma nella mia poesia di endecasillabi e/o alessandrini ne vedo davvero pochi…. perlomeno, non è a questo che ho fatto attenzione mentre scrivevo (quanto alla spocchia, credimi, non è colpa mia, è che mi disegnano cosi’).
3) il titolo è orrendo, è vero. ho postato questa poesia come una sorta di omaggio a un amico – e artista che stimavo e stimo – scomparso da poco. l’ho scritta in mezz’ora – io che di solito sono lentissimo -, poi lo postata quasi per allontanarne da me il dolore privato che racchiude. com’è ovvio, cio’ non ne scusa i difetti; spiega solo perché ho postato, in seguito a un impulso emotivo, un testo non necessariamente rifinito nei dettagli. terro’ conto dei consigli.
grazie a tutti, cordialmente,
Andrea, ziocane, non ci sto dentro! Lo so benissimo che non hai scritto in metrica, porcodue! Era un esempio come un altro. Non sei “in”, sei “out”, Connettiti, che si fuori come un geranio!
Siete dei vecchi rincoglioniti, tutti quanti. Proprio come me.(Ma almeno io sono anziano anagraficamente);-)
e hai pure i capelli bianchi!
Veramente io ho detto proprio il contrario, Raos: ho detto che non vi leggete nemmeno fra di voi, altro che loggia massonica! Comunque complimenti: la tecnica furbetta di fingere di non capire per eludere una critica l’hai imparata molto bene. Dovresti darti alla politica, visto che per la poesia sei poco portato.
Anche tu, Inglese, e pure ti stimo: non sto chiedendo a Raos di scrivere un saggio sulla poesia ispirata dalla musica, ma di essere un po’ meno lacunoso nel riferire le sue fonti.
Fate come vi pare, e affanculo. Questo sito sta diventando sempre più scoraggiante per chi interloquisce venendo da fuori. A proposito, gli anonimi sono due perché il primo post della colonna non è mio.
Si, ho fatto i “colpi di ghiaccio”.
Da profana leggo e da profana parlo: mi è semplicemente piaciuta la poesia.
L’ho trovata musicale (che poi sia un contemporaneo mp3 a renderla tale, poco importa), comprensibile, piena di contenuto pieno. Mi ha coinvolta, ho voluto rileggerla. Addirittura salvare il link, per ritrovarla più avanti.
grazie emma (ma quante siete?) e complimenti per il blog; l’ho guardato in fretta, ma sembra bello.
biondillo, vaffancuore.
p.s. segreto, sottovoce: adesso che l’anonimo dubbioso/forzaroma (e volgaruccio anzicheno’) sembra averla finalmente capita di levarsi dai piedi, lo posso dire: tutta la mia ostilità nei suoi confronti nasce dal fatto che SO’ DDAA LAZZIO!!! ah, ora si’ che mi sento meglio…