L’orgasmo elettorale
di Tiziano Scarpa
Sabato e domenica voteremo per eleggere il parlamento europeo, e per alcune amministrazioni locali.
In pochi istanti scriveremo il nome delle persone che ci governeranno per anni.
Dovrebbe essere una decisione ponderata, razionale. Invece i partiti puntano come sempre ad accalorare, a far schiumare le passioni. Creano le condizioni per un voto di pancia, non di testa.
Le campagne elettorali muovono le emozioni. La democrazia non si fonda su una decisione raziocinante, ma su un’invocazione passionale, su un’esclamazione orgasmica.
I quattro libertini delle Centoventi giornate di Sodoma che devono scegliere i ragazzi e le ragazze da tenere imprigionati del castello di Silling per abusarne a piacere, li fanno schierare davanti nudi: i libertini con una mano si masturbano e, contemporaneamente, con l’altra votano i preferiti su un biglietto, avendo l’accortezza di “scrivere il nome nell’istante stesso dell’orgasmo”.
E i monaci dell’abbazia di benedettini della Nouvelle Justine mettono ai voti se risparmiare la vita di Justine in questo modo:
“Alcuni soggetti di lussuria circondano ciascun monaco, ciascuno è tra due ragazze e un ragazzo: solo così possono emettere la sentenza; devono essere eccitati prima di votare; la decana verifica; ogni cazzo è in aria.”
Compito delle campagne elettorali è eccitare gli animi, in vista del momento apicale di climax democratico, il godimento passionale della democrazia: le elezioni. I politici desiderano essere invocati negli istanti del nostro orgasmo elettorale.
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Hai ragione, Tiziano! A tal proposito, mi permetto di consigliare un libro: “Interessi e passioni” di Ridolfi, che è un’accorta disamina della nascita e sviluppo dei partiti in Europa, con uno sguardo più approfondito sull’Italia, proprio nell’intreccio di “interessi” e “passioni”, in un approccio non solo storiografico (date, luoghi, personaggi ecc.) ma anche comparativo e soprattutto sociologico all’argomento. Ridolfi fa tutta una bella analisi sulle festività, i monumenti ecc. come luogo in cui i partiti e i governi incidono sull’immaginario collettivo, spesso con un simbolismo di matrice religiosa, nell’obiettivo della penetrazione della sfera affettiva, passionale. E poi il discorso sulla sacralizzazione della politica, quello sulla sua militarizzazione (manco a dirlo, in epoca fascista, la dialettica amico/nemico ecc.)… insomma, un bel libro, non solo storiografico, ma di quei libri che amo definire “profilattici”.
Detto questo: non vorrai che voti davvero? Ormai uno vale l’altro, tutti espressione della solita cricca borghese appoggiata dagli interessi economici (in cosa Prodi è diverso da Berlusconi, Bush da Kerry ecc.?). La teoria della scelta del male minore non mi ha mai convinto molto, figurarsi poi a pensare all’Europa, quella che ti impone la misura della concentrazione di latte nel cioccolato e del rapporto perimentro/diametro dei piselli verdi, e poi noi a differenza di altri paese per l’Europa non abbiamo neanche votato, sempre a dimostrazione del fatto che quando il voto conta o si teme, in fondo il vuoto cerimoniale delle elezioni, fatto più rituale che altro, dai, non dirmi che ci credi anche tu…
Ma quale orgasmo? Se pure ti accoglie scrutatrice bona – o scrutatore palestrato – non può mica venire a scrutarti – o farsi scrutare – in cabina. In quelle tristissime cabine, con queste matite a grafite simpatica che non puoi neanche vergare (si parlava di verghe?) linee decise, il segno imperante è: depressione. Stringinaso, calcoli ragionieristici sul meno peggio, su quanto a sinistra – o a destra – puoi spingerti, la mina che vaga intorno a simboli di scarso peso, radicali, repubblicani, specie in via di estinzione, l’uscita dal cubicolo con questo inutile messaggio in bottiglia, scorato, ininfluente, perso. L’invidia quando incroci quelli convinti, che incedono fieri, a testa alta, eroi di giornata, con i destini della nazione tra le mani.
Sì, forse può scattare qualcosa di irrazionale, selvaggio, e ti ribelli alla ragione, ai calcoli. Oppure, invece, riporti tutti i tuoi propositi idealistici alla scelta che può salvaguardare la tua categoria. Ben sapendo che, almeno, nei piccoli centri, il voto non è segreto, che i marpioni di vecchia militanza riescono a capire esattamente chi ha votato per chi. Decrittano i risultati di ogni seggio e non tengono per sé le risultanze.
Buon voto – o buona astensione – a tutti.
“In pochi istanti scriveremo il nome delle persone che ci governeranno per anni.”
L’alternativa sarebbe di scrivere in qualche anno il nome di chi ci governerà per pochi istanti?
“La democrazia non si fonda su una decisione raziocinante, ma su un’invocazione passionale, su un’esclamazione orgasmica.”
Perché mai? Perché così crede Scarpa che ricorre all’eiaculazione come metafora dell’universo in modo sempre più stucchevole?
Be’ ma come fate a negare che la similitudine di Scarpa non è azzeccata? Piuttosto non so se le cose potrebbero andare diversamente, forse no, forse quello di Scarpa non è nemmeno un giudizio di valore.
Perché si tratterebbe di idee stucchevoli, sono similitudini su cui vale la pena ragionare, cosa c’è di stucchevole?
E poi Scarpa non è certo il primo. Qualcuno forse è riuscito a vedere, credo negli anni sessanta, una scultura di Jean Tinguely, montata su un palco, davanti al Duomo di Milano, sotto un telone che poi veniva tolto e sotto c’era un bel membro (non del Parlamento) alto, boh, una decina di metri, che a un certo punto orgasmicamente sputava dalla testa fuochi d’artificio e prendeva fuoco?
Non ho il catalogo sotto, se volete potrei essere più preciso.
Scusate, era il 1970 e il membro era solo otto metri:
“Per il decimo anniversario del Nouveau Réalisme, costruisce, davanti al Duomo di Milano, La Vittoria enorme fallo di 8 metri di altezza che si autodistrugge lentamente in una serie spettacolare di fuochi d’artificio.
Vedete, lo intitola appunto La Vittoria, questo dimostra che Scarpa non mente e non è stucchevole.
Inoltre vorrei ricordare che:
“1965. Tinguely comincia la serie delle Grandes copulatrices et des masturbatrices sorta di veicoli che si muovono rapidamente su un binario molto corto.”
Vi segnalo il sito:
http://web.tiscali.it/nouveaurealisme/protagonisti/tinguely.htm
E speriamo di non essere tristi dopo l’orgasmo elettorale.
Ok, Andrea, se è per quello si può andare ancora più indietro, e con anche una maggiore pertinenza, fino agli antichi, che il cazzo lo veneravano e lo portavano in processione. E’ ciò che solitamente viene definito “fallocrazia” e che, ora che Tiziano mi ci fa pensare, è un po’ quella che ha messo su Berlusconi (ma anche Prodi e D’Alema prima di lui): una fallocrazia, un governo del cazzo!
Graziano, non sono d’accordo che “Ormai uno vale l’altro”. E non sono d’accordo che la teoria del male minore non sia convincente. Con questo governo si sta semplicemente peggio, tra le alternative è il male maggiore, io preferivo il
male minore, preferisco prendere un antibiotico contro il mal di gola anche se distrugge la flora intestinale piuttosto che essere tracheotomizzato. Tra l’altro una vittoria del centro-destra non darebbe nemmeno speranza di miglioramenti.
Per una volta, sono d’accordo con Graziano. Io non ho nostalgia del mondo ante-caduta del muro e sono contento che sia finita la guerra fredda, però non posso fare a meno di pensare che ormai destra e sinistra sono diventate espressioni di comodo. I dibattiti in televisione mi sembrano discussioni fra ultras della curva nord e della curva sud: chi interviene non sa neanche (e non vuole sapere) qual è la materia del contendere, vuole soltanto gridare “Forza magica destra oppure sinistra”. Mi auguro che ci sia un lungo periodo di alternanza. Almeno così i danni fatti da uno saranno scoperti subito dall’altro. Ma che vada al potere qualcuno che danni non ne faccia, abbiate pazienza, io non ci credo più. E quindi, anche questa volta, mi asterrò, consapevole di lasciar decidere agli altri (quelli della curva sud), ma deciso a non esserne complice.
Fammi capire una cosa, al momento del voto il tuo sconforto ti impedisce di esprimere una preferenza, e ti capisco, ma dopo, durante la legislatura, che fai? Per esempio mettiamo che vinca la sinistra e mettiamo che ti trovi meno spese sanitarie (la cosa è ipotetica ma probabile se nelle regioni governate dalla sinistra la spesa sanitaria è più contenuta), per non essere complice della curva non accetti lo sconto e paghi tutto? Cioè questo non voler essere complice fino a dove si spinge?
E’ una questione pratica e morale insieme, Andrea, cerca di capire. Puoi citarmi anche una decina di vantaggi, il resto – per me – restano svantaggi. E soprattutto è negativo il sistema-politica, in sé. Le differenze ci sono, sì, ma ammetterai, come dice Riccardo, che sono nulla di fronte alle analogie e alle cose in comune.
L’astensione dal voto – anche se motivata da ideali “alti” e “nobili” – ha come risultato qualcosa di molto simile al qualunquismo.
Pur nella mediocrità diffusa, secondo me non sono “tutti uguali”.
La sinistra mi dà più possibilità di salvaguardare lo stato sociale, la sanità pubblica, la scuola pubblica…
Questo lo verifico in prima persona, tutti i giorni.
Questo mi basta per scegliere.
E ho perfino la presunzione di pensare che la mia scelta sia del tutto “razionale”.
Le coincidenze.
Qualche mese fa appuntavo… “Le 120 giornate di campagna elettorale. Quattro squallide ceppe lorde di vizio – Blagis, Fernand, Celodùr e Fasciste – si ritirano in un maniero fortificato progettando la Conventiòn. Il castello, detto delle Libertà perché di scampo da provvedimenti restrittivi ou di custodia cautelare, è scenario d’oscure perversioni. Vi trovano ospitalità le migliori menti al servizio di Blangis: cuochi, novellatrici, satrapi, clan dei marsigliesi.
La Conventiòn inizia col sequestro di un gruppo d’elettori dalle menti bambine e si conclude con lo scrutinio dell’Inferno.
Quel che accade nel frattempo è cronaca”
Ragazzi, se vi ricate all’indirizzo http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2004/06_Giugno/10/cappato.shtml, potete felicemente imbattervi nell’apoteosi del paradosso, della ridicolaggine, della legale illegalità e chi più ne ha più ne metta della “fallocrazia” berlusconiana. Il sito web del ministro Urbani è stato denunciato per violazione della nuova legge sul copyright varata da… Urbani: da non credere!
Veramente Graziano continuo a non capire. Tu mi rispondi:
“E’ una questione pratica e morale insieme, Andrea, cerca di capire. Puoi citarmi anche una decina di vantaggi, il resto – per me – restano svantaggi. E soprattutto è negativo il sistema-politica, in sé. Le differenze ci sono, sì, ma ammetterai, come dice Riccardo, che sono nulla di fronte alle analogie e alle cose in comune.”
Ma la domanda non c’entra nulla con quella risposta, era: chi si astiene dal voto per non compromettersi col potere (di destra o di sinistra voi dite è uguale) come si comporta quando quel potere migliora qualcosa, evita il miglioramento per non compromettersi?
Se sì, fatemi capire perché la vostra radicalità arriva fino all’urna ma poi si dissolve.
Andrea, la risposta era giusta, anche se non diretta: non ho fino ad oggi conosciuto “potere che migliori qualcosa” e allo stesso tempo non ne peggiori tante altre, che non sia ingiusto, prevaricante, meschino, che non faccia gli interessi dei potenti, dell’alta finanza, degli industriali, imprenditori ecc. Anche il governo Berlusconi ha “migliorato qualcosa”: i farmaci costano di meno (la questione dei generici), un non fumatore viene rispettato di più nella sua libertà a non fumare ecc. Ma questo “aver migliorato qualcosa” sai anche tu tutte le magagne, gli interessi, le illegalità che si porta appresso come contorno. D’altronde, se il potere di Berlusconi ha “migliorato qualcosa” come dimostrato, e se tu ripudi il potere di Berlusconi come dichiari, allora significa che anche tu ripudi, votando contro Berlusconi, quel “qualcosa” migliorato dal suo governo.
E poi che intendi dire con “evitare il miglioramento”? Se il miglioramento consiste, ad esempio, nella diminuzione dei prezzi dei farmaci attraverso l’indicazione dei generici, come posso “evitare il miglioramento”? Al mio medico, che per legge in presenza del farmaco generico e di quello di marca è tenuto a prescrivermi il generico, devo dire: “Non, guardi, cambi lì, la ricetta, metta quello più costoso”. E’ chiaro che i poteri si subiscono “a pacchetto”, miglioramenti e peggioramenti ce li becchiamo insieme. Ma la questione centrale non sono i piccoli vantaggi che possono derivare, la questione è il sistema-politica, che non va, non funziona, c’è poca democratizzazione sociale, c’è la questione mediatica che nessuno è intenzionato a risolvere (ossia le tv in mano a lobby economiche: senza democratizzazione mediatica non c’è democratizzaione della società e quindi neanche, ultimo tassello, democratizzazione politica), lo svuotamento dei partiti ridotti a macchine pubblicitarie, i programmi a slogan, le prese per il culo e tutto il resto. C’è un sistema che non va, Andrea: che poi questo sistema possa produrre qualcosa di buono, non per questo vuol dire che è in forma. Ho un auto fatiscente, con le ruote a terra, i vetri rotti, senza sportelli, perde benzina, nessun visore funziona ecc. Certo, ad accenderla a spinta, qualche chilometro a volte lo fa e mi scarrozza un poco, ma per il resto non va, proprio non va. Mi è lecito rottamarla? Ecco, questa pseudodemocrazia va rottamata.
Cme si rottamano le pseudodemocrazie? Chi le rottama? Conosci qualche sfasciacarrozze autorizzato?
Graziano, non ti seguo più. Quando ho fatto la mia confessione non intendevo convincere nessuno, volevo solo dire: “Io la penso così”. Una testimonianza. Naturalmente mi sono beccato del qualunquista, figuriamoci, l’avevo messo nel conto. Anche Berlusconi chiama comunisti tutti quelli che non fanno come accomoda a lui. Ma io mi dissocio da un giudizio negativo sulla democrazia in quanto tale. Non vado a votare perché non vedo una reale alternativa, ma mi riservo di farlo in qualunque momento. Parliamoci chiaro: qualcuno crede davvero che le scelte di governo e opposizione (chiunque siano, in Italia e all’estero) siano influenzate da una ideologia, da una visione del mondo ? Io vedo soltanto (e da tempo) opportunismo, tattica, calcoli elettorali, affarucci privati, ecc. E allora che fare ? Niente. Credo che la Storia abbia anche momenti come questi, e che si debba aver fiducia nella Storia. Come ho scritto tempo fa in una discussione con Montanari: tu hai fiducia in Lenin e in un’aristocrazia alla guida delle masse, io mi fido più di Hegel e della Storia.
A parte che lavorando in un Comune le differenze le vedo eccome, ma comunque, Graziano (o Ferrazzi), tu dici:
– I politici di destra o sinistra fanno la stessa politica;
– quindi rinunci al voto per non essere loro complice;
– e rinunci anche a qualsiasi forma di opposizione a quel potere, tanto il potere si impone sulla tua vita come un pacchetto.
Per esempio mettiamo che non ti vada l’idea del condono, non fai niente per eleggere un governo che non vada avanti a condoni (ovvio tu dici che non esiste), però se vince il Berlusca il condono lo sfrutti.
E la tua esigenza di moralità, di non essere complice, dov’è finita? Non votando eleggi chiunque, fai quello che vuole: più complice di così si muore. Insomma non è che anche l’elettore dovrebbe metterci il suo per non rottamare la macchina? Se ci tiene ovviamente, perché magari sta bene così e buonanotte ai suonatori.
Ah, oggi dovrebbe arrivarvi l’sms a firma Presidente del Consiglio. Con un decreto approvato in fretta e furia si è fatto consegnare tutti i numeri di telefonia mobile d’Italia. Vi scriverà per invitarvi al voto. Non al voto per lui naturalmente, al voto in generale. Certo è una bella pubblicità che l’sms abbia quell’intestazione “Presidente del Consiglio”. E chi può sanzionarlo? non c’è tempo, domani si vota.
E chi pensa che tutti facciano la stessa politica si aspetteranno anche l’sms di Rutelli. Vediamo se ce lo manda.
Ok, nel frattempo ha risposto Ferrazzi, chiarendo. Credo anch’io di avere fiducia nella Storia. Che poi come diceva De Gregori…
No, Riccardo, non voglio convincere nessuno. Ho risposto alla domanda di Andrea, anche se allargandomi un po’. Né tantomeno ho fiducia in Lenin, davvero alle avanguardie intellettuali non ci credo più, sappiamo quanto breve sia il passo di lì alle nomenklature. D’altronde, da questo punto di vista sono un bakuniniano, io…
Il fatto è che tu pensi che oggi non ci sia una reale alternativa, ma che la democrazia sia bella e funzionante. Io invece penso che una reale alternativa non c’è perché la democrazia è in disfunzione, e in virtù di questo la politica si sta appiattendo, sta perdendo i suoi connotati. Qual’è la differenza tra Bush e Kerry riguardo alla guerra in Iraq? Una sola: che Kerry vorrebbe più uomini. E qual’è la differenza tra il governo Berlusconi e quello D’Alema? Forse che entrambi non hanno partecipato a delle guerre non avallate dall’Onu (lo sono state solo in un secondo tempo) col mascheramento della missione di pace? Uguali, maledettamente appiattiti e uguali. E poi guarda che succede: noi abbiamo dei socialisti a destra, il partito laburista inglese quello nato dalle Trade Unions non è neanche più di sinistra, c’è un appiattimento incredibile che per te è dovuto al momento, agli individui ecc., per me è congenito del sistema-politica e dell’era mediatica. Ci vuole una palingenesi, manco a dirlo, non so come, non ho la ricetta, forse la Storia, come dici tu, anche se Hegel proprio non mi ispira.
P.S. Elio, si rottama tutto, col tempo: oggi un colpo al cruscotto, domani una pressatina al cofano, e le cose cambiano, come le auto, come in quella pubblicità della 206, hai presente?
Ah ecco, la palingenesi. E non trascuriamo la pazienza, ci vuole sempre una gran pazienza per aspettare la palingenesi.
Ok, Andrea, era una parolone, lo ammetto. Diciamo una riforma radicale del sistema-politica?
Graziano, non devi convincermi del fatto che ormai destra e sinistra siano una marmellata indistinguibile: sono d’accordo con te. Ciò di cui invece non mi convincerai mai è la concreta possibilità di una palingenesi. Io credo che le rivoluzioni non abbiano la bacchetta magica e, spesso, invece di affrettare il corso della Storia, la intralcino. Ma questa è una opinione personale, della quale non intendo convincerti.
Andrea, credi che in mezzo a quel quasi 50% di italiani che hanno votato a sinistra non ci sia nessuno che ha usufruito dei condoni ?
Riccardo, il fatto è che tu immagini la rivoluzione come una fiumana di gente armata di forconi e schioppetti che prende d’assalto il palazzo d’inverno ecc. Ma una palingenesi, rivoluzione o, più semplicemente, una svolta radicale in politica può avvenire nei modi più disparati. Ad esempio, un giorno un politico viene arrestato per corruzione e di lì inizia tutta una catena di arresti che smuove l’opinione pubblica e politica e potrebbe essere una “rivoluzione”, anche se poi si rivelerà solo un parentesi presto richiusa. La base per una “svolta” almeno in materia di politica economica l’hanno offerta tutti i recenti scandali finanziari, la cui matrice comune, al di là dei singoli nomi e personaggi, è evidente: purtroppo, sia in Francia sia negli Usa sia in Italia, c’erano al momento governi di destra (ma penso che anche ci fossero state le sinistre, impantanate come sono anche loro coi grandi interessi economici, non si sarebbero comportate diversamente) e non si è reagito come poteva essere, cioè con dei cambiamenti strutturali al sistema politico-economico. Poi un groviglio di micce rivoluzionarie (nel senso, sempre, di cambiamenti radicali) è sempre la politica internazionale: scintille che si accendono oltre i nostri confini, ma che poi si propagano (ad esempio, la sinistra nostrana avrebbe mai chiesto il ritiro delle truppe dall’iraq senza la caduta della destra spagnola e la scelta di Zapatero? e consimili). Insomma, la situazione è complessa. Io credo che il sistema-politica sia vicino al collasso (o comunque è in profondissima crisi): conflitti d’interessi, collusione della politica coi grandi interessi economici e con le mafie, questione mediatica ecc. stanno producendo una situazione sociale (precariato sempre più diffuso, allargamento delle fasce di povertà ecc.) che è come un elastico tirato ormai quasi al massimo. Potrebbe esserci, prima o poi, una qualche svolta, o magari il solito sistema dei piccoli rattoppi, per tirare avanti. C’è una nuova generazione politica che non viene fuori, non so se perché ostracizzata dalla vecchia o, magari, perché semplicemente non esiste, non si è formata nei privati anni ottanta. Non so. Ma per precauzione tengo sempre da parte, in un cassetto, una padella e un cucchiaio. Non si sa mai tra cinque, dieci, vent’anni, si debba scendere in piazza e fare un po’ di musica.
Ferrazzi, capisco chi usa il condono dopo avere almeno provato a eleggere chi non fa la politica dei condoni. Ma se si vuole essere tanto radicali da dire, Io non voglio avere niente da spartire con nessuno, be’ secondo me da condoni & co si dovrebbe stare lontani, e magari fare come suggerisce WuMing II.
Comunque per farla breve non riesco a seguirvi. Non mi sento Carl Schmitt. Mi piacerebbe capire i grandi movimenti sotterranei, afferrare le similitudini, invece rimango impantanato al budget di un Comune. Emma si impantana col suo consiglio di istituto o come cavolo si chiama. Insomma guardiamo dal basso chi riesce a muoversi usando le correnti d’aria, diciamo bravo, e domani andiamo a votare camminando.
Scusate, ma io uno che rompe la mattina coi messaggini per ricordarmi che domani c’ho da votare ma col cazzo che lo voto. Digli che mi richiami la presidenza del consiglio, c’è da votare c’è da votare: col cazzo che ti do il voto, becero scassaballe.
A parte che non sono mai stato leninista (lo dico così, tanto perché non rimanga l’etichetta) vorrei dire una cosa molto semplice, tanto semplice che l’amico Paoloni può anche fare a meno di leggerla perché si tratta dell’abc della comunicazione pubblicitaria.
Tutte le nostre scelte nascono da una combinazione in parti variabili fra passione e calcolo.
Ho citato la pubblicità solo perché i pubblicitari sanno benissimo che gli elementi su cui agire per una comunicazione efficace sono appunto, in parti variabili, emotività e raziocinio. Emisfero destro e sinistro, se preferite.
Voglio bene a Ferrazzi come a un fratello, ma il suo cinismo (in senso postsocratico) di chi ha visto tutto e dà la risposta in apparenza più semplice non mi convince per nulla.
Riccardo, è verissimo che molti elettori di sinistra hanno avuto i condoni, ma è altrettanto vero che la politica assomiglia almeno in parte a certe passioni non riducibili al semplice calcolo razionale.
Prendiamo il calcio, cioè un argomento frivolo ma ora attualissimo. Io tengo all’Inter. Ergo, dal punto di vista del semplice calcolo del godimento che posso trarre dal gioco e dai risultati, sono un perfetto cretino. Ci ho provato, giuro che ci ho provato a cambiare squadra, ma non ci riesco. Non conosco nessuno che ci sia mai riuscito; anche i dirigenti di Mediaset convertitisi alla bandiera rossonera, sotto sotto continuano a tenere all’Inter, alla Juve o al Varese, come quando erano bambini. Ci sono passioni incoercibili, e lo sport e la politica rientrano nel novero. Sempre, ripeto per la politica, combinate in parti variabili con valutazioni pragmatiche.
Conosco un sacco di gente che vota contro i propri interessi, inseguendo un’idea del mondo che si è sedimentata in loro. Gente che nell’urna realizza quella che Rousseau chiamava la “volontà generale” (il vero principio democratico: voto nell’interesse del mio paese, vedo me stesso solo come parte di questo interesse generale) e non la “volontà di tutti” (il principio liberale: io voto per il mio orto, il mio box, le mie tasse, i miei figli; altri voteranno diversamente per gli stessi motivi, alla fine faremo i conti).
Probabilmente questo tipo di voto è più frequente nei giovani, meno a partire da quando uno deve mantenersi da solo, e una ragionevole valutazione dei propri interessi interferisce (secondo me anche positivamente) con la passione. Ma la passione rimane.
Conosco fascisti che votano “sbagliato”, comunisti abbienti che onestamente hanno tutto da guadagnare dalle ventilate riduzioni delle aliquote fiscali, eppure votano Bertinotti.
Faccio un passo in là. Sono convinto che Montanelli, il più feroce antiberlusconiano degli anni ’90, feroce proprio perché amico tradito, liberale deluso, conservatore incazzato, avesse ragione quando riconosceva a Berlusconi una prevalenza della passione sul calcolo di salvarsi il culo dai giudici e da tutto il resto. Berlusconi è sicuramente convinto di avere in tasca la verità, e il fatto che la verità coincida con la sua personale glorificazione e con l’evitare di andare nel posto che gli compete, cioè in galera, non cambia la sostanza. Altrimenti non si spiegherebbe la sua capacità di contagiare di entusiasmo non solo i negozianti e i borghesucci con la calcolatrice in mano, ma soprattutto di esercitare un’influenza messianica su gente ignorante come la gran massa dei suoi elettori, gente che ha voglia di sognare e che sentirebbe subito la nota stonata, se ci fosse. Giustamente Ferrara osserva che Berlusconi ha fatto di se stesso un’icona pop. Un ometto pelato, puzzolente, ma deodorato, ben vestito, liftato, con la moglie biondona, i figli piazzatissimi e di gusti identici ai suoi, insomma il ritratto di uno che ce l’ha fatta, che quando alza la testa dal particulare vuole sicuramente, sicuramente, essere qualcosa di più di quello che ce l’ha fatta: vuole essere quello che ce la fa fare anche agli altri, il santo del liberismo, il patrono del benessere nazionale. Vuole essere amato, non vuole solo sottrarsi alla Boccassini. Le ricette sono disastrose, ma per me sulla volontà, sulla generosità, sulla passione dell’uomo (omino) non ci sono dubbi.
Il credito che faccio a lui, all’uomo che il giorno in cui mi diranno che è stato divorato da uno squalo bianco mi precipiterò a registrare su dvd al platino tutti i tg per conservarli per sempre, il credito che faccio a costui, dicevo, mi prendo il privilegio di farlo anche a me stesso e a tutti.
Credo che tutti possediamo la passione politica e compiamo scelte ideologiche, scelte ispirate da una Weltanschauung che fa a pugni con l’aritmetica del più e del meno, con la computisteria del tornaconto personale, del bugdet familiare, ma non sempre perde il match. Anzi, spesso lo vince.
Concordo con Andrea: guardiamola anche dal basso questa politica.
Io, ad esempio, nel mio piccolo (nel mio piccolissimo, anzi), faccio obiezione di coscienza. Nel mio lavoro (di “tecnico abilitato”)il condono è un’ottima e veloce fonte di guadagno (e tengo famiglia, lo sapete).
Non ho fatto e non faccio condoni; per scelta.
Raul hai ragione tranne su una cosa: Emilio Fede è VERAMENTE un milanista, anche se prima era juventino. Quell’uomo ha FEDE autentica, è quasi commovente.
Raul, basta che specifichi di che passione è aureolato Berlusconi: cioè una passione narcisistica e autocratica, la passione del potere. Non puoi paragonarla con la passione di “fare il bene del paese”. E specifica anche che questa passione, tuttavia, trova un instradamento sempre molto accorto, studiato, razionale. O credi davvero alle “gaffes” di Berlusconi? Io penso che la metà, e forse più, non siano affatto gaffes, ma mosse studiate. Le corna fatte a un ministro in un incontro in cui lui non è che una macchietta, un faccino in una siepe di volti, un nano tra i giganti, che cos’è quel gesto se non un modo di accentrare l’attenzione, di distinguersi dagli altri, mettersi in evidenza? E l’apologia di Mussolini? Credi che Berlusconi, che pure si vanta di non leggere un libro da vent’anni, non sappia almeno chi era Matteotti, le leggi razziali, il processo del 9 gennaio contro i fascisti traditori e lla oro fucilazione ecc.? O forse, in un momento in cui Fini, cioè l’ex epigono del fascismo, perde una grossa fetta di elettorato neofascista dichiarando che il parto ideologico di Mussolini fu un “male assoluto”, forse in un momento del genere la “gaffe” di Berlusconi, cioè la riabilitazione di Mussolini, non è forse un modo di prendere al laccio parte del frastornato e scioccato elettorato neofascista? Precisione, dunque: Berlusconi è politico di passione, una passione per il potere, un potere che persegue in maniera spietatamente scientifica.
Caro Raul, come ben sai anch’io ti voglio bene come a un fratello, e sai che quando ti do del leninista mi riferisco proprio alla tua passionalità, alla tua volontaristica fiducia nelle magnifiche sorti e progressive. Un po’ ti invidio: io non riesco più ad avere questi slanci (ho anche una certa età). Un po’ ho paura per te, perché prima o poi rischi di accorgerti delle strumentalizzazioni che i veri cinici hanno fatto (e continueranno a fare) delle tue passioni (e sarà un brutto momento). Comunque sia, sono contento di avere un amico come te.
Andrea, scusami, non ho capito: tu capisci chi fa il condono dopo aver votato contro, ma non capisci chi lo fa (o non lo fa) dopo essersi rifiutato di votare ?
Graziano, il discorso sulla rivoluzione è davvero troppo complicato per essere fatto qui. Forse posso permettermi solo una osservazione: le tue ultime argomentazioni mi sanno un po’ di wishful thinking, insomma, di chi dice “è così perché mi piace, e adesso vado a cercare le ragioni per dimostrare la tesi”. Scusa eh, è solo un’impressione. Probabilmente dipende appunto dal fatto che in questa sede non si riesce ad argomentare in modo disteso.
Grazie a tutti.
Io direi che berlusconi ha a cuore soprattutto sè stesso. Molto a cuore. Delira scientificamente. Il suo delirio narcisistico viene razionalizzato ad arte… Le gaffes sono patrimonio Mediaset: il suo maestro? Mike Bongiorno. Fede ha fede in Berlusconi. La sua fede smisurata in Berlusconi lo rende fedele a Fede, cioè a sè stesso. Però a me la fede di Fede commuove come un trito di cipolle, caro Gianni.O la tua era una battuta?…;-)
I giornali occidentali stranieri (che hanno anche loro da dire e ridire sui loro Bei Soggetti) ridono quasi tutti dietro a questo Grande Personaggio. Il Presidente Operaio… Ricordate? Mi ricordo, si, mi ricordo. E intanto lui ride, fa le corna (come Leone?), magari è spontaneo, magari come dice Graziano l’ha studiata alla scuola per bambini deficienti di Mike, ma che importa? Chi se la sente di gridare Forza Italia quando gioca la Nazionale? Ora gli manca solo di prendere Totti. Là non c’è niente da fare. Possiamo fare una cosa soltanto, presto, prestissimo: andare in gabina (alla Bossi) elettorale, turarci il naso (io lo farò) e votare l’Olio d’Oliva.
Graziano, mi sembra fuorviante considerare come “miglioramenti” ascrivibili al governo Berlusconi questioni tutto sommato marginali, tipo i farmaci senza etichette e il divieto di fumo.
Oltretutto si tratta di “dispositivi tecnici” avviati verso la soluzione attuale dal precedente ministro della sanità.
No. Per valutare e distinguere occorre sforzarsi di seguire i quadri d’insieme, non i singoli provvedimenti di secondaria importanza.
Il fatto, emma, è che si ritorna sempre là: se non guardo alle questioni marginali ma ai quadri d’insieme, la sinistra non è poi tanto diversa dalla destra: chi ha legalizzato il precariato? chi non ha fatto la legge sul conflitto d’interessi? chi ha approvato una missione detta di pace senza approvazione Onu? eccetera eccetera
Sì, Riccardo, un discorso politico così allargato in questi spazi non è possibile farlo.
Come argomento per decidere basterebbe il macigno del conflitto d’interessi, dunque la situazione di monopolio nel campo dell’informazione, delle TV, dell’editoria… Ma tralascio questa motivazione, se non altro per l’incapacità (la mediocrità, certo) dimostrata dalla sinistra quando governava.
Cerco allora di guardare le condizioni di vita in generale, chi viene favorito e chi no dalle scelte di questo governo, le ideologie e gli interessi che muovono il tutto…
Prendiamo per l’appunto il caso dell’istruzione.
Mi pare evidentissima la scelta di ridurre il ruolo e il peso della scuola pubblica a favore della scuola privata. Naturalmente lo si fa in nome della lotta contro lo “statalismo” e contro l’ “assistenzialismo”, per perseguire l’ “efficienza e l’efficacia” caratteristiche del “settore privato”.
In concreto si elimina ogni controllo sul privato; si favoriscono sfacciatamente le truffe e i diplomifici (gli arresti del mese scorso mi sembrano al riguardo emblematici); si tagliano pesantemente le risorse destinate alla scuola pubblica; si finanziano in misura molto più rilevante che in passato le scuole private, vale a dire scuole che molto spesso considerano “normale” rifiutare gli alunni handicappati, gli alunni stranieri, gli alunni in situazione di disagio sociale… scuole che selezionano in ingresso gli utenti, alla faccia di ogni sbandierato (e borghese) principio di pari opportunità per tutti i cittadini.
In concreto si fanno scelte politiche fortemente parziali, non democratiche e nemmeno lontanamente “liberal”.
La Riforma Moratti, oltre che essere imperniata su una visione classista della società, è gravata da un’ideologia veteropersonalistica e preconciliare, inaccettabile ormai per gli stessi cattolici.
E la cappa ideologica riesce a toccare anche il più elementare buon senso scientifico e culturale (la vicenda di Darwin insegna…).
C’è davvero di che rimpiangere i ministri democristiani della prima repubblica.
Ecco. Adesso, emma, dimmi che cos’ha fatto la sinistra per valorizzare l’istruzione e parlami della riforma berlinguer.
E poi non c’è bisogno che vai così poco indietro, fino a rimpiangere i ministri democristiani. Puoi fare di più. Puoi ben rimpiangere il ministro della cultura fascista, Giovanni Gentile, che fece una riforma tutta incentrata sullo sviluppo della capacità critica e dell’individualità del singolo (era un idealista), senza neanche definire il contenuto dei programmi, per i quali lasciava piena libertà al corpo docente ecc. E’ stata la più umanistica e libera riforma della scuola mai fatta in Italia, e proprio sotto il fascismo! (naturalmente, visto che prevedeva una dura selezione in base alle qualità, la classe dirigente che voleva assicurare un futuro ai propri figli la silurò poco più tardi, e ancora dopo fecero la riforma Bottai, questa sì veramente fascista)…
Durante il ministero Berlinguer, alle scuole sono arrivati fondi, risorse e sollecitazioni in misura nettamente superiore rispetto al passato e rispetto al presente (anche fondi specifici per le biblioteche scolastiche…).
La Riforma Berlinguer era di gran lunga migliore della Riforma Moratti, ed era basata su valori e principi democratici.
Sulla Riforma Berlinguer nelle scuole si è dibattuto, in Parlamento pure.
Se tu credi che la scuola secondaria superiore possa ancora reggersi sulla Riforma Gentile, posso capire il tuo rifiuto della Riforma Berlinguer.
Sospetto anche che la cultura scientifica sia per te una cultura di serie B, e che il Liceo classico sia l’unica scuola possibile…
Quanto alla classe dirigente: il Liceo classico l’ha apprezzato, eccome; se i suoi pargoli non riuscivano (o non riescono), c’era comunque (c’è più che mai) il Liceo privato.
Bottai ha avuto in effetti un’influenza marginale sui Licei.
Se si voleva una scuola classista, la scuola gentiliana poteva bastare.
Su una cosa sono d’accordo con te. Sul constatare che di scuola si sono occupati – bene o male – intellettuali del calibro di Gentile, e prima di lui Croce, e prima di lui Francesco de Sanctis.
Niente di tutto questo è all’orizzonte.
Se non mi sbaglio la riforma Berlinguer ha eliminato pure il peso del voto in condotta sul giudizio del rendimento scolastico, cioè la valutazione è sull’apprendimento a prescindere dal comportamento. Mi semrava un grosso passo avanti sulla strada dell’istruzione, o no?
E per tornare alla politica, se il blitz per liberare gli ostaggi non è mai esistito ed è stata tutta una messinscena(vedi http://www.carmillaonline.com),se siamo arrivati al trash mediatico dell’omino che sorridente annuncia di aver dato il via libera all’operazione militare così carica di angosciosi dubbi da non farlo dormire serenamente, forse è il caso di andarci in quella cabina seppur con il naso otturato. Ma forse io credo ancora alle favole e non mi sono ancora svegliata dal lungo sonno…
Si, ci conviene andarci, in quella maledetta gabina. Votiamo CONTRO quello lì. A Lina Sotis non piace “quella lì”? A noi non piace “quello lì”. E’ il pacchetto azionario delle porcherie dell’intrallazzatore che è sporco. Affari sporchi. La sinistra ha un sacco di responsabilità, sia chiaro. Non m’intendo molto di sQuola, ma la Riforma Moratti – anche leggendo i post di Emma sull’argomento – è uno schifo. Perchè il “dettato” è sempre quello: Chi ha la grana se la tenga e chi non l’ha… Mai come in questo periodo il classismo ha la meglio. L’avete letto, sui giornali: è già tanto che uno, figlio di operai, riesca a fare l’operaio a sua volta. Passare avanti? Giammai! I matrimoni si combinano, proprio come ai tempi delle nonne, solo tra appartenenti lo stesso ceto. Non è più tempo per votare a favore. E’ tempo di votare CONTRO. Finite le idee, finita la passione (che si chiama così, giustamente, perchè purtroppo passa)resta una sola possibilità: l’urna. Il blitz è chiaro come il sole che è una fanfaronata, è fin troppo chiaro. E noi vogliamo astenerci dal voto, dall’unica possibilità che abbiamo per cambiare in meno peggio qualcosa? Io non sono di sinistra, mai stato. Ma non posso sopportare questo regime di Robin Hood alla rovescia. Come si diceva a Canzonissima: votate votate votate…
Bé, emma, che la riforma Moratti sia la peggiore in assoluto, non ci piove. Ma, come hanno osservato molti, ci sono molti punti di continuità tra la riforma Moratti e quella Berlinguer che, per quanto riguarda la questione dello studio umanistico, del classico e soprattutto del latino, mi pare non sia stata una gran cosa. Ben vengano le materie scientifiche, ma la quasi scomparsa del latino (il classico trasformato in una scuola di traduttori di tre anni, come bastessero tre anni di liceo per diventare traduttori) è gravissima in un paese che è la culla della romanità, significa proprio staccare i ponti dalla propria tradizione, come fa la Moratti eliminando la storia antica: tra poco, non sapremo più neanche da dove veniamo. E poi, la supercommisione che si è preoccupata di tracciare le linee della riforma berlinguer era composta, oltre che da qualche intellettuale e insegnante, anche da molti manager, imprenditori, pubblicitari. Infatti, vuoi sapere a che cosa era relegato lo studio del latino? Dichiaratamente ai fini commerciali del turismo (tradurre le scritte dei monumenti alle colonie di pensionati tedeschi) e delle traduzioni dei classici sempre molto venduti. Era proprio una dichiarazione d’intenti: il turismo in Italia è un canale di forti entrare e anche la vendita dei classici. La cultura ancora asservita al denaro e ai soli principi liberisti e neocapitalisti. Far affrontare la questione cultura a imprenditori e pubblicitari, poi, la dice tutta.
Comunque, se continuiamo a vangare in ogni esempio, mi sa che non la finiamo più. Dunque, come diceva Elio, buon voto o buona astensione.
Graziano, continuo a interrogarmi: ma i contributi statali per la rottamazione, chi li becca?
Qualcuno un po’ più su mi sembra abbia confuso”cazzo” e “fallo”. Il “fallo” è il pene in erezione: qualsiasi espressione di culto fallico ha sempre mostrato questo e non un pene “a riposo”. Bossi diceva (dice?): “ce l’abbiamo duro” mica per nulla (il “celodurismo”…)! Quindi “fallocrazia” e “governo del cazzo” tout court non sarebbero proprio la stessa cosa.Scherzo, ovviamente. A prescindere da questo Montanari ha tentato una lettura interessante del Berlusconismo, e della quintessenza del nano pelato in sé, ma leggo altri storcere il naso. Poi, da intellettuali, si può pure star lì ad aspettare che passi il momento storico (“… posso pensare di sopravvivere a Berlusconi…”,”… ha da passà ‘a nuttata…”- ma nel frattempo il berlusconismo significa sempre più oscurantismo e perdita di valori minimi, elementari, per cui anche il tentativo di conservare (ri-trovare) un minimo senso al gesto di “votare” (con la consapevolezza della, direi, ovvia imperfezione del meccanismo) dovrebbe esser fatto.
Insegno da quasi venti anni: sono andato a sentire Berlinguer presentare la sua riforma e, certo, pur con tutti i limiti, il tentativo di conservare un luogo alla cultura, alla formazione, all’idea di scuola a mio avviso c’era. Il lavoro della Moratti si basa proprio su presupposti opposti: questo dovrebbe bastare a prendere una decisione, anche logorante, come quella di indicare altri, per quanto poco convincenti.