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Una lettera sul Poetry Slam

(Lello Voce mi ha inviato questa lettera aperta, che pubblico volentieri, con una personale noticina a pié di pagina. A. I.)

di Lello Voce

Io sono contrario al copyright. Lo aborro. Ciò non toglie che pensi che chiunque copi le idee altrui, o si impossessi degli scritti degli altri, delle loro iniziative, in modo fraudolento, distorcendole e infangandole, sia un pessimo soggetto. E’ falso ed ipocrita, per dirla con evangelica litote.
Per questo, dopo molti mesi di pazienza, ho deciso che era arrivato il momento di dire basta.
Signori di Interrete giù le zampe dal Poetry Slam! E giù le zampe da ciò che scrivo!
Ma vi faccio un sunto dell’intera faccenda, prima di proseguire…

Qualche tempo fa, a maggio, nei giorni dell’ultima Fiera del Libro di Torino, mi giunge una telefonata allarmata dagli amici di Sparajurij: «Lello, guarda che c’è un tizio, qua al Lingotto, che delira e dice di essere stato lui a introdurre il Poetry Slam in Italia!» Sono cascato dalle nuvole. A chi poteva venire in mente di dire castronerie del genere in pubblico, e per giunta alla Fiera del Libro di Torino?
La storia della nascita dello Slam in Italia è ampiamente notiziata, ne hanno parlato quotidiani, settimanali, riviste, siti Internet, trasmissioni radio e televisive. Su una cosa non c’è dubbio alcuno: che ad aver organizzato il primo Poetry Slam italiano è stato il sottoscritto, con Nanni Balestrini e Luigi Cinque, nel marzo del 2001, vincitrice Sara Ventroni, ospite Edoardo Sanguineti, e che al sottoscritto si deve la sua diffusione in Italia. Potrei fare un elenco lunghissimo di pezzi giornalistici, trasmissioni, interviste, che confermano quello che dico. Lo sanno anche le pietre in Italia e – posso dirlo senza ibris – anche qualcuno fuori d’Italia (potrei citare Marc Kelly Smith ad esempio, o Rayl Patzack, o gli amici del Poetry Festival di Rotterdam). Su questo stesso sito c’è materiale in abbondanza. Dunque inutile tediarvi ancora. Chi vorrà controllare, ne avrà agio.
Ma allora perché un tale signor Rossano Trentin, che era lì con il signor Andrea Giannasi e che con l’ulteriore signor Massimiliano Zantedeschi mi risulta che diriga l’inclita associazione culturale Interrete, da me mai conosciuto, invitato nientemeno che alla Fiera del Libro di Torino per organizzare uno Slam, invece di slammare, stava lì a dire bugie in pubblico e a farsi bello con le iniziative altrui?
Era mai possibile che chi dirigeva una manifestazione prestigiosa fosse stato tanto malaccorto da mettersi nelle mani di un tizio del genere? Ma era proprio così. Una vera vergogna, ma le cose stavano proprio in questo modo!

Gli amici di Sparajurj, ovviamente, alla fine della dotta prolusione del Trentin, si sono alzati e hanno detto a tutti come stavano le cose. Lui pare che abbia biascicato qualche scusa, né mi risulta che poi chi dirige tanto prestigiosa manifestazione libraria si sia curato di cacciarlo via a calcioni nel sedere per le figure grame che procurava. Morta lì. E morta lì pure per me, anche se molti amici mi dicevano: fa’ qualcosa, questi qui procurano danni a tutti! Intervieni!
Ho lasciato perdere: in fondo erano fatti loro, loro problemi, se per sopravvivere nella giungla letteraria avevano bisogno di fare cose del genere. Da allora mi sono arrivate varie notizie (e proteste) su Slam male organizzati, con regole inventate lì per lì, e, di dritto o di storto, Interrete c’entrava sempre, ma continuavo a dirmi: lascia perdere, lo Slam non è proprietà di nessuno, ognuno si organizza gli Slam che si merita, ecc.
La pazienza l’ho persa qualche giorno fa, andando per caso visitare il loro sito. Non solo Gatto Trentin e Volpe Zantedeschi andavano in giro a dire frescacce, ma avevano pure deciso di cambiare il regolamento dello Slam – facendosene uno a uso, consumo e interesse proprio; non solo copiavano frasi intere dei miei scritti, senza il pudore di citare almeno una volta la fonte ( un esempio tra tanti, dal loro Manifesto dello slam: «Lo Slam Poetry è un modo nuovo di proporre la poesia al grande pubblico, una modalità inedita e rivoluzionaria di ristrutturazione del rapporto poeta – lettore. Lo Slam è sport e arte della performance, è poesia sonora, vocale. Lungi dall’essere un salto oltre la critica, il Poetry Slam è un invito pressante al pubblico a farsi esso stesso critica viva e dinamica.» Belle frasi, peccato che siano copiate in modo pressoché integrale da miei scritti ampiamente pubblicati, ad esempio qui), ma a piè pagina ci avevano pure messo il simboletto del Copy. Per carità: proprietà letteraria riservata e privatissima!
Si mette il copy su idee, su frasi intere, copiate dagli altri… Robe da pazzi!
Ho sempre passato i compiti a scuola, ma ho sempre odiato chi provava a copiare alle mie spalle. Normalmente erano quelli, che non solo erano asini, ma anche viscidamente serpentini.

Infatti, il Regolamento di gara, i Signori di Interrete – tra un plagio e un altro dei miei scritti – se lo erano cambiato proprio bene: 4 giurati popolari e un Presidente (proprio così: un PPPPPRRRRResidente, ovviamente deciso da loro) in modo da tenere tutto sotto controllo… Bella roba davvero. Direi una vera truffa!
chi non ci crede può andare a controllare qui, avendo la pazienza di andare all’art.6 di detto (anzi cosiddetto) Regolamento.
Ovviamente ognuno può organizzarsi le gare di poesia che gli pare e come gli pare, ma un Poetry Slam è un Poetry Slam e questa roba di Interrete con gli Slam non ha niente a che fare.
Tanto per chiarezza: lo Slam non tollera presidenze!
.
E taccio sulle altre incongruenze presenti nell’interessantissimo scritto, ma che chiunque potrà notare confrontandolo con l’originale e comunemente accettato regolamento ufficiale della Potery Slam Association e che è visibile qui.
Tuteliamo l’interesse dei consumatori (il pubblico) e dei lavoratori/produttori (i poeti) che fanno la meravigliosa realtà dello Slam italiano. Che mi prescinde e ormai (fortunatamente) mi sommerge. Ma che non ha niente a che fare con quanto organizzato da certi personaggi i quali, pur millantando meriti pionieristici, non hanno ancora capito che la dicitura giusta dell’evento è Poetry Slam e non Slam Poetry, essendo Poetry attributo del sostantivo Slam ed essendo la lingua in questione il buon vecchio inglese…
Personaggi che, con la presente, diffido dal continuare a copiare pezzi interi dei miei scritti senza citarne la fonte, poiché essi, pur non essendo tutelati da copyright, lo sono da Creative Common License (vulgaris: copyleft) che impedisce il riutilizzo di alcunché, se a fini di lucro e senza citarne la fonte. Altrimenti credo che ne parlerò al mio amico avvocato, che è nervoso e comunista. Ho bisogno di qualche soldo, il mio bambino cresce…
Invio copia della presente – of course – a Interrete, all’Ufficio stampa della Fiera del Libro di Torino e a qualche quotidiano, su e giù per l’Italia. Ovviamente non mi mancherà occasione per ripeterlo dal palco nel corso dei miei Slam…
Sarò grato a tutti gli amici blogger che vorranno – per amore della verità e per lo sfizio di fare uno sgarbo a chi mariuoleggia – riprodurlo nella loro column.
Se non ci diamo una mano tra noi, che non siamo favorevoli alla proprietà privata delle idee, finirà che certi paladini del copy ci ruberanno pure il sito su cui scriviamo!
No more, please, I’m staying tuned: buona fine di agosto a tutti!
Lello Voce

PS: ringrazio Princess Proserpina, Quattropassi, Sparajurj lab., Macchianera che hanno già accettato di rilanciare questo mio scritto sui loro siti.

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26 Commenti

  1. Ho detto all’amico Lello Voce che della sua lettera non condividevo molto l’idea, da lui sottolineata, che ci siano dei Poetry Slam ortodossi e altri no. Che il Poetry Slam abbia una storia e che in virtù di questa storia sia emersa una certa logica, un’insieme di regole funzionali al gioco, va benissimo, ma che questo obblighi chiunque organizzi una serata di poesia, sotto il titolo di “Poetry Slam”, a rispettarle, mi sembra eccessivo. Il Poetry Slam nelle sue versioni ortodosse è in Italia non un’istituzione decennale e radicata, ma un’esperienza senz’altro fortunata, ma recente. Dunque che male c’è, se dei tipi a Brescia o a Reggio Calabria organizzano Poetry Slam non conformi, un po’ taroccati? Questa mia osservazione non tocca la sostanza della lettera di Voce, che denuncia una bassa furberia di tutt’altro genere e per tutt’altri scopi (millantare la paternità del Poetry Slam in Italia).

    Infine un’osservazione personale sul Poetry Slam. Ci sono alcuni poeti “Poetry-slam dipendenti”, vere bestie da palco, che tengono questa iniziativa in altissima considerazione. Ce ne sono altri, che aborrono il “Poetry Slam”, non concordando con i presupposti stessi della formula: la competizione, l’osanna del pubblico, lo stile spettacolare. Io ho partecipato solo a tre Poetry Slam, tra cui uno organizzato dallo stesso Lello, piazzandomi sempre, con decisione, all’ultimo o penultimo posto. È probabile che le mie scarse attitudini a suscitare gli entusiasmi del pubblico, siano parte del mio giudizio disincantato su tale tipo di iniziativa. In realtà, non ho un partito preso per il duello poetico. (E qui varrebbe la pena di ricordare l’eccellente iniziativa dei poeti genovesi di ALTRI LUOGHI che avevani dato vita negli anni Novanta a “Verso e Sovverso”, competizione poetica a due partecipanti, con temi, generi e rime vincolate.) Né credo il palco incompatibile con il dire poetico. L’unica cosa che mi lascia scettico nei confronti del Poetry Slam è una sua tendenza ad oscillare tra l’evento televisivo e l’evento da sagra paesana.

    Ebbene, quando l’atmosfera di sagra paesana prende il sopravvento, io mi diverto. Anche se le mie poesie non si prestano a letture urlate dal palco, godo dell’atmosfera festosa e goliardica, a patto che poetesse e poeti siano in via di ubriacatura, che il pubblico sia riottoso e beffardo, che le salamelle non costino più di due euro. Se invece prevale il modello televisivo, con esigenza di scaldare le folle con battute prevedibili, e tutti quanti devono mostrare una disinvoltura posticcia, pur prendendo seriosissimamente la faccenda, allora preferisco le letture canoniche da biblioteca di provincia, con i due professori di liceo in prima fila.

  2. ma non è più sano un bel rave party, con esctasy? e poi farsi un’orgia di sesso? che c’entra la poesia? mi sembra una trombonata. il copyright sul nulla. le gare di poesia. ma che è il cantagiro? le salamelle? e voi siete degli intellettuali?

  3. be’, svociato, il tuo si chiama essere un vero figlio di puttana. eri meglio quando non eri nato.

  4. volevo essere ironico – ma se l’ironia non è passata, scusate. (io comunque mi riferivo al personaggio del suo romanzo – eroina – io nemmeno lo so se lui se le faceva veramente le pere. comunque, ariscusa).

  5. Sono appena tornato dalle vacanze (e da un ristorante cinese piccante assai). Voglio dire una cosa a Lello: tutto quello che hai scritto l’ho scritto io. Tu mi rubi le mie stesse parole. Anche il tuo nome è mio. IO SONO LELLO VOCE. Tu non esisti. Tu sei Gianni Biondillo, che semini zizzania su quei galantuomini di Interrete.

    Scherzi a parte: condivido tutto, compreso la nota di Andrea I. E poi, che male c’è a volere le salamelle? Gli intellettuali non possono mangiarle? Anzi: a quando una bella fumata collettiva? ;-)
    go ahed, G.

  6. Caro Gianni, c’è ancora chi pensa che gli intellettuali non abbiano il tubo digerente. (O siano necessariamente vegetariani.)

  7. Ue giuvinò… E non mi fate ridere, chè sto provando a scrivere una risposta seria ad Inglese ;-)
    La fumata presto, spero.
    Un abbraccione
    Lello

    PS: Andrea Raos, grazie del tuo intervento. Svociato caro le pere me le sono fatte, nessun segreto. E allora?

  8. mah. io il tubo digerente ce l’ho. e mangio churrasco come un pazzo.
    ma forse non sono un intellettuale.
    come voi.
    fatevi anche 2 patate fritte, prima del rutto microfonato, mi raccomando, se no non è abbastanza poetico.

  9. non ho niente contro le pere. intendevo dire – e questa è l’ultima volta che mi spiego – che preferivo lello voce romanziere, quello di eroina. chiaro adesso?

  10. Calma, ragazzi, calma. Fumiamoci un bel calumet della pace. Fatevelo dire da un ciccione mangiasalamelelle ignorante come una capra!

    G.

  11. La poesia è una. Non importa se la poesia viene eruttata, o mangiata, o anche defecata. Importa che essa esista. Nei nostri cuori, nelle parole dei poeti che amiamo, che non conosciamo ma che conosceremo.
    La poesia sta nella prosa, nella prosa spesso si annida, fasciata di nervi contratti, la poesia. Che senso ha, ancora oggi, fare distinzioni?
    Lo sguardo lucido e gelido di un uomo che ha appena ucciso può essere poetico.
    La lacrima di circostanza di un coccodrillo da terza pagina non lo è mai.
    La salamella può essere poetica, così la voce di Lello Voce, così la cantina di un romanziere alcolizzato.

  12. Non mi è mai capitato di assistere a un Poetry Slam ma ne ho letto sui vari siti dedicati e anche articoli di giornali. Al di là del fatto che un poeta possa trovare questa iniziativa consona al suo stile o meno, l’idea che mi sono fatta è quella di una specie di avanguardia poetica e non di trsh da palco televisivo, e quindi non riesco a capire perché se ci sono delle regole non debbano essere rispettate anche se l’iniziativa è giovane. Di sicuro so che il maestro di cerimonia in Italia è sempre stato Lello Voce e di conseguenza la sua lettera mi sembra più che appropriata sia nei toni che nei contenuti. Se ho sparato cazzate non infierite vi prego, che qui bisogna stare attenti a quel che si dice… perciò Andrea io capisco tu possa preferire la lettura canonica però rimane sempre un fenomeno interessante. Sono due anni che cerco di andare a Roma e quest’anno, avendo chi mi ospita, vorrei proprio esserci. Detto questo le salamelle sono ottime con le patate fritte e pure accompagnate da buon vino e smettiamola con ‘sta storia degli intellettuali ascetici, non ne conosco nemmeno uno,forse qualcuno confonde gli intellettuali con i guru. Mah!
    Cari saluti, specialmente a Blondel :-)

  13. gabriella non penso che il poetry slam sia trash, né che non sia interessante, né ho una passione per le letture canoniche di poesia; penso davvero che ogni forma di manifestazione della poesia sia giustificata, in quanto la poesia ha molteplici anime, e anche una di carattere “performativo”, o getuale, o come vuoi chiamarla. Ma ho fatto l’avvocato del diavolo, non credo gratuitamente. Perché penso che il Poetry Slam possa prestarsi a certi rischi, laddove i rischi delle letture canoniche di poesia li conosciamo, credo, purtroppo tutti (senso di abbandono cosmico, sbadiglio infracerebrale, spossatezza libidica).
    Quanto alla questione delle regole, resto del mio parere. Sarà colpa della mia costituzione anarcoide. Ma non capisco perché non mi possa saltare in testa di fare un poetry slam con regole non ortodosse. E’ una questione solo di “nome”? Ossia se cambio le regole, non posso più chiamarlo “poetry slam”? Ma allora è come se davvero ci fosse un vincolo ad usare questo termine. Insomma, magari Lello Voce mi chiarirà questo punto.

  14. Anche a me interesserebbe sapere da Lello Voce cosa lo ha spinto su quel versante (a parte, credo, l’orgoglio di fare qualcosa di “nuovo” per l’Italia, come nello spirito del suo fu gruppo avanguardistico); o magari potrebbe consigliarci qualche cd-dvd o altri supporti di poetry slam esemplari, o dei migliori in assoluto. Per me la poesia è concepibile solo come testo scritto, del tutto slegato anche dalla figura privata dell’autore, quindi ci sono davvero lontanissimo. Però la curiosità c’è, un’idea vorrei farmela.

  15. Andrea d’accordo su tutta la linea, attendiamo chiarimenti da Lelo Voce, ma mi sorge una domanda riguardo la costituzione anarcoide: se tu fai un Poetry Slam con regole non ortodosse non si chiamerà più Poetry Slam, sarà qualcos’altro. Ben venga la creatività, ma qui si parlava di appropriazione indebita di idee, o no? :-)

  16. dilemma (etico o giuridico?). Appropriazione indebita è quella di spacciarsi falsamente come i promotori di un’iniziativa, di saccheggiare discorsi altrui, e di presentarli come propri. Ma organizzare una lettura sul tipo poetry slam, senza rispettarne per forza ogni regola, mi sembra un’altra cosa. Cos’è il “poetry slam”? Un’istituzione compiuta, chiusa, di cui esistono autorità indiscutibili, o una pratica in qualche modo aperta, disposta a variare a seconda dei contesti diversi e dei diversi soggetti che vi sono coinvolti. Ma forse a me mancano degli elementi di maggiore comprensione. Mo’ Lello, devi chiarirci un po’ le idee, per favore.

  17. cari amici,

    se non sono ancora intervenuto è perché volevo raccogliere un po’ di interventi. a questo punto mi pare che la carne al fuoco sia tanta e dunque nel pomeriggio mi metto al lavoro;)
    se ci metto tempo è perchè vorrei riuscire a dare una risposta seria ed esaustiva e ovviamente le cose che dite mi fanno riflettere. Stay tuned. E speriamo che la montagna non partorisca il topolino
    un grazie a tutti per l’attaenzione
    lello

  18. PS: per intanto vi incollo qui quanto ho risposto 2 giorni fa alla letteraccia di calunnie che Interrete ha prima messo on line e poi precipitsamente ritirato. Magari non ttutti hanno avuto modo di vederla sul mio sito:

    Infine i signori di Interrete si sono palesati. Mi sono apparsi!

    Una mail privata, in cui mi si comunicava che il Gatto e la Volpe avevano – saggiamente e solertemente – deciso di rimuovere dalla rete il Manifesto risultante dalla scopiazzatura dei miei scritti (ma io ne conservo copia a futura memoria) e una lettera pubblica che trovate qui.

    Nella lettera privata, rassicurandomi sull’abolizione del Manifesto clonato, si giustificano dicendo che quelle frasi sono riportate in molti siti in Rete: è vero. Ma sempre citando l’autore, o, comunque, senza apporvi sotto un minaccioso copyright, che di fatto illegittimamente se ne appropria.

    Nella lettera privata (chissà perché non nella lettera pubblica) si nega l’episodio torinese: peccato che io abbia ricevuto una telefonata in diretta da persone assolutamente affidabili e che non avevano alcun interesse specifico a inventarsi balle al proposito. Peccato anche che sul loro sito continuino tranquillamente a parlare dei loro Slam come una anteprima assoluta. «In anteprima nazionale lo Slam Poetry.» così si legge sulla pagina di presentazione dei loro eventi, ancora adesso. Chi avesse dubbi clicchi qui. [i link inseriti purtroppo non funzionano, ma sul mio sito sì …]

    Leggere la risposta pubblica di costoro, che alterna con maestria auto-promozione e calunnia, mi ha poi ancor più convinto di aver fatto bene a dire basta.
    Per quanto riguarda ciò che scrivono il Gatto e la Volpe, tra un urletto e l’altro, solo alcune notazioni, per pignoleria:

    1)Ovviamente io non ho preteso di impedire a nessuno di farsi il proprio Poetry Slam. Né gestisco alcun circuito personale di poeti. Il Gatto e la Volpe, essendo agenti letterari, hanno la deformazione professionale. Loro vivono di percentuali, io, essendo un poeta, casomai avessi un agente, dovrei pagarle a lui le percentuali. Non ho alcun interesse a gestire circuiti di poeti. Mi limito a invitare quelli che – di volta in volta – mi sembrano i più ‘giusti’. In Italia si fanno decine di Slam ogni mese e che Dio li benedica, soprattutto quelli in cui io non c’entro un bel nulla. Ho solo voluto chiarire che, a mio parere, quelli di Interrete non sono Poetry Slam. Sono strane gare di poesia (più belle, o più brutte non mi interessa) che con lo Slam non c’entrano nulla, perché nello Slam si possono cambiare tante regole: la durata dell’esibizione, l’uso di strumenti musicali, o costumi, qualsiasi cosa, ma non i criteri di composizione della giuria. Io stesso ho appena diretto il primo Slam per poeti ‘a braccio’ al Festival Vis Musicae e ovviamente una serie di regole (quelle, ad esempio, riguardanti il tema dell’improvvisazione poetica) abbiamo dovuto stabilirle ex novo. Ma uno Slam è uno Slam solo se tutti i giurati sono estratti a sorte tra il pubblico. Altrimenti è qualche altra cosa. Padroni di continuare a chiamarlo Slam, ma non è così, e ho notato con piacere che, dopo la mia lettera aperta, sulla pagina del Gatto e della Volpe adesso si legge che le loro sono gare «liberamente ispirate» al Poetry Slam e che il loro regolamento è «liberamente ispirato» a quello di Smith. Potenza persuasiva della censura, o saggia ritirata strategica?. Che almeno la gente che partecipa alle loro gare (poeti e pubblico) sappia cosa sta facendo e cosa, invece non sta facendo affatto! Tutti i Poetry Slam sono gare di poesia, non tutte le gare di poesia sono Poetry Slam. Lo Slam non è un premio di poesia in estemporanea. Cosa dovrebbe presiedere il Presidente inventato dal Gatto e dalla Volpe? E l’EmCee che ci sta a fare, se c’è già un Presidente? Il presentatore? Ma un EmCee è cosa ben diversa da un presentatore, ecc. ecc.
    2)Ovviamente io non ho tentato di censurare nessuno, mi sono limitato a dire al Gatto e alla Volpe di smetterla di copiare i miei scritti senza citarne la fonte. Che è tutt’altra cosa. Ma di questo nella lettera pubblica non parlano… Loro sono poco interessati al tema del diritto d’autore visto che – in qualche misura – ne vivono e sono accuratissimi nel difendere il loro.
    3)Ancor più ovviamente – come sarà chiaro a qualsiasi lettore sereno – io non ho mai tentato il «ricatto fisico», né nei confronti del Gatto, né in quelli della Volpe…
    4)Ulteriormente ovvio è che, a leggere quanto pubblicano i Signori in risposta, l’impressione è quella di trovarsi di fronte a dei piazzisti più che a dei letterati. Tante strombazzate a proposito dell’«indiscutibile qualità degli Slam Interrete» certificata da questo e da quello, ma non una parola sulle faccende davvero serie che tira in ballo il mio scritto.
    5)Infine devo dire che a mia conoscenza l’unica pagina letteraria italiana dove coabitino Poetry Slam e copyright è la loro. Che sul loro sito si preoccupino di specificare che non hanno intenzione alcuna di «monopolizzare lo slam in Italia» ha infine sapore chiaro di denegazione freudiana. Peccato! Gli è andata male…

  19. PPS: Mi pare corretto mettervi qui sotto anche il testo della loro lettera pubblica, poi (chissà perchè) oscurata e rimossa

    Giù le mani dalla libertà di espressione
    Lettere aperta al signor Lello Voce che vuole fare tacere i poeti dello Slam
    Poetry Interrete
    Cari poeti,

    il caldo estivo ha senza dubbio creato difficoltà a molti, ma il signor
    Lello Voce ha certamente subito un a danno maggiore rispetto ad anziani
    cardiopatici e asmatici. Deduciamo questo da un attacco che lo stesso signor
    Voce ha lanciato contro Interrete e lo Slam Poetry che organizziamo in
    Italia da circa due anni.
    Il signor Voce, che stimavamo come persona dedita alla poesia con
    correttezza e forma, si è esibito in un lungo sproloquio carico di
    controsensi e accuse false e ingiuriose, ma non vogliamo parlare di questo.
    La visibilità avuta dagli Slam Poetry organizzati da Interrete su Rai Due,
    su Repubblica, sul Corriere della Sera e su moltissimi quotidiani italiani,
    dimostra ampiamente la bontà delle nostre iniziative. Bontà e correttezza
    culturale riconosciuta anche dal Salone del Libro di Torino e dalle Librerie
    FNAC.
    Desideriamo dunque, tralasciata la qualità indiscutibile degli Slam di
    Interrete, porre alla vostra attenzione ancora una volta la settaria e
    stupida gestione della cultura nel nostro povero paese. Vogliamo con forza
    puntare il dito contro il signor Voce che ha calpestato ogni senso civico e
    poetico. Ha coltivato il suo orticello chiudendo il dialogo ad ogni altra
    via. Ha utilizzato la poesia cercando di chiudere la porta a chiunque altro
    ne voglia parlare o desideri diffonderla.
    Ha gridato ai quattro venti che “lui e solo lui” sia in grado e abbia le
    facoltà di poter fare e parlare di poesia.
    Siamo visibilmente dispiaciuti di questo. Di queste minacce di “denuncia” e
    di “querela”, di queste minacce di morte della poesia.
    Siamo pronti a ricevere critiche anche feroci, ma non siamo disposti a
    cedere sulla libertà di espressione. Sulla nostra libertà di poter mettere
    su un palco altri poeti, oltre quelli del circuito gestito dal signor Lello
    Voce.
    Questo signore, che ribadiamo, stimavamo, ha deciso di metterci il bavaglio
    e di gestire in maniera esclusiva l’idea di Marc Kelly Smith.
    Non rifuggiamo le critiche, cari amici poeti, bensì la voglia di CENSURA. La
    richiesta di tacere.
    No, caro signor Lello Voce, eravamo pronti a confrontarci con lei sulle
    tematiche degli Slam Poetry, ma non a subire un ricatto fisico. Non a
    tacere. Non a subire il suo insensato e personale attacco.
    Amareggiati e stupiti proseguiremo sulla nostra strada, continuando a
    mettere sul palco altri poeti. Continuando a lanciare e recitare poesie. In
    piena libertà, senza subire abusi e minacce.
    Se desidera avere l’esclusiva sullo Slam Poetry, sul copyright si accomodi
    pure signor Lello Voce, ma non ci intimi di smettere di fare poesia. Di
    gridare in alto le nostre poesie.
    La nostra libertà di espressione non si tocca.

    Saluti
    Interrete

  20. wow, come sono cazzuti questi di interrete. Proprio tosti. Immagino che Lello stia tremando tutto.

    G.

  21. Sommessamente. E’ come se, d’improvviso, i neri del Bronx che più di vent’anni fa hanno inventato il rap (che è un “linguaggio poetico” veramente innovativo) si mettessero a discutere con Eminem, il bianco sfruttatore della loro idea primigenia. I rapper americani si sparano pure (non solo cazzate, anche vere pallottole calibro 38)ma, a parte qualche omicidio di tanto in tanto, non invadono più di tanto i mezzi di comunicazione con le loro polemiche. Forse perchè hanno già “sistemato” la faccenda. I signori di Interrete citano Marc Kelly Smith. Lello Voce, credo giustamente (perchè non credergli?) sottolinea però di essere il padre italiano dello slam poetry. A ciascuno il suo. Voce rimane il primo, il pioniere più accreditato. Ma chiunque, io penso, può inventarsi una manifestazione “slam” con le regole che più crede opportune. Perchè, santiddio, pestarsi i piedi, perchè questa maledetta guerra tra poveri? Solo per farsi un po’ di pubblicità? Forse, ma non solo per questo, oso sperare. Perchè se fosse solo un affare di pubblicità, allora ci sarebbe da soffermarsi la mattina allo specchio un po’ più del dovuto. Detto questo, non mi pronuncio sulla validità della formula, non è questo che mi interessa. Io bado ai contenuti. Sarebbe bello che quelle poesie fossero messe per iscritto e lanciate in rete. O è già stato fatto?
    Un saluto.

  22. Un poetry slam non è un concorso di poesia in estemporanea, e nemmeno la Corrida. Non è trash poetry. Né la soluzione ai problemi della poesia. Ci sono ottimi poeti che fanno slam. Altri, altrettanto bravi che preferiscono di no.
    Lo slam è semplicemente un gioco. Un gioco che ha avuto successo. Addirittura direi un successo ‘popolare’. Ma perché è accaduto questo. E qual è il gioco che si gioca?
    Durante un poetry slam forse i poeti giocano a fare i poeti? Certo che no, sono poeti veri (bravi o meno ). Forse è il pubblico che gioca a fare il pubblico? Meno che mai, il pubblico dello slam è un vero, normalissimo, pubblico.
    Ma allora qual è il gioco che si gioca giocando lo Slam e che piace tanto ai tanti che lo fanno (pubblico e poeti)?
    La mia risposta è: si gioca a fare la comunità, a competere cioè a condividere, a giudicare, cioè a prendersi delle responsabilità, a dissentire, cioè a fare delle scelte. E noi non siamo più abituati a far parte di una comunità. Così ci piace giocare al gioco della comunità. Ci è addirittura indispensabile. Per riabituarci. Da quegli infanti socialmente atrofizzati che siamo diventati.
    Credo che in fondo la faccenda sia tutta qua. Allegorizziamo attraverso il gesto gratuito e socialmente innocuo del giudizio estetico, quel giudizio, politico e antropologico, sommamente rischioso, di cui non siamo più capaci e di cui rischiamo di perdere anche la memoria, ma che è necessario, indispensabile a qualsiasi società. C’è chi la chiama partecipazione. Altri politica. Ma sono comunisti.
    E’ questa la ragione per la quale qualsiasi regola dello slam può essere cambiata, adattata, violata, distorta tranne una: quella che riguarda la giuria: popolare ed aleatoria. Come la realtà.
    Un’altra notazione.
    L’EmCee non è un presentatore e nemmeno un presidente di Giuria. Piuttosto è il demiurgo. L’EmCee è il garante, colui che permette il gioco perché fa da tramite comunicativo, (perché ogni gioco è ovviamente comunicazione) ed è il corifeo, colui che annuncia che la poesia è tornata nella comunità e vuole parlare con e della comunità.
    E’ per questo che poeti bravissimi accettano sorridendo votazioni bassissime. E per la medesima ragione, chi invece vince, non pensa di essere il migliore, crede solo ( e ritengo a ragione) che quella sera è stato più utile e efficace di altri. E se vince danaro anche più fortunato.
    Poiché ognuno di noi che fa slam sa che ogni slam rimette tutto in discussione e che al gioco non c’è fine.

    Un abbraccio a tutti
    lello

  23. la cosa migliore degli slam a cui abbiamo partecipato come ospiti:
    – che sono una cosa seria.
    – che non ci si prende sul serio.

    ogni slam come va, va. si danno alle persone delle poesie che vengono lì per prendersele, per farle diventare parte possibile di sé. è molto vivo e semplice. spesso, quando ci sono poeti bravi, il loro essere poeti sparisce. ad esempio se c’è qualcuno come filippo timi, stefano raspini o sara ventroni, il pubblico che se li trova davanti e sa che in uno slam la poesia può appartenere a tutti, torna a casa prendendosi tutto il bene e il male che c’è appena si è vivi almeno un po’.

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Da “Ogni cosa fuori posto”

di Andrea Accardi
C’è adesso come un vuoto nella planimetria, un buco da cui passa l’aria fredda, e su quel niente di un interno al quinto piano converge e poi s’increspa tutta la pianta del condominio. Il corpo della ragazza (il salto, il volo) resta per aria come una parte che manca (nondimeno è lì in salotto, ricomposta, e l’appartamento intero la costeggia).

Wirz

di Maria La Tela
Quando fu il nostro turno ci alzammo da terra. Eravamo rimasti seduti a guardare le ragazze che ballavano con le magliette arrotolate sotto l’elastico del reggiseno per scoprire l’ombelico.

Le precarie e i precari dell’università in piazza il 29 novembre

Comunicato stampa 29 Novembre Contro tagli e precarietà, blocchiamo l'Università! – L'Assemblea Precaria Universitaria di Pisa scende in piazza contro...

“Tales from the Loop”: una tragedia non riconosciuta

di Lorenzo Graziani
Qualsiasi sia la piattaforma, la regola aurea che orienta la scelta è sempre la stessa: se sei in dubbio, scegli fantascienza. Non è infallibile, ma sicuramente rodata: mi conosco abbastanza bene da sapere che preferisco un mediocre show di fantascienza a un mediocre show di qualsiasi altro tipo.
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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