Ieri passeggiavo per Milano…
… e quello che ho visto avvicinandomi al Duomo è stato:
Dario Voltolini
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… e quello che ho visto avvicinandomi al Duomo è stato:
Dario Voltolini
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“Un popolo civile vive in mezzo alle sue opere d’arte” (B. Munari), noi in mezzo alle nostre armi.
Caro Dario, la cosa sconvolgente di tutto ciò è che è passata in silenzio…ne sono venuta a conoscenza ascoltando radio pop l’altro ieri. Da quanto ho capito ci sono in atto parate militari per l’ istituzione di una giornata (4 ottobre)dedicata all’ esrcito. Se ho capito bene.
p.s.
Non dovremo per caso dare del profeta a Montanari?
Qs foto ricordano tanto lo scenario di Che cosa hai fatto.
ciao, Gabriella
Se permettete, il “profeta” prova a dire qualcosa controtendenza.
Io penso che l’esercito sia necessario, per uno stato. Naturalmente se si contesta già la nozione di stato, come credo faccia implicitamente l’anarchico a me carissimo Voltolini, la discussione non comincia nemmeno. Ma se gli stati esistono, esistono anche relazioni basate sulla forza; negarlo vuol dire negare la storia dell’umanità. Oltre a questo, l’esercito ultimamente ha trovato sempre più spazio in azioni che potremmo definire “civili” (interventi in caso di disgrazie naturali ecc.), adoperando a buon fine le proprie risorse umane e tecnologiche.
L’esercito a uno stato serve, dentro e fuori dai confini. Altrimenti al momento del bisogno si finisce sempre per ricorrere agli eserciti ALTRUI, con tutte le conseguenze del caso.
I problemi sono due, molto semplici.
Uno è l’uso che se ne fa. “La guerra è una faccenda troppo seria per farla fare ai generali”, è stato detto, e non ho altro da aggiungere. L’esercito assomiglia spesso, per sineddoche, alla pistola che compare in una commedia. I testi di narratologia e i manuali di drammaturgia dicono che se nel primo atto della commedia (o nel primo capitolo del libro) compare una pistola, questa pistola prima o poi DOVRA’ sparare.
L’altro è l’annullamento sistematico della personalità individuale che è NECESSARIO, temo, per formare un esercito. E’ evidente che nel corso di un’azione di combattimento, di soccorso, di qualsiasi natura, non è pensabile che un ufficiale dia un ordine e che ciascuno lo interpreti a modo suo oppure tutti si fermino a discutere con lui il bi e il ba dell’ordine stesso e delle circostanze che lo hanno suggerito. Per ottenere la compattezza, lo spirito di corpo, l’efficienza, il soldato è sottoposto fin dal giorno in cui mette piede in caserma a un addestramento pavloviano, pieno di risvolti grotteschi e umilianti, il cui scopo non può non essere il suo annullamento come coscienza individuale pensante e critica. La personalità del soldato viene schiacciata ai margini, ridotta a sopravvivere nelle chiacchiere sulla branda o nelle visite in famiglia, oltre ovviamente che negli incubi e nei pensieri inconfessabili. E questo, se riesce, genera una sottoumanità di zombie, di automi; se non riesce, produce un esercito inefficiente che spesso fa più danni di uno efficiente (vedi vari casi in cui per troppa “umanità” non si è compiuta un’interdizione dura ed efficace, e si è lasciata mano libera a gente che invece aveva solo in mente di compiere massacri et similia).
Credo che l’esercito, la sua esistenza, il fatto che sia composto di esseri umani forzatamente dis-umanizzati (almeno in parte, almeno nel loro essere soldati) costituisca una delle contraddizioni più gigantesche della società in genere, una contraddizione probabilmente irresolvibile. Una specie di orrore necessario, che da qualunque lato lo si guardi non perde né la sua necessità né la sua orripilanza.
Lo dico con umiltà, senza pretendere di capirci più di altri.
D’accordissimo col profeta Montanari, lo Stato non può rinunciare all’esercito, nè agli altri corpi che quando è necessario sono in grado di usare la forza. Anche se esistono a dire la verità eccezioni buffe però funzionanti come il Costa Rica. Non ha esercito, ne polizia, ma soltanto il corpo dei Bomberos, cioè pompieri tuttofare. Un’anomalia per l’america latina dove c’è un colpo di stato ogni anno. Sarà perché è un popolo pittosto gentile, il loro territorio è quasi tutto parco naturale, sono la prima nazione al mondo per biodiversità, cioè sul loro suolo vive e spunta di tutto, dalle rane rosse di un centimetro alle tartarughe giganti, dalle orchidee al temibile albero matapalo.
Comunque tornando alle foto di Dario, io capisco l’esigenza dell’esercito, però quando in una corte invece di un bel pozzo o dei limoni di Montale o di una scultura in legno di Ceroli ci trovi un F-104 (che poi è un aereo preistorico, detto “bara volante” perché ammazza più piloti che nemici), ecco penso che Munari abbia ragione, che un popolo civile vive in mezzo alle sue opere d’arte.
Scusate, off topic, ma importante, dal sito della Minimum Fax:
” a febbraio dovrebbe uscire l’antologia “burned italia” a cura di Raimo e Lagioia che include anche i loro racconti e il cui titolo non è ancora definitivo, ma per ora ha a che fare con la qualità dell’aria… ragazzi, si prospetta una bomba, altro che cannibali!”
Oh Profeta! Io non sono mica poi così anarchico, purtroppo. Il cuore batterebbe lì, ma ricordo quella frase che dice “ho smesso di essere anarchico quando ho visto cosa succedeva in città al prolungarsi dello sciopero della polizia”. Resto quindi proprio dentro la contraddizione dolorosa che dici. Non vedo da che parte posso uscirne. Ho fatto l’obiettore di coscienza per evitare quella disumanizzazione che dici.
Tuttavia.
L’esercito che ci difende è una cosa bella. L’esercito che difende i nostri confini è una cosa grata. Lo sta facendo infatti in Afghanistan e in Iraq (sapevo che eravamo un “grande” Paese, ma non credevo che fossimo un Paese così “largo”). Quindi siamo tecnicamente impegnati in azioni militari attive (guerra?). Lo sfoggio di un paio di camionette desolate, di un aereo ancora da spacchettare e di un carrarmato con sopra un giovane soldato che si fa fare le fotoricordo insieme alle ragazze che salgono sulla torretta, nel centro di Milano, la capitale morale del paese!, mi pare tutto tranne una corretta azione in favore dell’esercito. Mi pare una delle tante cadute di tono che fanno del nostro Paese una contrada da operetta, per quanto feroce e ringhiante. Una signora protestava con un militare, ieri, e diceva che le sembrava fuori luogo quella messinscena. Il militare le ha risposto “Sigora, l’esercito è necessario, per la difesa”. Allora esponiamo anche Buffon e Nesta, se l’argomento è questo!
Caro Raul, io vorrei poter essere l’anarchico che tu credi, ma non ce la fo.
Resto comunque un cittadino avvilito.
Per Andrea: d’accordo, ovviamente; tieni solo presente che il bivacco delle bare volanti ecc. si spera duri qualche giorno al massimo, mentre i monumenti (pochi) che abbiamo se non altro stanno lì da anni e secoli, e auguri per il futuro. Per questo trovo leggermente incongruo (l’aggettivo non è affatto ironico: cerco di definire la quantità di questa incongruità, che è modesta) usare l’assoluto munariano per confutare una pagliacciata transitoria. Per usare una metafora, appunto, militare: è talmente ovvio che hai ragione, che è un po’ come sparare sulla Croce Rossa.
Per Dario: anch’io ho fatto il servizio civile, appunto per sottrarmi allo smantellamento cerebrale che mi aspettava in caserma. Mi era sfuggita una sfumatura importante delle tue foto: che quello tu riprendi è innocuo e ridicolo, non inquietante e tenebroso. Sono stato sicuramente influnzato in questa lettura dai primi due commenti, di Andrea e Gabriella, soprattutto dal secondo che mi sembra politicamente molto reciso e contiene un riferimento affettuoso a un libro in cui, come sai, l’esercito invade DAVVERO Milano per picchiare e reprimere.
Insomma, non ho capito un cazzo perché avevo una distorsione percettiva, dovuta ovviamente alla mia personale lettura dei due commenti, non ai commenti in sé. Adesso è tutto più chiaro.
Allora, vi racconto un aneddoto che credo non conoscete perché probabilmente non eravate a Parigi nel 1959 in un piccolo cinema dove si proiettava prima del film il cinegiornale sull’algeria, e un signore coi capelli bianchi un po’ leonini, guardando le immagini trionfalistiche del suo esercito, scattò in piedi e con lui altri spettatori vicini, e se ne andarono in fila come un plotone, mentre il signore coi capelli bianchi, che era André Breton cantava: Vive L’arméerde! Vive L’arméerde!
Io e Voltolini nel 59 nascevamo, figurati!
Certo che questi francesi con la merde ci fanno proprio di tutto, un po’ come noi col cazzo. Si potrebbe fare uno studio sulla parolaccia chiave per ogni lingua e nazione, e vedere cosa ci si combina.
PS Particolare un po’ buffo, un po’ sinistro: sapete che anche la Croce Rossa è, sotto molti aspetti, un’organizzazione militare? Infatti, in situazioni belliche, un infermiere della Croce Rossa ha diritto di dare ordini a un infermiere civile, di requisire materiale, ecc. Gli infermieri che lavorano negli ospedali guardano quelli della Croce Rossa esattamente come noi guardiamo i militari. Questo me l’ha spiegato una ex infermiera, e da allora, non so perché, guardo la Croce Rossa con un po’ di… boh, non mi viene la parola.
Oh! caspita, mi rendo conto che per il desiderio di lasciare messaggi brevi, a volte salto qualche passaggio. Dato che ho letto solo ora tutti i commenti, cercherò di chiarire meglio quello che volevo dire. Non nego l’ importanza e la necessità dell’ esercito per uno stato, però tutto ciò ha un po’ il sapore di campagna elettorale per reclutare nuovi consensi. Sicuramente il mio era un commento politicamente molto reciso: ahimé non ce la faccio proprio a non farne, sarà un mio limite.Le pagliacciate anche se transitorie stanno divventando un po’ troppo all’ ordine del giorno. E quindi mi unisco all’ avvilimento che prova Dario come cittadino per la caduta di tono a cui assistiamo giorno dopo giorno nel nostro bel paese.
Per quanto riguarda il riferimento al tuo libro, caro Raul, tu sai come io lo abbia amato. E quando ho visto le foto ho pensato, con un po’ di ingenuità, che avrebbero potuto essere benissimo illustrazioni contenute nel tuo libro. Da lì è nato per gioco darti del profeta. Tutto qui.
Con affetto, Gabriella