sognando aa roma
di Aldo Nove
aa vita a parte i scherzi è probblematica
aa gente se dimentica li probblemi de aa vita
ciascuno tifa pe aa sua squadra e se scorda de li morti che aa televisione fa veede
mentre aa gente dovrebbe un pochino de reflette
anche aa questione de sti africaani che se morono pe venì a tifà aa roma
na catasta de morti su le barchete
per corpa der governo
li poveraci che se sognaavano de venì a vede r campionato nostro
li mejo campioni de aa roma
li stracioni
li morti dde fame
sognando aa roma
na pigna de morti così
che se li fucilerebero è mejo subbito
piutosto che sti poveraci che se mojono ne le barchete
per corpa der governo che non fa n cazzo
co i arbitri trucati
perchè non ce stanno più le partite de na vorta
anche se la aa roma è sempre aa roma
na puzza de morto
l’ano fatta vede aa r teleggiornale
sognando aa roma
ce stava pure na dona nuda
che pareva n morto
che pareva n omo
ma che era na dona seporta da i aartri cadavveri
se si refletterebbe de questo
er governo de li comunisti
anche sto fatto de l’universo e aa deriva de i continenti
sognando aa roma
che annassero a di aa berlusconi de proteggece da li comunisti
li peggio frocioni morti republiccani
sognando aa roma o per r esempio
a dicere de sto fatto de li viaggi de aa speranza
de mijaia de gnoranti cche se morono dentro aa sto cazzo de mare
de maria de filippi
de noi attri
sognando aa roma
mijoni de morti
sognando aa gippe
r fuoristraada
e straafighe de aa televisione
li mejo film
come totti se ncula aa juve
de l’africa
dee prostitute
de l’adiesse
sognando aa roma
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Penosa. ( perchè, essere tifoso daa Rooma o de che cazzo voi non è forse na cosa probblematica?)
Esser tifosi è esattamente ciò che invece di far scordare fa ricordare.
Il calcio è un tabù. Anche gli intellettuali più lucidi diventano improvvisamente irrazionalisti scatenati nel difendere questa spaventosa macchina di sostituzione della realtà e di sterminio dell’immaginazione, questo surrogato emotivo di scarico delle eccedenze passionali (parlo in generale, non sto accusando Luminamenti per la sua obiezione – un po’ sibillina, per la verità). Un decimo dell’energia devoluta al calcio basterebbe a risovere i problemi dell’ambiente, di assistenza sociale, di solidarietà spicciola con il vicino di casa. L’apparato di propaganda e penetrazione spirituale del calcio è così pervasivo da avere spappolato ogni residuo di anima, così come ha occupato militarmente gli Schermi, la Visione serale, preonirica ma già completamente allucinata, dell’Italiano Trionfante. La poesia di Aldo Nove mostra bene come il calcio sia diventato anche categoria interpretativa di tutto (prima di lui, lo ha mostrato per esempio Carlo d’Amicis nel bel romanzo “Il ferroviere e il golden gol”, edito da Transeuropa: il protagonista fa esattamente quello a cui accenna Luminamenti: RICORDA TUTTA LA STORIA DEL CAMPIONATO, tutti gli aneddoti, i risultati… E’ “probblematico” che un ricordo ne occupi lo spazio di un altro. E’ “probblematico” che un sistema articolato di ricordi diventi mitologia, liturgia, religione e morale attiva, motore etico delirante). In particolare, la Roma è il tabù del tabù. Ricordo una volta in cui in una serata di lettura pubblica mi sono permesso di fare una battuta sulla Roma, a Roma: un accenno per niente sarcastico, piuttosto blando, anzi. Risultato: musi lunghi, reazioni offese. E’ più grave toccare la Roma che la democrazia, il crocefisso, la libertà, l’amore.
Concordo con Tiziano. Banché io abbia scritto un libro di argomento calcistico e benché io ami quello sport e benché io sia legato a quello sport anche per ragioni familiari, concordo con Tiziano. Lui chiama “Macchina di sostituzione della realtà” quello che Forest chiama “trompe-l’oeil aux dimensions du monde” e altri chiamano in altri modi, ma che tutti conosciamo. Il senso di perdita della realtà è molto forte in questi anni, ma siccome la realtà, quando la scorgiamo attraverso certe smagliature, è terribile, ci lasciamo giocare semiconsapevolmente dall’illusione, per l’angoscia che ci provoca rispondere direttamente alla realtà.
La sintesi perfetta di quello che in modi diversi dicono Aldo Nove, Scarpa e Voltolini (anch’io non ho capito bene il senso dell’osservazione di Luminamenti) si è vista lunedì scorso, in quello che continua nonostante tutto a essere un piccolo spazio creativo della televisione italiana, La7. Ospite del Processo di Biscardi era Andreotti.
Salutato da ovazioni, gratificato da risate crepitanti a qualunque accenno di battuta, sommerso da applausi che partivano regolarmente dal clap clap di Biscardi in primissimo piano sonoro, Andreotti ha detto la sua sul processo che lo ha coinvolto, sulla Roma e sulla vita in generale. Era solo l’ultimo di una serie di politici che fanno di quella trasmissione una vetrina insostituibile (particolarmente mefitico La Russa nei panni, ahimè, di supertifoso interista).
Andreotti chiamava amorevolmente Biscardi per nome, Aldo, e gli dava del tu, mentre il leccapiedi peldicarota rispondeva con un lei sbrodolante. Quando da uno dei giornalisti sportivi inginocchiati gli è stato chiesto, con grande timing, di esprimere un giudizio sul comportamento dei suoi colleghi parlamentari nei confronti della sua vicenda processuale, Andreotti (scusate se ripeto il cognome, ho difficoltà a usare epiteti, appellativi, antonomasie o altro) ha detto che gli erano stati tutti molti vicini, tranne “qualche carognone”.
Vale a dire: in quel contesto plebiscitario e di azzeramento del logos si è potuto permettere di riferirsi a Violante & C. in modo infinitamente più violento di quanto non avesse fatto in QUALSIASI ALTRO CONTESTO PUBBLICO O MEDIATICO.
D’altronde lo si può capire: viene da dieci anni di “calvario” e d'”inferno”, termini d’obbligo nei tg dei giorni scorsi.
Dieci anni in cui ha scritto e pubblicato libri, è rimasto allegramente seduto sulla sua poltrona di senatore a vita, ha tessuto trame politiche, ha goduto di onori e privilegi di cui conosciamo solo una piccola, pittoresca parte, è andato ospite in ogni sorta di trasmissione televisiva (perfino non calcistica), e sempre lo spettacolo offerto dai suoi interlocutori è stato quello dell’elusione sistematica di qualsiasi riferimento delegittimante al suo processo; e, soprattutto, alle responsabilità politiche che ora, dalla sentenza di quel processo, vengono elegantemente seppellite insieme a quelle criminali (queste ultime probabilmente davvero inconsistenti: un boomerang, alla fine).
Se QUESTO è un calvario e un inferno, sono costretto, come tutti, a cercare con molta preoccupazione una definizione che si attagli alla mia vita e alla sua pochezza.
Sono d’accordo su quello che ha detto Tiziano e su quasi tutta l’impostazione del discorso dato da Montanari e Voltolini. Mi è sembrato solo di leggere nel testo di Nove altro e non esattamente quanto detto da Tiziano Scarpa.
E, mi sembra, non vada oltre il grido di protesta (quello che già fa il telegiornale, la televisione e il tifoso!). Gira intorno. E si può protestare meglio anche in quell’idioletto.
Naturalmente si può protestare anche nella forma poetica. Ma di queste proteste e in questa forma mi sembra già di averne consumate. Ho dubbi sulla capacità di rimanere, perchè quello che dice mi sembra che tifosi, intellettuali televisivi e gente comune già ne hanno piena consapevolezza.