Poligono di tiro 5-4-2004
di Dario Voltolini
Mi sono ricordato che il 5 aprile si commemorano i partigiani fucilati dai fascisti nell’ex poligono di tiro del Martinetto, a Torino. Questo luogo è a un isolato da casa mia, e non c’ero mai andato. Oggi ho voluto per la prima volta visitarlo, nel 60° anniversario.
Non credo possa esistere un luogo più sobrio e essenziale e per giunta privo persino della retorica della sobrietà e dell’essenzialità. Senza tetto, la vecchia costruzione è ridotta a quattro mura, dentro cui un prato fa da pavimento. Qualche bandiera, le corone istituzionali, una lapide, una bacheca. Una siepe e dei fiori freschi appena messi.
C’erano altri quattro visitatori, e a turno ci si diceva, commentando il luogo, “ma che bel posto, non c’ero mai stato, eppure sono 50 anni che abito a Torino”, oppure “abito a duecento metri da qui…”, oppure “non sapevo nemmeno che ci fosse…”.
Mi sono chiesto cosa potesse significare “che bel posto” detto di un luogo in cui si fucilava la gente di schiena, tutti legati in fila su delle sedie. E mi pare di aver capito che significasse “che posto pulito, lineare, scarno, per commemorare e basta”.
Mi sono segnato i mestieri e le qualifiche dei fucilati, dalla lapide. Li riporto qui sotto.
***
Meccanico
Commerciante
Generale
Geometra
Studente
Bibliotecario
Capitano
Meccanico
Professore universitario
Mosaicista
Meccanico
Studente
Contadino
Calderaio
Meccanico
Operaio
Studente universitario
Tipografo
Impiegato
Studente
Studente
Studente
Rappresentante
Maresciallo dell’aviazione
Sergente maggiore
Elettricista
Bersagliere
Impiegato
Verniciatore
Muratore
Tubista
Meccanico
Contadino
Meccanico
Studente
Meccanico
Manovale
Meccanico
Pasticciere
Tenente
Meccanico
Impiegato
Impiegato
Impiegato
Verniciatore
Fotografo
Disegnatore
Carpentiere
Contadino
Tornitore meccanico
Ingegnere
Meccanico
Nichelatore
Motorista
Meccanico
Tenente
Perito agrario
Impiegato
Muratore
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Grazie Voltolini. Il suo “pellegrinaggio” e la trascrizione dell’elenco di professioni mi ha dato da pensare. Aggiungo un fiore a quelli che ha messo lei.
anche io ne aggiungo uno, più una preghiera. buona Pasqua
Bell’idea la trascrizione del successo, che poi è ciò che è accaduto davvero:). Mi limito ad aggiungere un libro ristampato di recente, che lascio li/qui virtualmente, in bookcrossing sotto la lapide del martinetto. E cioè la resistenza taciuta, dodici vite di partigiane piemontesi, Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina, bollati boringhieri gli archi 2003.
Riporto dall’introduzione:“…La lotta partigiana vide le donne nei GAP , nelle SAP, nelle formazioni di pianura e di montagna,nell’organizzazione di scioperi e agitazioni esclusivamente femminili (si pensi alle grandi manifestazioni seguite a torino alla morte delle sorelle Arduino) nelle carceri, sotto la tortura (e seppero non parlare!) , nella diffusione della stampa clandestina, nelle pericolosissime missioni di collegamento. Non solo come mamme di partigiani o vivandiere o infermiere di ribelli affamati o feriti, anche se furono pure questo, e quando tutto ciò poteva significare l’arresto, l’incendio della casa, la deportazione, la fucilazione…. Nel ridimensionamento, anzi nella polverizzazione che “il vento del sud” portò ai valori sociali della Resistenza in nome della continuità dello Stato, le donne partigiane furono doppiamente tradite: dalle forze politiche tradizionali e in molti casi, più dolorosamente, dagli stessi compagni di lotta. Dopo la Liberazione la maggior parte degli uomini considerò naturale rinchiudere nuovamente in casa le donne. Il 6 maggio del 1945 Tersilla Fenoglio non poté neppure partecipare alla grande sfilata delle forze della Resistenza a Torino. “Ma tu sei solo una donna!”, si sente rispondere da un compagno di lotta nell’estate del 1945 la partigiana Maria Rovano, quando chiede spiegazione dei gradi riconosciuti soltanto ad altri. E a Barge il vicario riceve il brevetto partigiano prima di lei.
E Nelia Benissone? Dopo avere organizzato assalti ai docks, addestrato sappisti e gappisti, lanciato bombe molotov contro convogli in partenza per la Germania, disarmato militari fascisti per la strada, anche da sola, e dopo essere stata nel 1945 responsabile militare nel suo settore, non sarà forse riconosciuta dalla commissione regionale come soldato semplice?….Alla fine della lotta armata, la stragrande maggioranza delle donne non si fece avanti per ritirare medaglie o riconoscimenti. Molte vedendo come avvenivano le assegnazioni, si astennero deliberatamente dal chiederle per non confondersi con i partigiani del 26 aprile. Anche per questo, le statistiche che indicano la partecipazione femminile alla resistenza sono così poco attendibili. Ma si può cogliere un altro movente di tale atteggiamento: chiamate dalla storia degli uomini a combattere in prima persona in un mondo in sfacelo, le donne agirono per risolvere il problema di tutti, non per fare carriera o ottenere posizioni di comando, com’è fondamentale movente, a volte magari anche involontario o inconscio, dell’attività maschile. Esse, pur tenute a lungo fuori dalla storia, si esposero senza esitare ai rischi della guerra partigiana….sentivano, come tutti gli oppressi, che non combattevano solo contro il fascismo, ma anche e soprattutto contro la disuguaglianza e l’ingiustizia.”
Quel posto non è un bel luogo.
Ci andai una volta almeno venticinque anni fa.
Quel tiro a segno scoperchiato, anche se lascia vedere un grosso pezzo di cielo, mi procurò un senso di oppressione costrizione vertigine soffoco.
Vidi i mestieri ed i nomi, abbassai la testa, pensai ‘tiro a segno, ‘poligono di tiro’ e mi trovai davanti a gente bendata in giacchetta o camicia, mani dietro la schiena legate davanti a un plotone di camicie nere.
Abbassai la testa me ne andai di colpo e non ci voglio più tornare.
Sento risuonare dentro:
poligono di tiro, tiro alla gente, tiro al bersaglio umano,
cristo, scusate