Maneggiare con cura
di Benedetta Centovalli
«Ma c’è un luogo in cui possiamo sempre trovare qualcosa di autentico: il focolare di un amico, dove poter condividere le nostre piccole preoccupazioni, trovare calore e comprensione, dove i meschini egoismi sono inconcepibili e dove vino, libri e chiacchiere danno un significato diverso all’esistenza. Allora sappiamo di avere conquistato qualcosa che nessuna falsità può corrompere e ci sentiamo a casa», scrive Max a Martin. L’amicizia è stata da sempre un tema forte nella letteratura. Le grandi storie di amicizia sono state anche grandi storie d’amore e hanno attraversato tutte le tradizioni. Dallo scaffale della contemporaneità sono tanti i libri che ci vengono incontro offrendoci il racconto di questo sentimento comune a ciascuno di noi.
Tuttavia tra le letture recenti un cammeo perfetto di questa esperienza ci è dato dal celebrato Destinatario sconosciuto, racconto lungo in forma epistolare di Kathrine Kressmann Taylor (ora Bur, 2003) che narra la storia dell’amicizia tra l’ebreo americano Max e il tedesco Martin, soci in affari. È la fine del 1932. Lo scambio epistolare inizia quando Martin lascia la California per rientrare in Germania e termina nel 1934. Uscito nel 1938, il racconto metteva in guardia in sorprendente anticipo sui tempi contro gli orrori del nazismo ed è stato riconosciuto come un atto di accusa tra i più formidabili che la letteratura abbia mai mosso contro la Germania di Hitler.
Kressmann Taylor lavora a fondo sull’ambiguità del sentimento amoroso dell’amicizia, sa che nello snodo di questa privatissima e delicata esperienza può far esplodere e rappresentare il dramma di un’epoca e di una generazione. E lo fa da grande maestra senza indulgenza, senza pietà, attingendo solo l’indispensabile. Mette prima a nudo il rapporto amicale come dialogo serrato tra l’io e l’altro, l’uguale e il diverso. Poi scatena il finimondo.
Il meccanismo a orologeria della storia non lascia respirare. Carteggio a doppio senso, andata e ritorno di un pugno di missive. Ciascuno dei due protagonisti è mittente e destinatario in uno scambio fisiologico che nel racconto prepara il doppio binario della storia, la sua agnizione. La dicitura Destinatario sconosciuto rimbalza due volte per Max, l’ebreo tradito dall’amico, la prima volta drammaticamente e significherà la morte della sorella, la seconda volutamente, quando la sua vendetta si sarà compiuta.
Ma è la partitura coerente e micidiale del carteggio a rendere indimenticabile questa storia, a fare della sua verticalità un assoluto narrativo, per la collaudata impossibilità di abbandonarsi al racconto disteso ma serrandolo alla registrazione degli eventi, contraendolo nello spazio della lettera, che diviene non cornice o mezzo ma motore vivo della vicenda e poi protagonista quando le lettere stesse si fanno destino o vendetta. E insieme racconto misterioso di questo sentimento. A dirci quasi che il passaporto della comprensione penetra attraverso la porta stretta dell’affettività, a metterci in guardia dalle derive ideologiche e dall’intolleranza. Per Max il tradimento di Martin è doppio, ideologico e privato, ferisce l’intelligenza con l’adesione al nazismo e all’antisemitismo e la sfera della fiducia e della confidenza, quando rinnega anche i presupposti dell’amicizia, ciò che dovrebbe rimanere comunque al riparo se mai possibile anche dalla Storia.
Nel genere breve un altro racconto notevole e struggente è quello di E. Annie Proulx, Gente del Wyoming (Baldini&Castoldi, 2001), storia di un’amicizia ancora maschile che questa volta si tinge dei colori della pulsione erotica e della passione. Ennis e Jack si incontrano sulle montagne del Wyoming e scoprono di nutrire un’attrazione reciproca molto forte. Hanno meno di vent’anni e cercano di avere una vita decente nelle terre aspre del Nord America. Sono due cowboy innamorati delle praterie, dei pascoli e degli animali e negli spazi deserti e maestosi delle montagne vivono una loro normalità rispetto a un’America solo di ieri tanto tradizionale quanto retriva e violenta.
Il racconto della Proulx si regge sul contrasto tra i paesaggi incontaminati e una quotidianità stenta mentre la storia d’amore dei due giovani tesse una tela di opposte sensazioni impastate di affettività e dolore: «Ognuno rispettava le opinioni dell’altro, ben contenti di avere trovato buona compagnia là dove non c’era da farci conto. Ennis, mentre tornava dalle pecore cavalcando controvento nella luce insidiosa e ubriaca, pensò che mai si era trovato tanto bene, gli pareva quasi di poter cancellare il bianco della luna».
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Pubblicato su Stilos il 30/9/2003