I pacifisti sono antiamericani?
di Raul Montanari
“C’è un’obiezione alle manifestazioni pacifiste che definirei classica, alla quale non ho mai, dico mai, sentito dare l’unica risposta giusta.”
Caro Mieli, le scrivo per sottoporle una brevissima considerazione su quello che mi sembra un anello mancante in molte discussioni sul pacifismo. C’è un’obiezione alle manifestazioni pacifiste che definirei classica, alla quale non ho mai, dico mai, sentito dare l’unica risposta giusta. Quando, nei dibattiti televisivi, i sostenitori di questo come di altri interventi armati zittiscono i loro avversari rinfacciandogli di non essere mai scesi in piazza contro Saddam, perché tutti sembrano imbarazzati, come di fronte a un argomento vincente, e nessuno risponde la cosa più ovvia?
Scendere in piazza contro Saddam non avrebbe nessun senso, da parte degli occidentali. Cosa importa a Saddam o a qualsiasi altro dittatore asiatico o africano, se in piazza del Duomo si manifesta contro il suo regime? Il suo popolo verrà mai a saperlo? Le decisioni del suo governo muteranno, i suoi sgherri mitigheranno la propria ferocia? Invece è ovvio che i pacifisti manifestano contro chi li può stare ad ascoltare, cioè contro i governi che sono dalla loro stessa parte della barricata. Ed è altrettanto ovvio che queste manifestazioni hanno almeno ottenuto un risultato minimo: quello di accentuare, da parte di chi prende le decisioni anche a livello militare, l’attenzione ad agire verso obiettivi di ridotto impatto sui civili. Le manifestazioni servono almeno a dire: vi teniamo d’occhio. Non andate là a fare un macello, come se aveste alle spalle un muro compatto di gente che vi sostiene qualunque cosa possiate fare. Se la mia famiglia è in lite con un’altra famiglia e io vedo mio padre o mio fratello armare una doppietta per prendere a fucilate gli altri, cosa farò? Con chi potrò alzare la voce, gridare, per evitare un massacro? E’ chiaro che griderò con i miei parenti, che cercherò di fare ragionare quelli che stanno dalla mia parte; non avrebbe senso che andassi a questionare con gli altri: chi mi ascolterebbe? Quindi la scelta di manifestare contro Bush non è, in sé, espressione del tanto chiacchierato antiamericanismo; è semplicemente pertinente al problema.
“Corriere della Sera”, 26 marzo 2003.