¡Que viva la traducción! – La letteratura italiana in Messico
A cura di Ilide Carmignani, di Fabio Morábito
(Dopo le prime puntate in Spagna e Argentina – qui, qui e qui – ecco un nuovo contributo per capire che ruolo giochi la nostra letteratura fuori dai confini nazionali. Questa volta esploreremo il Messico grazie a Fabio Morábito, poeta, romanziere, studioso, traduttore dell’Aminta del Tasso e dell’opera omnia di Eugenio Montale. Ilide Carmignani)
Cercherò di tracciare un breve quadro del posto che occupa la letteratura italiana in Messico. Intanto non credo che l’Italia promuova una qualche politica culturale in questo paese, anzi mi domando se lo faccia in altri. L’Istituto Italiano di Cultura, che ha sede in uno dei posti più belli di Città del Messico, non si contraddistingue certamente per la sua vivacità. Per me é stato sempre un istituto grigio, incapace di attrarre un pubblico locale. Ci vanno più che altro i vecchietti italiani e forse qualche studente dei corsi di lingua.
Una prova, che mi tocca da vicino, della sua abulia è questa: ho tradotto la poesia completa di Montale, che è stata pubblicata in Spagna da una delle case editrici più importanti (Galaxia Gutenberg), e qui all’Istituto a nessuno è venuto in mente di presentare il libro. Poi c’è il corso di laurea in Letteratura Italiana alla UNAM, che purtroppo ha pochi studenti. In genere la letteratura italiana in Messico è misconosciuta. I nomi che circolano sono sempre quelli: Calvino, Pavese, in anni più recenti Eco, Dario Fo, Tabucchi, ultimamente Camilleri… Si traduce poco, mi sembra.
Qui potrei sbagliarmi perché non seguo così da vicino il mercato editoriale, ma me lo conferma indirettamente il fatto che alcuni anni fa, quando la Fiera del libro di Guadalajara fu dedicata all’Italia, mi impegnai per far tradurre a molti dei miei studenti di Letteratura Italiana dei testi che poi sono stati pubblicati sulla rivista letteraria più nota di Guadalajara, Luvina, che ogni anno dedica un dossier completo alla letteratura del paese invitato alla Fiera. L’idea era che gli studenti si facessero conoscere come traduttori dall’italiano e quindi fossero poi facilmente reperibili dalle case editrici interessate alla letteratura e alla cultura italiana in genere. Ebbene, nessuno di loro è stato chiamato e per molti quella di Luvina è rimasta l’unica esperienza da traduttore professionista, il che è una prova dello scarso interesse di cui gode la nostra letteratura e cultura qui in Messico, ma io direi in America Latina in generale, eccetto naturalmente i casi dell’Argentina e dell’Uruguay, dove ho avuto modo di avvertire un notevole attaccamento alla cultura italiana. Si traduce poco, dicevo, e dovrei aggiungere: e non bene. I traduttori sono pochi e non proprio eccezionali, ma qui subentra anche una problematica di indole strettamente linguistica e cioè il fatto che la vicinanza tra spagnolo e italiano produce spesso traduttori fasulli.
L’Italia é un paese molto amato in Messico, soprattutto per ciò che ha fatto nel campo dell’arte, del cinema e della moda, e ovviamente per la rinomata bellezza del paese e per l’importanza della sua cucina, ma letterariamente se ne sa ben poco. Non dimentichiamo peraltro che in Messico si legge pochissimo, quindi quelli che sanno qualcosa di Calvino e compagnia sono persone molto istruite. In sintesi, la presenza dell’Italia in Messico è alquanto scarsa e nei quarant’anni in cui abito in questo paese la situazione sostanzialmente non è cambiata.
Biografia
Fabio Morábito è nato nel 1955 ad Alessandria d’Egitto, da genitori italiani. Cresciuto a Milano, nel 1969 si è trasferito con la famiglia a Città del Messico. Ha pubblicato i libri di racconti: La lenta furia (1989, 2002; trad. tedesca 1998), La vida ordenada (2000) e Grieta de fatiga (Premio Antonin Artaud, 2006); un libro di prose a mezza via fra il saggio e l’invenzione, Caja de herramientas (1989; tradotto in Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti); due romanzi brevi per bambini, Gerardo y la cama (1986) e Cuando las panteras no eran negras (1996; pubblicato anche in Italia col titolo Quando le pantere non erano nere, Salani, 2001). Nel 2004, al termine di un soggiorno in Germania, ha dato alle stampe También Berlín se olvida, ritratto della grande città tedesca. Nel 2009 è uscito il suo primo romanzo: Emilio, los chistes y la muerte. Per la poesia, sono usciti: Lotes baldíos (1985; premio Carlos Pellicer. Tradotto in francese nel 2003); De lunes todo el año (1992; premio Aguascalientes), Ocho poemas (1997) e Alguien de lava (2002). In italiano è stata pubblicata la raccolta Poesie, tradotta da Stefano Strazzabosco (AUIEO 2005).
La situazione delineata da Fabio Morabito per il Messico mi sembra estendibile a molte altre realtà anche nord e sudamericane. Io lavoro in un centro di diffusione dell’italiano qui in Italia, con centinaia di studenti che vengono da tutto il mondo e soprattutto dal Sudamerica e mi raccontano la stessa desolante sensazione di repulsione ispirata dai centri di cultura italiana nei loro Paesi, e mi parlano della mancanza di aggiornamento e di interesse per i non “straclassici straconosciuti straletti e stranoiosi” (cito testualmente). Noi insegnanti, nel nostro lavoro quotidiano, diamo stimoli, incuriosiamo, suggeriamo, ma questo non basta e sarebbe bene che qualcuno incentivasse i centri di cultura all’estero ad ospitare conferenze, incontri, dibattiti e a dare ospitalità agli studiosi italiani che potrebbero dare linfa nuova alle loro attività. Speriamo che piano piano quest’idea penetri nelle teste giuste.
mdp
Confermo quanto si evince dall’articolo e concordo con le affermazioni di Marco di Pasquale. Ho lavorato presso uno dei nostri Istituti di Cultura all’estero, altri ne ho visitati, e ho dovuto prendere (ahimè) atto dell’inadeguatezza degli investimenti e della mancanza di progettualità per le iniziative di promozione della cultura e letteratura italiana, affidate all’estro e agli interessi, non sempre culturali, dei singoli direttori. Il Cervantes e gli altri istituti europei sono molto più attivi e competitivi, rispetto a logistica, qualità dell’offerta e appeal per il pubblico. Che poi (non) va in libreria e (non) alimenta il mercato delle traduzioni.
un grazie a Fabio Morábito per la sua splendida traduzione di Montale.
un abbraccio
Grazie Alessandro.
Un altro abbraccio
Fabio
Nulla si dice sull’opera incredibile, come traduttore, di Guillermo Fernandez, poeta messicano. Fernandez, assassinato da ignoti lo scorso anno, ha dedicato tutta la sua vita alla poesia e a tradurre indefessamente, fedelmente da Boccaccio agli ultimissimi…. Conobbi Guillermo nel lontano ’78 a Firenze e aveva già all’attivo numerose traduzioni. Sono sorpreso del silenzio di Morabito su di lui. E’ proprio vero, la morte e il tempo ineluttabilmente sanno fare giustizia.
Caro Carlucci, nel mio articolo non faccio il nome di nessun traduttore perché l’intenzione di esso é delineare brevemente il panorama (alquanto pessimista, come avrá notato)della ricezione della letteratura italiana in Messico. Se avessi citato il caro Guillermo Fernández, il cui lavoro come traduttore ha risvolti eccezionali tanto per la quantitá e la qualitá, avrei dovuto citare almeno altri due traduttori eccellenti: Marco Antonio Campos e Tomás Segovia, quest’ultimo senza dubbio il miglior traduttore messicano in assoluto, ma prevalentemente del francese e l’inglese, che dall’italiano ha tradotto stupendamente Ungaretti e Pavese. Insomma, i nomi illustri certamente non mancano, per fortuna, ma é anche vero che purtroppo la qualitá e la quantitá media delle traduzioni dall’italiano é abbastanza scarsa.
Il quadro della traduzione dall’italiano sarà anche alquanto pessimista ma l’opera indefessa, come traduttore, di Guillermo Fernandez è quanto meno incredibile. In più Guillermo riusciva a trovare l’editore e a far pubblicare. Sono certo che il Tempo appunto farà giustizia di lui non solo come traduttore ma anche come poeta. La morte brutale, il silenzio che ne è seguito non può essere che preludio (nel Tempo..) al riconoscimento duraturo. Eso es todo.