Ballarò o della Sindrome di Stoccolma
di Simone Ciaruffoli
La politica corre dietro ai suoi tempi, dimostrando che se esiste un concetto primario di identificazione tra messaggio e ricezione dello stesso, quello risiede nella priorità dell’immagine. L’identità politica dunque è oggi un complesso mostro sociale che prende forma dallo “stimolo” televisivo promosso dalle nostre trasmissioni. Il mezzo televisivo acquisisce la sua caratteristica e soggettività, come pure l’idea di società e di politica che proietta, non (solo) attraverso il suo palinsesto, per via delle sue trasmissioni, ma (anche) grazie al rapporto economico dettato dalla compagnia proprietaria dell’emittente televisiva stessa.
L’immagine (della) politica che ne viene fuori è dunque un contorto agglomerato di gestione mercantile e, solo successivamente, di faziosità propagandistica. Come a voler dire che la satira di sinistra trova alloggio nelle tele-camere di Mediaset non in onore al pluralismo, ma a quello ben più remunerativo dell’audience. Ciò detto, il fatturato diventa oggi il presupposto e l’ipotesi della Televisione politica, della propaganda di un pensiero ideologico a stretto contatto con le logiche di potere, foss’anche di ideologia opposta. E’ il Potere, insieme all’Istituzione che lo legittima, a detenere i diritti dell’informazione ideologica, non le trasmissioni televisive con i loro ospiti di eterogenea estrazione politica.
Fin qui il presupposto grazie al quale prendere atto su quanto e come la strategia della Televisione berlusconiana (Rai e Mediaset) sia anteposta a tutto ciò che la stessa manda in onda, irrigidita nei suoi compartimenti stagni più riversi nella logica del Capitale che in quella politica; d’altronde, questo assunto, non si differenzia dal comportamento Pubblico del Berlusconi premier. Porta a Porta, Excalibur – Lunedìtalia e Ballarò dunque rispondono agli stessi intenti, con differenti modalità certo, ma pur sempre bypassando un politichese che li anticipa, li sovrasta rendendoli merce alle dipendenze di una strategia comunicativa non aliena ad una cultura concentrazionaria.
E’ il fatturato a condizionare l’apparato televisivo e, in perfetta coesione, è il Potere ad aumentare esponenzialmente la sua attitudine ad inquinare, anche sotto “mentite spoglie”, la capacità di ricezione delle informazioni. E Ballarò (le “mentite spoglie”), con il volto pulito sorridente e candido di Floris, non è altro che la possibilità di un regime di pilotare i suoi sudditi “contro”, e non “verso”, una deflorata occasione di democrazia culturale. Se Vespa e Socci costituiscono un’estasi godereccia per l’esponente politico o culturale inviso alla sinistra, la professionalità, la delicata e femminea parzialità di Floris concorrono a creare un universo “genuino” entro cui sobillare ancora (ma più artatamente) quella deflorata occasione di democrazia culturale di cui sopra. Floris, e le strategie comunicative lo insegnano, è più vicino a confermare il volto democratico dell’Istituzione che gli premette di andare in onda (lo Stato), piuttosto che rendere giustizia alla sua presunta pluralità di vedute o, tutt’al più, “leggera” tendenza anti-governativa. Non è un caso che lo stesso piaccia indistintamente ai politici di centrodestra quanto a quelli di centrosinistra.
Se per molti il mondo di Porta a Porta è uno spazio falso, costruito a regola d’arte al fine di supportare determinate dialettiche governative, allora è evidente di come il possibile rappresentate della Casa delle Libertà traduca la sua immagine in maniera positiva di fronte alle nivee telecamere di Ballarò piuttosto che a quelle del Vespa, appunto, nazionale.
E’ questione di semplice e fittizia retorica. E’ il contenitore a vagliare e a sottoscrivere, a dare credito alle questioni politiche. Ed è un bravo e “indefesso” conduttore a stuzzicare le capacità retoriche di un politico, producendo non raramente effetti di seduzione nella parte dialettica avversa alla nostra, quasi fossimo di fronte ad una sorta di sindrome di Stoccolma.
In questo senso l’unico modo per contrastare questo Governo sarebbe quello di non impedirgli ogni malfatta e stomachevole trasmissione. Ballarò e poche altre sono l’esempio di come lo zuccherino serva ad ingoiare la tremenda pillola.
In attesa che il potere dell’immagine si separi da quello del Capitale, stomachiamoci di Vespa, d’altronde è con il veleno che si combatte il veleno.