Cristo vietato ai minori
di Diego De Silva
Qualche giorno fa ho chiamato un cinema della mia città dove in questi giorni danno La passione di Cristo. Mi ha risposto una garbata signorina. Le ho chiesto se il film era vietato.
“No” – ha detto esitando – “Ma quanti anni ha il bambino?”.
Bambino? ho pensato. Boh. “Quattordici”, ho buttato lì.
Lei ha un po’ sospirato.
“Be’, veda un po’ lei”, mi ha detto.
“In che senso?”, ho chiesto io.
“Il film è piuttosto cruento, stiamo cercando di dirlo ai genitori che magari non lo sanno”.
“Ah, fate opera di dissuasione?”.
“No, nessuna dissuasione. Semplicemente facciamo presente che il film mostra sangue e sofferenze, visto che racconta quella sola fase della vita di Cristo”.
“Quindi vengono molti bambini a vederlo”.
“Molti no; ma ce ne sono, sì”.
Abbiamo continuato a chiacchierare piacevolmente per un po’. La tipa sembrava prendere molto sul serio l’argomento.
Morale telefonica: il divieto alla visione del film di Gibson è consegnato alla libera coscienza degli adulti.
Se uno ci pensa, l’idea di vietare Cristo ai minori fa un po’ impressione. E non è neanche una novità: quello di Martin Scorsese, per esempio, lo era, anche se in quel caso lo scandalo non era la passione, ma il desiderio (bello, quel film; bella anche la musica di Peter Gabriel).
In realtà ci sono diverse buone ragioni per vietare Cristo ai minori. E la ragione di fondo è che ai bambini bisogna nascondere la verità. Stiamo sempre a ripetere ai nostri figli che non si dicono le bugie, ma poi mentiamo continuamente su quasi tutto. Sui rapporti familiari. Sull’amore. Sul mondo. Sugli altri. Sul lavoro. Sui soldi. Quando proprio non possiamo tirarci indietro, raccontiamo solo una parte della verità, la meno irrespirabile, infiocchettata alla meglio. Perché non c’è verità senza male. E il male, più tardi lo si incontra e meglio è.
Dio è una faccenda di adulti: che gliene frega, in fondo, ai bambini? Loro ci credono. Ci credono perché gliel’hanno detto mamma e papà. Ci credono come credono a Babbo Natale e alla Befana (solo che smettere di credere alla befana non fa male, mentre interrogarsi sull’esistenza di Dio produce traumi frequenti). Se lo figurano come una specie di grande nonno di tutti, vanno pure a trovarlo a pranzo a casa sua, una volta alla settimana (poi quando crescono smettono di andarci, che è il destino di quasi tutti i nonni). Il sacerdote gli mette in bocca il corpo di Cristo, glielo sussurra pure, come una cosa che debba restare fra pochi. Loro non sanno di partecipare a un rito cannibalico, e anche se qualcosa l’hanno sentita non hanno capito veramente di che si tratta. Però sono contenti, e quando quella sfoglia insipida si scioglie sulla lingua, pare che stia succedendo davvero qualcosa.
Ai bambini, il racconto della passione arriva censurato. La Chiesa cattolica ha fatto un lavoro di comunicazione straordinariamente efficace, da questo punto di vista. Ha raccontato un delitto atroce, una fine orribile, senza sangue. È per questo che il film di Gibson fa rumore. Perché nel tentativo di raccontare la verità, realizza a suo modo una pornografia della sofferenza.
E lasciare ai genitori, e non all’istituzione, la libertà di permettere o impedire ai figli la visione del film, mi sembra un atto di civiltà piuttosto inusuale, di questi tempi.
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‘The Passion of the Christ’ non mi è parso affatto brutto, almeno cinematograficamente. Certo, la scelta dell’espressionismo sadico è sempre difficile, ma in fondo si trattava di rappresentare il duro conflitto tra la
***ferocia*** umana – qui non solo suggerita, bensì ampiamente descritta – (e sia ben chiaro: non di un singolo popolo, ma dell’intera umanità), e la proposta, centrale nel verbo del Cristo, della ***mitezza***.
C’è almeno una scena particolarmente adatta ai bambini: Cristo cade sotto la croce; la Madonna lo rivede fanciullo (in un delicatissimo flash-back) che cade a terra, si precipita da lui e gli
dice ‘Ci sono qua io’. Lo raggiunge anche adesso, da adulto sanguinante. ‘Ci sono qua io’, gli dice di nuovo.
Non è esagerata la crudezza del film. Esagerata è la ferocia umana a cui il film – con
coraggiosa rinuncia all’ ***espediente retorico del climax*** – allude. In mezzo all’orrore rappresentato, non possono non spiccare le parole: ‘Amatevi gli uni gli altri.’ [Fossi stato io il Cristo, mi sarei accontentato di raccomandare: ‘Rispettatevi gli uni gli altri’:-)]
Pssano i millenni, ma l’ ‘Uomo del mio tempo’ resta, quasimodianamente, “quello della pietra e della fionda”, con la sua “scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo.”
Primo: la civiltà non c’entra niente. L’unico criterio che mette in moto i neuroni dei comitati di censura è l’erotismo. L’equazione è molto più semplice: se NON si vedono TROPPE TETTE, ai bambini si può far vedere anche il massacro di Sebrenica (a titolo di esempio: in “Medea” di Lars Von Trier, distribuito in cassetta con la T verde – ovvero “Film per tutti” – si vede la protagonista che impicca con le sue mani il figlio di 5 anni. Per il resto tutto ok e niente scene di sesso). Nel caso di Gibson l’erotismo è contenuto e allora via con le matinee. Non ci vedo niente di civile.
Secondo: “buone” (o cattive) “ragioni per vietare Cristo ai minori”, “ai bambini bisogna nascondere la VERITA'”. Dovrei intendere The Passion = Cristo = verità? Non riesco proprio a seguirla, almeno senza un bel po’ di distinzioni.
Cordiali saluti,
GP
A parte il fatto che secondo me L’ultima tentazione di Cristo era un pessimo film (con una bella colonna sonora), le considerazioni che fa nel suo articolo mi sembrano del tutto fuori luogo, e le conclusioni a cui arriva tutto sommato stupide.
“Vietare Cristo ai minori”: guardi che si vieta un film, non Cristo, c’è un bella differenza.
La ragione per cui Passion andrebbe vietato ai minori di 14 anni è, nè più nè meno, l’alto tasso di violenza, di odio e di compiacimento nel torturarlo che manifestano molti ebrei e molti romani nel film. Nascondere la verità ai bambini non c’entra niente.
La descrizione che lei compie dei riti religiosi cattolici con tanto di comunione=cannibalismo francamente lascia pensare che il suo anticlericalismo non vada di pari passo con la sua comprensione della spiritualità cristiana.
E non c’è niente di peggio di mettersi sulla cattedra per criticare qualcosa che non si capisce. Ad es.: quando la Chiesa ha raccontato la Passione come un delitto senza sangue, se non si fa altro che ripetere che Cristo ha offerto il suo corpo e il suo sangue ad ogni funzione religiosa? Il venerdì santo, di pomeriggio, nelle chiese viene esposto un crocifisso che viene baciato dai fedeli, anche dai bambini; i crocefissi che ricordo io avevano un Cristo sofferente, con i segni del sangue sulla testa, su mani e piedi, e sul costato. Se questa iconografia è per lei è troppo innocua, vorrei sapere in quale altra religione c’è n’è un’altra più drammatica. Ma secondo lei la verità è un Cristo completamente intriso di sangue, senza quasi più un brandello di pelle; e questa verità ha tentato di narrarla Gibson : da qui tutti gli anatemi contro di lui. Da quanto so la verità di Gibson sulla Passione è presa dallo studio della sindone: lei per caso crede alla sua autenticità? Verrebbe da pensarlo dal suo articolo. Perchè quel Cristo quasi scorticato vivo mediante la flagellazione, è l’immagine della sindone.
Ma che la sindone sia autentica è questione tutt’altro che certa. Anzi. Quindi, il principale merito di Gibson è di aver proposto una lettura meno edulcorata della Passione rispetto a quella degli altri film su Cristo. Si è avvicinato di più lui alla realtà? Forse sì, ma è più che lecito il dubbio che abbia superato di gran lunga i criteri di una rappresentazione realistica.
sì, un atto di civiltà davvero… ma allora perchè vietare/tagliare/censurare altri film per molto meno? censurarli solo perché mostrano un po’ di sesso magari. questa è ipocrisia. forse che “the passion” non censurato è un passo avanti per l’abolizione totale della censura? lo spero, ma ne dubito vivamente. tuttavia, secondo me, “the passion” è un “film” che andrebbe vietato a tutti, in realtà. è cinematograficamente pessimo nonchè culturalmente discutibile. saluti.