Cinque poesie

di Francesca Reboli
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C’è tutto il mondo
in questa faccia
gli ho detto una volta.
E lui subito
l’ha deformata in una smorfia.
Il mondo è brutto,
ho detto io.
Ma senza scampo
è tutto lì.
Dalla curva del sopracciglio
all’osso della guancia.
Nell’angolo del labbro
che rialza,
mostrando i denti.

______

Soffro della terra
del suo odore persistente.
Non me lo levo di dosso,
io che vorrei
essere essere volatile
trasparente
corrente
da sfiorargli appena la guancia.

Ho tanto sangue
nero
opaco pesante.
Ho questo colore
dentro
che fuori mi guardano
minuta
leggera trasparente
da dentro l’azzurro.

Che scherzo
questo chiaro dello sguardo
chiarofinto
un dispetto genetico
al mio sangue opaco
un inganno
della mia terra opaca
del mio odore materno.
Gravo
in una sola direzione
greve
contro alla frantumazione
aerea e volatile
dissoluzione di lievi
particelle.
Non trapasso. Persisto.

______

Per tanto tempo
mi sono assetata
alla tua fonte
che adesso le mattine
sono di maledizioni
a mezza voce e spinte
tra il vagone e la banchina
e non so immaginare
che non sono più il tuo mondo
le cose che mi piacciono.
Che la pesca è finita
il serbatoio è vuoto
la fede esaurita. Il tempo
è strappato. È il tempo
di cambiare la lingua
e confondere il nome
con uno qualunque.

______

Che ti accanisca ti scarnifichi ti tenda ti mantenga ti triti ti affami ti sfinisca
ti esasperi ti desti ti innalzi ti schiacci
ti spinga ti sospenda ti sotterri ti stringa
ti espanda ti sommerga
il desiderio di me
come un’onda grande
e ti ricordi
come dormivi forte
stringendomi il braccio.

______

Una poi disperata
implora il primo che passa
di avere indietro la carne
dell’abbraccio.
Riproduci la consistenza,
gli urla muta,
dammi la sacra consolazione
dei corpi
infilami cotone tra i denti
disserrami il morso
puliscimi il sangue
dall’angolo del labbro
dimmi di aspettare
attutisci il colpo
del mio cadere
svelami
a me stessa
lasciami nuda
silenziosa
vuota.

______

Francesca Reboli, Sopracciglio variante, Premio nazionale di poesia Antonia Pozzi, Edizioni Archivi del ’900, 2003.

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6 Commenti

  1. Ho sentito una necessità vera in questa scrittura. Neanche una parola di troppo, nessun esibizionismo della dizione. Solo intensità dell’espressione che cerca le parole precise. Congratulazioni all’autrice.

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