Il tradimento dei critici, due anni dopo #1
di Carla Benedetti
Due anni fa, subito dopo l’uscita del Tradimento dei critici, fui denunciata per diffamazione a mezzo stampa assieme all’editore Bollati Boringhieri, con una richiesta di riparazione di un milione di euro. Incriminato era l’ultimo capitolo del libro, “Il potere che ognuno conosce e nessuno racconta”, dove ripercorrevo gli avvenimenti che avevano portato alle dimissioni di Mario Martone dalla direzione del Teatro di Roma, ricostruiti attraverso articoli apparsi su giornali e riviste, e altri documenti di dominio pubblico. A querelarci fu l’allora presidente del consiglio d’amministrazione del Teatro, Walter Pedullà, di cui avevo riportato alcune dichiarazioni pubbliche, mettendole a confronto con altri fatti.
Molte persone, tra cui scrittori, docenti, giornalisti e editori, mi mandarono la loro solidarietà nella forma di una lettera pubblica, che fu promossa da Dario Voltolini e pubblicata da Pietro Corsi sulla “Rivista dei libri”. La lettera diceva :
“…Una pesante intimidazione a una studiosa e a un editore di cultura e progetto, che pare purtroppo confermare le argomentazioni del libro sulla situazione della cultura italiana di questi anni. A una ricostruzione e a una riflessione articolata su un significativo evento politico-culturale, un noto intellettuale decide di rispondere, piuttosto che sullo stesso terreno e con sue controargomentazioni, con un gesto di sopraffazione e arroganza, trascinando in tribunale l’autrice e l’editore di un libro scomodo. Mentre esprimiamo la nostra solidarietà a Carla Benedetti e al suo editore, impegnati in una battaglia dalle implicazioni più vaste e che riguarda la difesa delle più elementari libertà di espressione e ricerca, ci sembra doveroso prendere posizione su questo avvenimento, che a noi pare sintomatico e grave”.
Queste parole mi sono state di sostegno morale per tutto il tempo in cui è durato il processo.
Perciò, ora che il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di Pedullà, con la motivazione che ciò che ho scritto rientra nel diritto di critica, voglio ringraziare tutti i firmatari di quella lettera, che sono:
Sara Alzetta, Giuseppe Antonelli, Andrea Bajani, Angela Bandinelli, Federico Batini, Ruth Ben-Ghiat (New York University), Anna Benassi, Stefania Benini (Stanford University), Piero Bianucci, Carlo Boccadoro (compositore), Piero Borgo (presidente gruppo comunale AIDO, Napoli), Silvia Caianiello (Università di Napoli), Nicola Campogrande, Elisa Cardi, Andrea Carlino (Institut d’Histoire de la Médecine, Ginevra), Alessandro Carrera (University of Houston, Texas), Gianni Cascone, Adriana Cavarero, Leonardo Cecchini, Mariella Ciambelli, Ettore Cinnella (Università di Pisa), Pietro e Marica Corsi (la Rivista dei Libri), Mauro Covacich, Maria Donzelli, Gabriella D’Ina, Francesco Erspamer (New York University), Valerio Evangelisti, Donata Feroldi, Ivano Ferrari, Federica Fracassi (Teatro Aperto), Flavio Fusi, Giuseppe Genna, Aldo Gianolio, Marco Girella, Simone Giusti (Università di Cassino), Alberto Gozzi, Jacopo Guerriero, Igort, Maurizio Imperiali, Helena Janeczek, Tommaso Labranca, Alfio Longo, Carlo Lucarelli, Lucio Lugnani (Università di Pisa), Michele Luzzati (Università di Pisa), Adrian Lyttelton (Johns Hopkins University, Bologna), Renzo Martinelli (Teatro Aperto), Marco Meriggi (Università di Napoli), Giuliano Mesa, Bruna Miorelli (Radio Popolare), Claudio Milanesi (Université de Provence), Marco Monina, Raul Montanari , la Redazione cultura del Corriere di Como, Julio Monteiro Martins , Lorenzo Morandotti (Il Corriere di Como), Antonio Moresco, Giulio Mozzi, Massimo Mugnai (Scuola Normale Superiore, Pisa), Federico Nobili, Serge Noiret (Istituto Universitario Europeo, Firenze), Paolo Nori, Aldo Nove, Nico Orengo, Gloria Origgi (CNRS, Parigi), Lia Pacinotti (Università di Pisa), Enrico Palandri, Piersandro Pallavicini (Università di Pavia), Leonardo Pelo, Pia Pera, Paolo Pezzino (Università di Pisa), la Redazione de L’Indice dei libri del mese, Domenico Ribatti (Policlinico, Università di Bari), Stefania Ricciardi (Université Michel de Montaigne, Bordeaux 3), Antonio Rizzo, Laura Rorato, Mariuccia Salvati (Università di Bologna), Manuela Sanna (CNR, Napoli), Cinzia Sartini Blum (The University of Iowa), Amedeo Savoia, Tiziano Scarpa, Marco Senaldi, Sparajurij, Elena Stancanelli, Daniela Steila, Emanuele Trevi, Achille Varzi (Columbia University, New York), Gian Mario Villalta, Dario Voltolini, Marina Warners, Alessandro Zaccuri (l’Avvenire).
La lettera rimase nel sito della “Rivista dei libri” per un po’ di tempo, e le firme continuarono a arrivare. Può darsi perciò che questa lista non sia completa. Ma il mio ringraziamento va a tutti.
La sentenza è molto netta (si può leggere qui). Respinge la richiesta di condanna in nome del “legittimo esercizio della libertà di critica”. E accenna anche al fatto che una simile materia “forse avrebbe potuto trovare un più pertinente ambito di sfogo in una sfera diversa da quella giudiziaria”. In altre parole, chi ci ha denunciati avrebbe potuto rispondere alla critica sullo stesso terreno, argomentando pubblicamente le sue ragioni. Ma forse è proprio a evitare la discussione pubblica che servono le denunce per diffamazione.
E’ ovvio che sia nel diritto di ognuno ricorrere alla giustizia quando ci si ritiene vittime di un reato. Ma in questo caso non c’era alcun reato, solo l’espressione di una critica. Non ho le cifre, ma credo che di casi simili, giornalisti, saggisti, testate, editori denunciati per diffamazione e poi assolti, ce ne siano molti in Italia. Abbastanza da destare preoccupazione. La denuncia per diffamazione è infatti, comunque vada il processo, un danno per chi la subisce (anche se poi vieni assolto, devi prendere un avvocato, e le spese legali non sono sciocchezze, senza contare l’inquietudine in cui ti mette), e può perciò anche diventare una forma di intimidazione nei confronti di chi scrive o divulga delle verità scomode. E soprattutto può trasformarsi in una forma indiretta di censura, visto che toglie la cosa al dibattito pubblico per spostarla nel chiuso di un’aula di tribunale.
(1 – continua)
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La citazione in giudizio per diffamazione viene pubblicizzata sui giornali soprattutto se accompagnata da una richiesta sproporzionata di risarcimento dei danni. Questo muove l’opinione contro il presunto diffamante. Al termine del processo i giornali non pubblicano con la stessa enfasi (o non lo pubblicano affatto) l’esito della sentenza che dà torto al presunto diffamato, così alla fine c’è solo un danneggiato cioè chi ha esercitato il diritto di critica (danneggiato nella sua immagine di studioso serio non tanto per le spese processuali che vengono risarcite). Questo lo sa benissimo chi studia la materia del risarcimento per diffamazione, e naturalmente lo sa Pedullà. Quindi scegliendo la strada del tribunale invece che il dibattito pubblico e sapendo che la Benedetti si era attenuta ai fatti, viene da pensare che consapevolmente abbia deciso di fare un torto immediato, non riparabile, intimidatorio al credito della Benedetti come studiosa.
Non si può fare una controquerela a Pedullà sulla base di questo torto immediato? La Benedetti avrà diritto ad un risarcimento danni -per i motivi detti da lei e Barbieri- in sede civile o no?
Cara Carla ciò che hai scritto è molto di più della tua terribile esperienza. Hai aperto uno squarcio su una prassi, quella della querela per diffamazione, di cui non si conoscono le logiche e le finalità. Uno strumento subdolo per sottrarre il pensiero alla collettiva riflessione e immergerlo nei cavilli da leguleio a cui nessuno fuorchè l’addetto ai laoro puù accedervi. Le tue parole nate dalla tua vittoria giuridica spero serviranno a mostrare come la minaccia di querela (ahimè anch’io la vivo perennemente) sia il miglior modo di castrare caporedattori e testate giornalstiche. Grazie Carla per aver voluto raccontare la tua vicenda, grazie per aver mostrato le nuove censure democratiche.