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Piloti israeliani rifiutano di bombardare Gaza

di Carla Benedetti

israelis.jpg

Il 24 settembre 27 piloti israeliani hanno dichiarato che non intendono più
compiere raid contro le città palestinesi della West Bank e Gaza. Tra loro il comandante che bombardò il reattore nucleare iracheno nel 1981. “Ci rifiutiamo di continuare a a colpire civili innocenti”.
Rischiano emarginazione, punizione e imprigionamento. Mandiamo loro una lettera di solidarietà!
Qui sotto le istruzioni per farlo.

Clicca sull’indirizzo qui sotto.

Troverai una lettera in inglese indirizzata ai piloti (Refusenik Pilots) e, per conoscenza, a
Foreign Minister Sylvan Shalom
Prime Minister Ariel Sharon
Take Action!

La lettera dice:

Caro [il nome viene inserito automaticamente]
Grazie per la sua coraggiosa decisione di rifiutarsi di intraprendere
missioni che danneggiano i civili nella West Bank e Gaza. La sua
determinazione e il suo coraggio motiva tutti noi che stiamo lavorando
per la pace tra Israeliani e Palestinesi.

Sinceramente [nome, cognome, indirizzo]

ga3.org/campaign/pilots_refuse/e5i6iw2q7kx577

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14 Commenti

  1. Ho un problema nell’invio, bisogna compilare i dati alla dx, i campi sono obbligatori ma per la provincia o regione ci sono solo gli stati dell’america. Non l’ultimo campo ma il penultimo.
    Se qualcuno è riuscito ad inviare mi può spiegare la procedura?

  2. Mah, io ho riempito il campo “country” scegliendo Italia, mentre ho lasciato in bianco il campo che dici tu. Anche se è segnato come obbligatorio il programma non si è lamentato e la mail credo sia partita, anche se poi chiedeva di inserire 5 indirizzi di posta e questo non l’ho fatto.

  3. Off topic. Su NI non si è parlato per niente di questa cosa qui:

    “Body Bags
    di Wu Ming 1

    0. E che s’aspettavano? D’essere accolti a Refosco e polenta? Ce n’est qu’un debut.
    1. I “nostri” soldati”? I “nostri” carabinieri? I *loro* carabinieri ce li ricordiamo molto bene in via Tolemaide, a Genova. Dei *loro* soldati ricordiamo le torture in Somalia, la morte di Emanuele Scieri e lo “zibaldone” del generale Enrico Celentano.
    2. I *loro* soldati sono in Iraq per difendere gli yacht e le Ferrari dei petrolieri, il cancro ai polmoni, il caldo da schiattare e, non ultimo, il crocifisso sul muro della scuola. Nobili cause per le quali paghiamo le tasse.
    3. I *loro* soldati continueranno a morire anche quando torneranno a casa. Quelli utilizzati in Kosovo stanno morendo come mosche. Zirconio e altri metalli pesanti nel loro sangue. I proiettili a uranio impoverito che la commissione Mandelli aveva giudicato innocui, e che in Iraq erano pioggia quotidiana. Non c’è da attendersi che questi morituri si ribellino, sono programmati per obbedire. Comunque salutant. Bye bye.

    Bologna, h.14:00 di mercoledì 12 novembre”

    vedo che sui forum è accolta con un grido di schifo, eppure ci sono anche delle cose vere in quello che dicono. Per lo meno bisognerebbe ragionarci su, invece il comunicato Vu Ming viene espulso analmente.

  4. grazie, riproverò.

    C’è stato un gran casino per lo scritto di Wu Ming 1, se n’è parlato anche su Repubblica di Bologna. Personalmente ci sto ancora riflettendo, ho letto i chiarimenti successivi e trovo che sia un pezzo molto provocatorio, anche se chi era fortemente contrario alla guerra non può che essere mosso da sentimenti contrastanti: la pietas verso i morti, la rabbia per la retorica nazionalpopolare, il senso di impotenza per non riuscire a evitare guerre evitabili…sicuramente non riesco a rimanere distaccata come se non fosse successo niente. E non ci si può indignare solo quando i morti ci appartengono, non ci si può dimenticare di tutti i civili che muiono ogni giorno sotto le bombe o di stenti…occorre veramente riflettere e ragionare.

  5. I Carabinieri, nella maggior parte dei casi, sono persone che cercano un’OCCUPAZIONE. Cioè un lavoro. Programmati per obbedire? Sono militari; dunque fanno quello che devono fare. Dove diavolo è la PIETAS??? Pietà l’è morta… Dice bene Gabriella, i sentimenti sono contrastanti. Ma quel pezzo di Wu Ming, che leggo soltanto ora, puzza di cinismo lontano un miglio, a mio modo di leggere. E anche d’interpretare. Sputare sentenze è facile, troppo facile.

  6. Credo che nelle intenzioni di Vu Ming dovesse essere un pezzo contro la retorica che si è vista in tv. Alcune cose sono vere, ad esempio il fatto che l’uranio impoverito dei proiettili causi la leucemia o che i militari là siano a difendere le Ferrari. Certo che considerato tutto non mi pare una grande uscita da parte di Vu Ming e non efficace contro la retorica e propaganda, che alla fine quelle dichiarazioni le usa per prendere forza. Anche a me è venuto in mente il fatto di cercare occupazione, e poi Pasolini.

  7. Il pezzo dei Wu Ming dice, senza perifrasi e cautele, alcune cose del tutto condivisibili: 1° dei morti erano prevedibili, 2° non credo che i soldati del mio paese ora in Irak facciano il mio interesse; e se questo è il prezzo di possedere due auto per famiglia, iniziate a pensare di cambiare qualche abitudine (o il vostro stile di vita); 3° i soldati che la patria ringrazia, la stessa patria manda allo sbaraglio, esponendoli a malattie mortali senza renderli consapevoli e senza proteggerli da tali rischi (dossier vaccinazioni e uranio impoverito, Serbia e Kosovo, dossier tabù di cui non si parla essendo troppo grossa…); 4° alcuni dei buoni soldati italiani in Somalia hanno torturato; alcuni carabinieri a Genova picchiavano (quattro o sei contro uno) i manifestanti, prendendoli a calci mentre giacevano a terra. Certo, per chi non ha la memoria corta, è facile pensare a tutto questo. Ma non è facile dirlo: perché appena provi a dire le cose fuori dai denti tutti s’indignano. La retorica no, pero’ nemmeno qualche sana verità. No, non credo che sia facile dire quello che i Wu Ming hanno detto. Non credo che sia facile in Italia, oggi. Non so se l’avrei detto cosi’; i carabinieri di Genova non sono quelli dell’Iraq, e anche se lo fossero, mi fa pena pensare alla loro morte. Eppure li sento estranei. Non li sento “miei”. E in definitiva credo che sia una morte insensata. Insensata perché non c’erano buone ragioni perchè fossero li; a nessuno di noi serviva che fossero li; nemmeno agli iracheni, ormai. Ma non è facile dire a dei soldati morti ammazzati: “siete morti per nessun buon motivo, per nessun motivo giusto”; certo, è davvero crudele dire questo. Eppure penso che sia andata cosi.

    Quello che comunque servirebbe è un’analisi seria di questo terrorismo islamico, togliendolo dalle sfere metafisiche del male, e ricacciandolo nelle sue ragioni politiche. Credo che analisi di questo tipo esistano, ma non se ne sente parlare sui grandi media. Anche se, crete testate statunitensi fanno analisi molto più audaci di quanto sia consentito sulla nostra stampa, schierata o meno.

  8. E’ vero quello che dice Andrea Inglese su certa stampa statunitense molto più audace della nostra. E i Wu ming si possono anche condividere nella sostanza di molte loro affermazioni, va bene. Ma la forma, dove la mettiamo? Non sono capace, ora come ora, di aprire un dibattito con chicchessià (nemmeno con me stesso) sull’importanza della forma; ma certe cose, Andrea Inglese, vanno dette con cautela, io credo fermamente. Mettersi il mitra in bocca e sparare è facile, parlo dei Wu Ming; ma serve a qualcosa? Anch’io sono stufo del bombardamento massmediatico di questi giorni, stanco della retorica; e infatti tengo il televisore spento, faccio altro. Per me non è una gran perdita. Ma perchè mettere nello stesso calderone i morti di Nassirya e i soldati italiani in Somalia, che hanno torturato ecc.? (Lo sappiamo bene).Lo so che il motto “Italiani brava gente”, così come il film di De Santis omonimo, è una cazzata vecchia come il cucco. Gli Italiani sono stati colonizzatori spietati come e quanto hanno potuto. Ma non si possono, a mio sommesso parere, mettere tutte le cose in un falò e bruciare. Non è quello che fai tu, Inglese, è chiaro, perchè tu ti limiti ad affarmare, di tuo, che questi carabinieri non li senti “tuoi”. E io sono d’accordo. Ma rileggiamo la “provocazione” di Wu Ming (a proposito, ce ne è bisogno di queste provocazioni proprio ora?): è una serie di sparate, condivisibili in parte, è vero, ma siamo sempre lì: la forma, spesso, fa la sostanza. Dov’è il coraggio? Io non ce lo vedo, con tutta la buona volontà.

  9. Va bene, franz. Hai ragione. Anch’io ho percepito nel testo di Wu Ming, che ho letto qui per la prima volta, l’effetto calderone. E la forma è davvero povera, a slogan. Sta bene. Ma non avverti tu questa sensazione strana? Mi spiego. Non ti sembra che in Italia c’è un tizio che ogni giorno proclama a gran voce di essere persona degnissima, corretta, sincera, democratica, e che ha in mano le soluzioni per tutte le malattie, ecc. (per parlare solo di Mister Banana), e che quando uno qualsiasi di noi, in un angolo di casa sua, dice una mezza verità scomoda, la deve dire sempre più sottovoce. Ma usciamo dall’Italia. I capi di stato occidentali (per parlare solo dei nostri) sparano palle a tutta birra, con megafoni mediali da assordare un paese, e quando io provo a dire una verità scomoda devo mettere la sordina alla mia già labile voce. Stiamo introiettando questa paura della verità. Non mi spiego altro modo il disastro della sinistra ufficiale. E quando viene fuori, dal sondaggio, che gli europei pensano a Sharon come ad un guerrafondaio, ODDIMAMMAMIA. Qualcuno chieda scusa per questa massa di rincoglioniti. Chieda scusa prima che qualcuno del governo israeliano di destra dica in malafede che questi europei sono antisemiti.
    Certo. Le differenze sono fondamentali. E gli slogan di Wu Ming non vanno per il sottile. Va bene. A noi di riprendere il discorso, articolarlo meglio, renderlo più affilato e preciso. Ma non scandalizziamoci per i Wu Ming, scandalizziamoci per le lacrime di Berlusconi.

  10. Caro Andrea, percepisco l’effetto “banana” (una distosione TOTALE della verità)molto bene anch’io. E mi fischiano le orecchie. Non ne posso più. Quell’uomo (uomo?), ma si, appartenente alla specie umana (siamo sicuri che sia la migliore delle specie possibili, quella umana?), insomma quello lì… è quello che è. Chi è? L’uomo che si butta in politica per lavarsi i capitali sporchi (la Svizzera lava più bianco, ma l’Italia usa BOLT!)in casa. Sono d’accordo con te, perdiana, altrochè! La stampa di questo paese è asservita al potere, nel senso che non esiste (o esiste solo a spizzichi e bocconi amari, scusa i giochi di parole, mi servono anche per resistere allo schifo)una libertà dell’informazione. Non esisteva ieri come la vorremmo noi democratici veri, tantomeno esiste oggi. In Inghilterra Blair spara cazzate, si, yes, e gli altri pure, ma un minimo di critica feroce sui giornali ‘sta gente se la becca. Da noi no. Dunque a me la sordina in gola fa venire le emorroidi al posto delle tonsille, davvero. Israele è un tabù, anche qui hai ragione. Tutti hanno paura a parlar male di quello che fa quell’antidemocratico (non uso la parola nazista perchè quelli sono stati proprio i peggiori, credo “insuperabili”, e cerco di dare a Cesare quel che è di Cesare, seguo il Vangelo, insomma…). E poi se le bombe le tira Israele va quasi bene, Fiamma Nirenstein ce lo ricorda dal suo esilio “dorato” (anche senza virgolette) di Tel Aviv, città per inciso, molto poco religiosa. I morti arabi puzzano più (anche e soprattutto da vivi) di quelli israeliani. Ricordiamoci di Beirut. Io me lo ricordo, me lo ricordo. Sharon è nella cricca. Quando Begin è stati fatto fuori a premere il grilletto è stato un estremista della destra del suo paese. Gli estremismi… Non si toccano mai veramente tra loro, anche se sono sporcaccioni. Niente sesso, siamo inglesi (non tu, ovvio!)siamo americani, siamo italiani ecc. La questione, diciamo così ebraica, ci fa stare sempre sul chi va là. Dici qualcosa che a loro non va bene? Sei un antisemita. (Parlo degli ebrei intransigenti, ovvio). E’ questo tabù ce lo portiamo anche noi. Non siamo liberi di dire che Sharon e il suo governo e gli intransigenti (troppi) del suo paese sono quello che sono perchè sotto sotto abbiamo paura di essere tacciati di “antisemitismo”. Guarda, Andrea, io sono di orgine tedesca, e se c’è uno che ammira molte cose (soprattutto in arte) degli ebrei quello (anche quello) sono io. Forse ho sforato. Ritorno ai Wu Ming. Secondo me gli slogan lasciano il tempo che trovano. Non so, mi sembra tempo ed energie sprecate. Si ritorcono contro chi li ha sferrati con la rabbia dei suoi convincimenti. Possono essere usati come prove a carico. Comunisti!!! (eccetera).
    Sulle lacrime di Berlusconi, infine, caro Andrea, io non mi scandalizzo.
    Mi viene da vomitare.
    Ma resisto col conato in gola.
    Alla prossima!
    Franz

  11. Questi morti sono ripetutamente ammazzati dalla retorica di livello bassissimo che i nostri spaventosissimi media ci cacano addosso. Sono ulteriormente ammazzati dalle comparsate di uomini non all’altezza della situazione (di nessuna situazione) semplicemente megafonati dai media. Sono e saranno continuamente ammazzati dalla pochezza dello stato che li ha mandati a morire, della classe politica che ora ne parla e che COME SEMPRE non ha mai mosso il culo dalla schifosa sedia, dal caldo del caminetto d’ordinanza. Non mi interessa che siano o no eroi, il fatto è che sono morti e saranno ripetutamente ammazzati dall’uso politico-mediatico che di loro verrà fatto. Ma nella trappola mediatica ci siamo dentro tutti, ed è incredibile che un proclama a favore del terrorismo venga emesso da una brigatista e trovi un’eco in qualche luogo che non so e che non so se voglio conoscere, è mostruoso che una simile posizione venga espressa e che venga riportata. Nessuno sa di cosa sta parlando, nessuno sa nemmeno dire se i carabinieri al fronte sappiano (siano stati informati) della realtà delle cose. Nessuno sa nulla, tutto è occupazione di spazio informativo, immagini – come si sapeva – ma purtroppo (lo dico da scrittore e cioè riferendomi alla mia materia prima) soprattutto PAROLE. Occupare tutto lo spazio-tempo con mediazioni composte di parole senza senso alla lunga distruggerà la possibilità stessa di dire qualcosa di sensato, perché disattiverà il senso stesso delle parole, le renderà meri suoni più o meno piacevoli da ascoltare in certe combinaizoni. E allora chi avrà qualche verità da comunicare non potrà più farlo, anche se gli venisse dato tutto lo spazio informativo del mondo. Chi avrà qualche fatto da raccontare non potrà più farlo perché non esisterà più la cunzione referenziale della lingua, anche se parlerà per giorni e giorni senza interruzioni pubblicitarie. E’ per questo che i morti non andrebbero teorizzati, non almeno mentre sono ancora caldi, cazzo. Sono lì, nella loro impossibilità di continuare – che invece chiunque ne parli ha – e vengono usati da iene e sciacalli. Non sembra esistere alcun contenuto, non sembra esistere nulla al di fuori dell’attenzione che una notizia accende o non accende. La notizia potendo essere qualunque, compresa una strage. La vergogna che la nostra classe politica dovrebbe provare di fronte a questre bare, per il mero fatto che sono bare e non poltrone, è anzi il motore di una propaganda elettorale continua, di mascheramento, di vaporizzazione del fatto stesso di cui si tratta. Non esistono luoghi, non esistono spazi, forme di discussione per la popolazione italiana, non esiste la possibilità di raccogliersi a riflettere e a pensare, esiste solo la possibilità di scegliere fra posizioni quantizzate come differenti, impacchettate, perché è lì che si combatte la battaglia più dura, cioè quella dell’annullamento delle coscienze personali, battaglia che sembra sempre sul punto di essere vinta, ma che miracolosamente non lo è ancora. Voglio dire che applaudire alle bare non è diverso da fischiare alle bare, se non per una questione di gusto e opportunità e di senso della vergogna e della decenza (a scanso di equivoci, io credo che sia indecente fischiare, anche se non credo che sia decente applaudire). Ma entrambe le reazioni, essendo reazioni alle bare di tipo mediatico-ideologico, sono cose senza senso alcuno. Sono espressione di una salivazione pavloviana e poco più, perchè niente di quello che è successo e succede e sta per succedere è coinvolto nell’applauuso da stadio, e nemmeno nel fischio da stadio, essendo “da stadio” l’espressione principale, qui. I tempi sono altamente drammatici perchè nulla può essere detto senza essere in seguito meccanicamente dirottato in un alveo già composto, pre-parato, in attesa delle nostre frasi e dei nostri commenti: l’alveo del pro/contro. I nostri sforzi di capire e di discutere finiscono tritati tutti lì dentro. Questo è il volto dell’ideologia senza nome che può apparire progressista o reazionaria come le pare, spesso contemporaneamente: con un piede di porco di dimensioni planetarie si stanno staccando le parole dalle cose, le frasi dai fatti. Anche di fronte alle bare questo avviene, anzi, sopratuttto di fronte alle bare, anzi ancora: grazie alle bare. E’ insopportabile persino il timbro vocale dello speaker che ora sta parlando in Lucignolo e ascolto con la coda dell’orecchio: ma mi rendo conto che un tono di voce sta diventando il mio nemico, mentre invece ci sono dei morti in questione. Di fronte ai morti, io, che faccio tanto il saputo, non trovo di meglio che prendermela con il tono di voce di uno speaker della tele, con il fatto che lo sonorizzano con Dylan e Lennon. E’ questo che mi porta alla disperazione.

  12. Oggi mi è arrivata una risposta, la posto qui:

    “Thanks for your support and warm words. We are happy to find out so
    many people supporting us in our refusal to take part in the
    extremist narrative that dooms us to bloodshed and despair.

    May our cry be fruitful

    Eshel Heffetz”

  13. Be’, trovo semplicemente incredibile l’espressione “extremist narrative”. Ma vi rendete conto?
    Mi viene perfino da ridere, ho riso quando l’ho letta: una risata di stupore, di completo spiazzamento per la lucidità spaventosa con cui l’uomo che ha usato questa espressione ha compiuto un atto semplice, potente, di interpretazione del reale. E poi un senso di vicinanza e di calore, nello scoprire che quest’uomo usa le nostre stesse categorie, applicandole a una realtà lacerante come quella che sta vivendo.
    Non ho davvero nient’altro da dire.

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