L’elegia e il conflitto #1
sbobinato da Tiziano Scarpa
IO: Ho visto Il siero della vanità, il film di Alex Infascelli.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Anch’io.
IO: Oh, finalmente possiamo parlare di una cosa che abbiamo visto tutti e due!
IL MIO AMICO FILOSOFO: Il soggetto è di Niccolò Ammaniti.
IO: Ma il film ti è piaciuto?
IL MIO AMICO FILOSOFO: Abbastanza.
IO: Anche a me. Con un soggetto simile, gli sceneggiatori e il regista avrebbero potuto tirar fuori qualcosa di meglio.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Dài, adesso non fare lo scrittore che difende il lavoro del suo amico!
IO: Be’, i personaggi sono poco sviluppati, dài. E sviluppare i personaggi è lavoro dello sceneggiatore, non del soggettista. Addirittura c’è un allevatore di struzzi che non si sa bene che cosa ci stia a fare, lì dentro. È come se gli avessero tagliato gli spezzoni di pellicola che lo riguardano. Ma a te cosa è piaciuto?
IL MIO AMICO FILOSOFO: Anche a me lo spunto, sì. Il mago illusionista che viene invitato al talk show, ha l’occasione della sua vita per diventare famoso, cerca di ripetere una delle imprese di Houdini, ma non riesce a liberarsi dalle catene sott’acqua e ci manca poco che muoia. Viene umiliato davanti a milioni di persone, e per tutta la vita ci rimugina…
IO: Sì. Immagino che Niccolò Ammaniti sia rimasto colpito da tutta quella massa di persone che passano attraverso la tivù e non ce la fanno a bucare lo schermo, come si suol dire. Arrivano in trasmissione pieni di aspettative, sperano con tutte le loro forze che quella sia una svolta nella loro vita. Cercano di farsi notare, ma non sono abbastanza in gamba, oppure sbagliano qualcosa, falliscono. Tornano a casa delusi, magari vengono anche un po’ sbeffeggiati dai vicini, dai colleghi, e per anni si macerano ripensando a quella volta che non sono stati all’altezza delle star televisive, degli altri ospiti, persone comuni come loro, che invece sono riusciti a creare un personaggio, a fare di se stessi un personaggio. “Che cos’ha quell’idiota più di me?” si domandano guardando la televisione. Da quel momento cominciano a odiare tutto il genere umano che si mette in mostra in tivù…
IL MIO AMICO FILOSOFO: Un modo terribile, accanito di guardare la televisione. Bisognerebbe tenerne conto. Quando si giubila perché una trasmissione è stata vista da milioni di persone, si dà per scontato che tutti l’abbiano seguita con adesione amichevole, con empatia, divertimento. Mentre chissà quanti di quegli spettatori la guardano per accanimento ostile, per detestare le persone che compaiono in quella trasmissione…
IO: Guarda che non è così. Gli analisti dell’auditel lo sanno benissimo che c’è una percentuale di sarcastici che guardano la tivù solo per irriderla. Ma gli va bene accaparrarsi anche quei telespettatori lì. Anzi, è il modo più subdolo di tenere la gente incollata alla tivù. Lasciandogli credere che la stanno guardando da persone libere, con diritto di critica…
IL MIO AMICO FILOSOFO: Vero. Ma io parlavo proprio di odio, non di battutine ironiche.
IO: Sì, quello degli ospiti televisivi ambiziosi e bocciati è un vero genocidio sociale e psicologico. Prova a contare le migliaia di persone che fanno da ospiti in tivù per una volta sola, in tutti i canali televisivi. Tutte le aspettative, le speranze, le illusioni fatte a pezzi…
IL MIO AMICO FILOSOFO: E tutto il risentimento che ne scaturisce.
IO: Sì. Per ricavarne uno spunto simile, Niccolò Ammaniti ha guardato la tivù in un modo molto umano. Non ha puntato il dito sul bersaglio più scontato, e cioè i conduttori, in padroni della televisione… Ha focalizzando l’attenzione sul personaggio secondario che è arrivato a un passo dall’acciuffare il successo e non ce l’ha fatta, ed è stato ricacciato nella realtà, fuori dallo schermo, fuori dallo spettacolo, a rimuginare il suo sbaglio…
IL MIO AMICO FILOSOFO: Ce ne devono essere tante di persone così.
IO: Una volta, tredici anni fa, dalle mie parti c’era una ragazza che scriveva poesie erotiche.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Belle?
IO: No. Piuttosto scadenti. Ma sai, quando una inizia una poesia scrivendo che è andata a letto con tutti gli antiquari della città… In città una certa eco la ottiene.
IL MIO AMICO FILOSOFO: E allora?
IO: Allora una volta è stata invitata al Maurizio Costanzo Show. In quel periodo uno dei figuranti fissi dello spettacolo era un pianista che indossava un frac bianco. Cinquant’anni, grassoccio, pelato, con i baffi. Insomma, il classico ometto di mezza età a forma di palletta grassottella e simpatica. Stava lì seduto sul palco, col suo pianoforte a coda verniciato di bianco, in seconda fila rispetto agli ospiti del talk show, e commentava i momenti più emotivi della conversazione con qualche tocco improvvisato sulla tastiera.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Vai avanti.
IO: Maurizio Costanzo annuncia gli ospiti: “La poetessa erotica Allegra Mispalanco…!”
IL MIO AMICO FILOSOFO: Spero che il nome te lo sia inventato tu.
IO: Sì.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Non ti ricordi come si chiamava?
IO: Non voglio nominarla menzionando una sua figuraccia tredici anni dopo. Ho inventato un nome falso.
IL MIO AMICO FILOSOFO: È penoso.
IO: Si fa quel che si può. Allegra Mispalanco entra in scena. È alta, indossa una minigonna e un paio di stivali che le arrivano a metà coscia.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Una bella donna?
IO: Abbastanza.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Come sarebbe?
IO: Bella, non eccezionale. Voglio dire che se avesse puntato solo sulla bellezza, non credo sarebbe potuta diventare una star del cinema o una starletta della televisione. E nemmeno se avesse puntato sulla qualità delle poesie. Mettendo insieme queste due mezze cose, però, forse ce la poteva fare.
IL MIO AMICO FILOSOFO: E ce l’ha fatta?
IO: Ascolta. La poetessa erotica entra in scena, e invece di andare a sedersi al suo posto, si dirige verso il pianista vestito di bianco. Si siede a cavalcioni sulle sue ginocchia, faccia a faccia col pianista, e comincia a sbaciucchiarlo.
IL MIO AMICO FILOSOFO: E il pianista?
IO: Si ritrae, strabuzza gli occhi. È francamente sbalordito.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Ma dài, sarà stato tutto concordato.
IO: Non penso. Ascolta il seguito. Maurizio Costanzo le dice: “Signorina, ma che fa? È impazzita?” Lei cerca di dare altri bacetti al pianista. Maurizio Costanzo: “Accompagnate fuori la signorina, così abbiamo risolto anche la questione della poetessa erotica”.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Da questa frase fa capolino un antefatto… Sembra di capire che Costanzo non avesse gradito di avere quell’ospite nel suo show.
IO: Chissà. Forse l’avevano invitata per fare un favore a qualcuno. Un amante della poetessa, che le ha detto: “Vedi? Ti ho procurato un invito al Maurizio Costanzo Show…!” Sono tutte ipotesi non verificabili, ovviamente.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Vabbe’. Com’è finita?
IO: Allegra Mispalanco è scoppiata a piangere!
IL MIO AMICO FILOSOFO: Dài! A piangere? Vestita da poetessa erotica sadomaso? Con gli stivali di cuoio a mezza coscia?
IO: Ti giuro! In lacrime. Ha biascicato: “Ma è una persona anche lui! Ha diritto a essere amato anche lui!”, indicando il pianista pelato e baffuto Palletta di Grasso. L’hanno accompagnata dietro le quinte. Fine. Il tutto è durato meno di un minuto.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Te la sei inventata?
IO: Neanche per sogno. La scena è passata su Blob per una settimana. È lì che l’ho vista. Era il 1992. Me la ricordo perfettamente.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Pazzesco.
IO: E c’è da aggiungere un particolare. L’editore della poetessa. Praticamente un tipografo, con una bottega-magazzino, e distribuzione nelle librerie quasi inesistente. In quei giorni, nel suo negozio, in vetrina, si vedevano le pile di libri accatastati della tiratura che aveva fatto in vista della apparizione della sua autrice al Maurizio Costanzo Show.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Che storia triste.
IO: Non essere sarcastico.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Ma no! Mi ha intristito davvero.
IO: Pensa quanto ci deve aver ripensato, quella ragazza, al suo errore. Era arrivata a tanto così dalla possibilità di diventare famosa. Ma ha sbagliato qualcosa.
IL MIO AMICO FILOSOFO: È lo stesso spunto del film di Infascelli. Con una differenza decisiva. Questo episodio, che tu hai narrato riportando una cosa che è successa veramente nella televisione italiana, Niccolò Ammaniti e poi gli sceneggiatori del film lo hanno fatto proseguire, lo hanno narrificato.
IO: Cioè non si sono accontentati di quell’episodio, ma hanno provato a immaginarne le conseguenze.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Ed è da allora in poi che il film mi è piaciuto abbastanza.
IO: Cioè non ti ha convinto del tutto.
IL MIO AMICO FILOSOFO: Certe cose mi sono piaciute.
IO: Dimmele.
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(1 – continua)
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Molto interessante. Ma che cosa c’entra il titolo su elegia e conflitto? Immagino che se ne parlerà nelle prossime puntate.
Mi ricordo perfettamente anche io quella puntata. Solo che ero convinto che la poetessa fosse Patrizia Valduga…
Per F.B.: sì, di elegia e conflitto si parlerà nella prossima puntata, che sarà anche l’ultima.
Per Piero S.: Era l’inverno del 1992. La poetessa non era Patrizia Valduga, ma un’altra pochissimo nota che preferirei non nominare, è già stata scottata abbastanza quella volta lì.
L’episodio più triste in assoluto è, secondo me, il caso della concorrente di Mike Bongiorno sorpresa ad infilare nella scollatura un biglietto di appunti. Ogni volta che lo fanno rivedere sto male per lei. Fatico a leggere un dialogo così lungo. Ma sicuramente è colpa mia.
Ciao Elena. Nessuna colpa. Qui si mettono cose brevi e lunghe e, quelle troppo lunghe, chi ha voglia le copia&incolla in word, ingrandisce il carattere sullo schermo, oppure addirittura le stampa.
E’ ovvio che questi materiali vengono proposti in rete per coloro ai quali interessano, e spesso hanno forme respingenti (troppo lunghe): non mirano, cioè, a “sedurre”, a “invogliare” alla lettura come primo obiettivo.
Sei gentilissima a scusarti, ma davvero qui non c’entra la logica della colpa. Il sito a volte si trasforma in un archivio di testi, di scritti con una forma che noi riteniamo necessaria, anche se non è adatta alla rete. Desideriamo condividerli così come sono con quelli a cui possono dire qualcosa.
Voglio dire: ci sono cose che di proposito non vengono sintetizzate, come bisogna fare sui giornali. Mettiamo anche cose lunghissime, senza problemi, senza aderire alla regola del post breve a tutti i costi. E pensa che la prossima puntata sarà persino un po’ più lunga! :-)
Un caro saluto, e grazie a te e a tutti quanti della pazienza.
Ah, Elena, poi vorrei chiederti: ti ricordi a quando risale, più o meno, l’episodio del bigliettino di appunti? In quale trasmissione di Mike Bongiorno? Dici: “ogni volta che lo fanno rivedere”; quindi è un episodio piuttosto celebre, che in tivù viene fatto rivedere spesso? Perdona tutte queste domande. Grazie!
Qualche mese fa hanno festeggiato non so quanti anni del Maurizio Costanzo.
Avevano racchiuso degli spezzoni di puntate a tema. Io mi ero imbattuta appunto in quello delle “figuracce” e ho visto lì quello della poetessa.
Ho rivisto anche quella del Mike Bongiorno, sempre con questo “stile a spezzoni” forse su rete 4 un sabato pomeriggio in un orario assolutamente improbabile…
non so. Ogni tanto capita di incontrare in video questi “contenitori” .
E’ allucinante: tramandano queste scene anche alle generazioni che in realtà non le hanno vissute…
Caro Tiziano oggi navigando in rete ho scoperto che domani sera a Milano farai staffetta in vari locali con Kamikaze d’Occidente…è da anni che cerco di beccarti per sentir leggere i tuoi libri…e domani non mi farò mancare questa occasione…IN BOCCA AL LUPO…elvis
non c’entra niente con il pezzo (che ancora non ho letto), ma il titolo mi ricorda il bellissimo film di Suzuki Seijun The Fighting Elegy, passato sabato a fuoriorario.
Maura Livoli (oggi psicologa) a Telemike, nella storica puntata del 3 maggio 1990, fu beccata da Mike Bongiorno perchè nascondeva dei fogliettini nel seno. (fonte google, ricordavo solo telemike) Finse anche di svenire, ma M.B. non ebbe pietà.
Ah, non lo passano spessissimo. Succede quando fanno un Blob a tema sulle truffe televisive.
Complimenti, questi dialoghi sono molto interessanti.
L’episodio citato da Elena me lo ricordo anch’io. È vagamente inquietante che questi “eventi” siano entrati così profondamente nei ricordi, nella memoria di tanta gente. Ancora più inquietante che tutto ciò, grazie a internet, continui a vivere non solo nella memoria del singolo ma anche in quella dei computer, come un peccato che nessun oblio potrà cancellare. Sono bastati due minuti su Google, infatti, per trovare dei dati precisi su quella concorrente, il nome, la professione, la data della puntata di Telemike. Tanto che ho qualche scrupolo a citarla esplicitamente, a rinfocolare la vergogna che l’episodio provoca non solo nella diretta interessante ma anche a me, solo nel ricordarlo. Tanto più che ora sono in una posizione di anonimato (doppia perché comunque le mie numerose figure di merda non sono pubbliche) che mi rende “più forte” rispetto a questa donna, ma anche più vincolata ad una responsabilità. Fisime di un’ansiosa?
Ps: se, Tiziano, la cosa ti interessa ti mando il link: la pagina ti potrebbe interessare dato che vi sono raccolti numerosi casi di vergogne e imbarazzi televisivi
beh, come non detto :D
Domanda: questo è uno sputtanamento “nobile”?
Grazie ancora per tutti questi commenti.
Per Giulia: quel link mi interesserebbe.
Per Emma: non ho capito la domanda.
Il riportare nome e cognome della fedifraga di Telemike, il lavoro attuale…
È solo amore per la verità dei fatti, scrupolo filologico?
Oilà, Scarpa, questi tuoi dialoghi molto alla Silone (mi ricordano tanto “La scuola dei dittatori” – e andatevelo a leggere o rileggere, c’è anche la storia di Berlusconi, in quel libretto lì) sono molto accattivanti anzicchenò.
Inoltre, li prendo come una riposta – data a distanza e in maniera molto concreta – all’accusa che ti avevo rivolto qualche tempo fa di non studiare la società attuale attraverso la critica dei mass-media…
Infine: non ho visto il film, ma penso che una scena come quella di cui parli tu – la “figuraccia” televisiva, la “tragedia” umana e psicologica di quelli che “non bucano lo schermo” – ce l’abbia già data tempo fa, e in maniera sublime, il Fellini di “Ginger e Fred”, precisamente la scena in cui Mastroianni scivola in diretta durante il ballo che doveva riportarlo alla ribalta televisiva. Lì c’è tutto un contrasto tra l’umanità dei personaggi e la disumanità e inclemenza del mezzo televisivo che fa accapponare la pelle: un film di denuncia e critica alla tv che amo molto… (in più, ho appena comprato il dvd coi contenuti extra, dove c’è la scena in cui Mastroianni e la Masina portano a termine il ballo senza errori, scena naturalmente extravagante al film)
Cioè, Tiziano, vuoi farmi credere che io ho vissuto sin ora senza neppure conoscere lontanamente una storia così assurda, triste, comica, tragica, come quella di Allegra Mispalanco?
Ma dove vivo? nel Katanga?
G.
Hola, credo che “Ginger e Fred” sia azzeccattissimo come riferimento e naturalmente una lettura intelligente della TV spazzatura già rappresentata negli anni ’80 da Fellini con quel bel film…e oggi 2003 la situazione è uguale.
Ricordando il film, sopra citato, volevo ricordarvi che nelle TV interne degli studi televisivi della scena di “Ginger e Fred” vengono proiettati dei film pornografici della prima Moana Pozzi…insomma che dire…la metafora della metafora, la metafora dell’oggi e del domani e la metafora del ieri e dell’oggi!!!
Mentre per gli esteti è consigliabile l’ultima parte del film, di una attualità sorprendente!!!
Inoltre vi rammento che il film di Fellini era previsto come fiction televisiva e non come film…sorprendente nooo, rispetto a quello che ogi la TV ci propone…ciao
Sono d’accordo. Mi riferisco al citare. Non sono d’accordo sul fatto che le nostre brutte figure siano riservate. Ciascuno di noi potrebbe raccontare una tal brutta figura. Potrei dare tutti i miei estremi, ma non mi importerebbe di sapere che lo sapete. Mi importa di aver deluso delle persone a cui tenevo o peggio, di averle ferite. E cmq, quando la vedo, c’è con-passione non giudizio. Merci.
Elena, scusami, sei tu che hai postato un messaggio al mio articolo su Nazione Indiana? Potresti sgnalarmi una tua mail provata?
ovvviamente mail privata non provata…..
Mi spiace, non sono io. Ma vado a leggere.
cara elena c’è una differenza nel citare
l’episodio di un film, in quanto quella “brutta figura” era pianificata e quindi voluta in quel momento e in quel modo, mentre quello che succede nella realtà non è voluto, se non stiamo recitando una parte…
Per Piero Sorrentino: chi legge trova comunque “interessante” l’idea che hai della Valduga…
Mi piace moltissimo questa formula che utilizza il dialogo per raccontare una storia, partendo dal film hai travasato una miriade di spunti: di nuovo la distinzione tra narratori e narrificatori, il trash televisivo, l’apparire a tutti i costi per dare senso a una vita noiosa, l’idea di guardare la tv in modo critico quando poi se ne viene fagocitati comunque… in ogni caso mi hai fatto venire voglia di vedere il film. Curioso ‘sto fatto perché la sera che sono andata al cinema per vedere un altro film, quando mi è stato detto che i posti erano esauriti e mi è stato proposto Il siero della vanità, dopo aver letto la locandina, ho pensato che non ne valesse la pena. Vedi mo’ che bizzarra cosa!
E altra buffa cosa, pure io ho pensato alla Valduga…
Mi colpisce sempre nei tuoi racconti il ritmo del dialogo, come funziona: un meccanismo ben oliato che procede senza mai un intoppo.
Emma, naturalmente la mia non era una valutazione dei meriti – o (de)meriti -letterari della Valduga. E’ solo che, della puntata citata da Tiziano, avevo questo ricordo di una poetessa tutta trine e veli neri, dal lento, solenne incedere, e insomma, mi sembrava proprio che la Valduga – magari in una elaborazione a posteriori del ricordo – ci stesse davvero bene in quei panni funerei!
(scusa se non ti ho risposto prima, ma non avevo letto il tuo commento)