Asarotos oikos ( la camera non spazzata )
Sembrano intarsi, mosaici, motivi inanellati al marmo, capelli, fibre di organi dispersi, sparpagliati, sul campo dei possibili, dei passi in cerchio a contare i muri, le pareti e i dorsi, forse fili d’erba, elettrici, filamentosi tagli, grigi, riflessi, opachi artigli, afferrano ogni resto, rimanenza, di frattaglie di tempo che appaiono, polveri di verde e grigio tracciate per scivolamento, appiccicaticce molliche, grani che segnano la pelle, scivolate dai banchi e dalle tavole dei commensali, a tratti mollicci, li spingi e li discosti, con la punta del piede, della scarpa, di sguincio e ti chini a raccoglierli, scollarli, ficchi l’unghia al margine, all’incavo, e si annerisce, si scontorna, si incunea e gratta il polpastrello, l’orma, la scaglia si solleva, gratta, incide il tratto, la pelle, graffia, da interstizio a interstizio fa breccia si ficca, e accalda la vena che si ingrossa, fa male, fa sporco, fa terra che rimane piena di terra, il pavimento, di pietra, il mosaico, che appare dal parquet flottant su cui galleggiano i resti del naufragio, le rimanenze, le briciole da dare da mangiare ai morti o agli animali che proteggono casa.
I commenti a questo post sono chiusi
Bello questo dono, che apre la porta verso La veranda di Montale, in una scrittura poetica, come collezione di oggetti che solo un poeta vede, ecco un inventario della piccola traccia delle presenze, quando la bricciola è un bijou che solo la lingua non mangia, dà eternità a quello che scompare
di solito con una scopa.
Mi ha fatto pensare a qualcose che mi incanta, i capelli che fanno un mucchio, quando vado dal parrucchiere. Capelli che trovo di una bellezza strana.
La polvere sulle dita è la vita che ti resta tra le mani.
PVita
un vero pezzo di bravura, ff, ma è un’apertura alla veranda di Montale, come dice la nostra Véronique?
Bello assai, piacevole all’ascolto, è come l’avessi sentito dalla tua voce,
o Francè,
tutto sonoro di c di scontorna e s’incunea nell’incavo di casa.
Bravo.
Però,
quello di sopra è un mosaico romano, già,
e non ci sta scritto ove si trova,
per cui mi incaponii.
Vabbè, ciau
MarioB.
celeberrimus fuit in hoc genere Sosus, qui Pergami stravit quem vocant asaroton oecon, quoniam purgamenta cenae in pavimentis quaeque everri solent velut relicta fecerat parvis e tessellis tinctisque in varios colores.
The most famous in that genre was Sosos who laid at Pergamon what is called the asarotos oikos or unswept room, because on the pavement were represented the débris of a meal, and those things which are normally swept away, as if they had been left there, made of small tesserae of many colours. – Pliny, Natural History 36.184.
et voilà!
effeffe
grande Effe(effe) !
nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si riscrive nel
e poi il taglio-resto e l’economo nascosto dietro il
nulla si culla nel silenzio apofantico dell’escoriazioni dell’epidermide dello scrittore del post che
oltre ad essere vero o falso e fenomenologico nel senso minoritario del non-senso a sparire e
insomma
vale!
Molto wiki l’eccedenza del cognitivo, se metti il brano in rete con la voce sai cosa potrebbe saltarne fuori (?): una videopoesia alla seconda potenza(?)
l’eterno, irrisolto dilemma: chi pulisce?-);
Alla fine, gira gira, sono riuscito a trovare che ‘sto benedetto e prezioso mosaico dell’asaratos oikos si trova presso i Musei Vaticani,
gran bel pezzo!
roberto donatelli mi ha ricordato che era pratica diffusa nell’antichità battere il suolo, ovvero non spostare “i resti” ma incorporarle al suolo, stratificando pavimento e residui. Insomma si costruiva sui resti, anticipando di gran lunga la raccolta differenziata…
effeffe
Questo pezzo titilla la quasi totalità delle mie zone erogene di lettore. Ergo, danke, Forlani.
F.T.