VIOLA AMARELLI Notizie dalla Pizia

 

[ fotografia di Orfeo Soldati ]

  di Anna Lamberti-Bocconi

  Per circa due millenni le Pizie “profetizzarono” in nome e per conto di Apollo nel tempio di Delfi, tempio peraltro che, secondo il mito, nell’era ancestrale del matriarcato era custodito dal drago Pitone, figlio di Gea – la Terra, la Dea Madre, la più antica divinità. Solo col trionfo del giovane dio Apollo, nume del Sole, che uccide Pitone e si impadronisce del tempio, il matriarcato finisce e si instaura la religione solare, che verrà poi spodestata dalla vittoria del cristianesimo la quale porrà fine anche alle profezie di Delfi.
  Apollo nomina dunque sue profetesse le Pizie, ponendole a guardia ed esercizio del proprio culto vittorioso. E’ tuttavia curioso che il loro nome derivi proprio da quello dell’assassinato Pitone: vi si può individuare la traccia di un legame misterioso e non amputabile tra le epoche, di un passaggio sotterraneo tra i diversi culti; un’avventura dello spirito ove si conferma che nel mondo delle Madri, delle matrici umane, nulla ha davvero una fine e un inizio.
  Le Pizie diventano così un emblema della forza del mito; ma nello stesso tempo costituiscono una realtà storica attestata per circa duemila anni, forte e prestigiosa, che fu pilastro della religione e delle città-stato greche.
  E’ questa l’architettura che Viola Amarelli utilizza per costruire Notizie dalla Pizia: un’opera radicata tanto nel mito quanto nella realtà storica passata presente e futura (il nostro oggi!), che formano due piani continuamente intersecantesi in piena compattezza. Le due coordinate del libro si delineano fin dall’inizio: da un lato il richiamo mitico-classico, che mette sul tavolo l’essenza immutabile del Tempo, dall’altro le calate nella contemporaneità, a parlare di un tempo che invece trascorre, si accumula e si fa Storia. E tutto ciò si dispiega per la lunghezza del libro in modo infallibile e amalgamato genialmente, sia nelle tematiche sia nel registro linguistico. Quest’ultimo è aulico ma non retorico (come si conviene a un linguaggio di creazione), sostanziato da una ferrea base culturale e da immagini splendenti quando la sua funzione è ricreare un mondo mitico e sovratemporale; mentre invece a varie ed efficacissime incursioni nel modo ironico è affidato il compito di insinuarsi con grande naturalezza nelle visioni classiche, attualizzandole e rendendo i testi taglienti. In questo modo è come se il canto composito delle Pizie provenisse da un fuoco prospettico non euclideo, che toglie centro di riferimento al lettore e pertanto crea continua sorpresa.
  Impagabile per esempio la naturalezza con la quale nel prologo il coro delle Pizie, citando l’antico e sfortunato guardiano dell’antro, subito dopo l’alto registro del verso serpe suo figlio senza resurrezione ucciso recita fra parentesi, in controcanto: Pitone, un nome già sfigato. A questo punto il lettore sensibile è già bell’e che servito, straniato quanto basta e pronto a continuare la cavalcata.
  Siamo partiti e annusiamo anche noi quei vapori ctoni che rendevano veggenti ed esaltate le signore Pizie, in equilibrio fra il mondo materico e originario della grotta ove il respiro natale della terra esalava allucinogeno da una fenditura sulfurea, e le parentesi con freccia puntata all’oggi, che col loro registro abilmente abbassato fanno da disicantato commento.
  Pagina dopo pagina sfilano dunque le profetesse e indovine consacrate cantate da Viola “Pizia” Amarelli, ognuna individuata nell’onda collettiva di una civiltà: popolaresche o bambine, pragmatiche o stordite, come in uno Spoon River composto quasi sempre di persone, a volte di modi e di paesaggi, e accomunate da una veggenza tanto suprema quanto inutile a se stessa, da esercitare – sottratte a una visione mediterranea intagliata nel sole e spruzzata dalle onde azzurre – giù nella grotta, a conoscere il tutto e la vanità del sapere stesso, in un sommo di nichilismo fatale…
 

II – La veggente
So, i granelli di sabbia
la misura dei mari,
le direzioni d’aquile e di venti.
So dove l’ali di farfalle ogni momento.
So, l’urlo e il muto,
quello che è stato come ciò mai nato.
So, fatica di termiti
lucertole al salice inseguite.
So, che sapere non serve
so l’infelice.

 
  Congiunte alla terra in rituali di erotismo numinoso che danno il dono della profezia, fecondate di veggenza dall’insufflazione dei vapori, custodi magiche della conoscenza, stranamente appare anche normale che le Pizie mantengano lo stesso incarnato concreto e plebeo delle donne campane, o l’isteria delle tarantolate.
 

V – La ribelle
Non mi domaron
le provaron tutte
le buone e le cattive, minacce con blandizie.
Non era colpa mia, con le loro risposte
peggiori di domande tra calcoli e papiri,
politiche d’accatto.
Avevo l’urlo, frantumato, urlavo
e quelli, preti e fedeli,
tutti,
atterrivano d’Apollo, lo spietato.
Mai l’ho rivelato, al crinale follia
non c’era alcun Apollo,
io sola il dio.

 
  Riassumendo in aggettivi la galleria, ecco dunque le Pizie indomabili, selvagge, pratiche, scettiche, incredule, sgamate, astute, popolane, viscerali, intuitive, uterine, onfale, archetipe, ave delle tarantolate, delle indemoniate, delle epilettiche, guardiane di sapienza mestruale-ctonia, violenta, stregonesca: a loro, donne e fanciulle, spetta la materia pastosa e lucente della magia, mentre le azioni politiche e culturali si situano nella dimensione sacerdotale degli uomini.
  Consapevoli del proprio ruolo funzionale all’economia del mondo, le astute Pizie svolgono il compito loro assegnato, che è dare una linea al fato, tradurre in riga la parte indecifrabile del destino, quel buco misterioso dove la fine è uguale all’inizio.
  Questo si vuole da loro, nella ripetizione continua di previsioni che riportano all’unico luogo dove possono riportare.
 

X – I fedeli
Dipende dalla domanda, parrebbe ovvio
il responso, il più complicato è difatti
capire che diamine vogliano.
Eppure l’abbiamo anche scritto
“conosci te stesso” e “ nulla di troppo”,
ma insistono privi di logica
a chiederla in metrica a un dio
o meglio, per essere esatti,
a un corpo, evidente, di donna
ché ad ogni dilemma dal fondo insistente
traspare illusoria la stessa speranza:
che tutto risolva una ninna nanna.

 
  E anche dopo, quando tutto storicamente è finito, decaduto in siccità, niente è perso: benché nell’evidenza foucaultiana che di metamorfico e a tenuta perenne c’è solo il potere.
 

XXII – Finale di partita
Muta la fonte, desolato il tempio,
secco l’alloro
il dio, deo gratias, non abita più qui
chiusa la faglia rimane cicatrice
lembo d’orgoglio, demone nutrice.
Curiamo olivi, tenere le foglie
spremiamo i frutti per addolcire i gironi
alla brace rovente sotterranea
liberamente scaldiamo figli e cuori.
Più non sappiamo,
ci dicono i ricordi che nulla è perso
come mai nulla si perde, solo il potere
è trasmutato altrove dove ugualmente
nasce e, nel vivere, muore.

 
  Le cose sono le cose e la verità profetica è la loro verità, la nostra, più umana che divina, infine…
 

Postfazione
Non aver dubbi, incertezze, non troppe
certe domande senza risposta
e un bimbo è un bimbo, rosa
una rosa, sonno è il riposo
l’aria è una grazia, la terra un sasso
sempre in agguato costante il male
forze coatte in tempo e spazio
salvo poi esplodere in supernova
come una gioia fusa energia,
quello che vivi, le verità.

 
  Siamo di fronte, per concludere anche noi, a un libro speciale e davvero bello, portato in esaltazione dalla grande forza e persuasività estetica della lingua di Viola, e da un corredo di splendide foto di statue classiche. Bravi tutti. Vale la pena.
 
 
[ letture di Rita Bonomo ]
 
 
Viola Amarelli
Notize dalla Pizia
Fotografie di Orfeo Soldati
LietoColle 2009
ISBN: 978-88-7848-484-9
Prezzo: €13,00
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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13 Commenti

  1. Ringrazio per avere signalato Notizie della Pizia.

    Trovo l’idea affascinante: la voce delle donne venute del tempo femminile, quando il nostro mondo vive il tempo maschile. Ecco una voce legata all’ombra della nascita, alla grotta primitiva, al sale, al sole mediterraneo, alla donna solare, alla nascita della parola. La poesia è nata con la presenza femminile nel mondo, alla transa erotica, alla parola attraversata dal carnale.

    La veggente è bellissima, nella sua onda con la voce poetica
    fatta di sale, di luce, di ombra, di sagezza.

    MAGNIFICO!

  2. superbia ideativa e rara capacità di scrittura che rasenta il mio ricercare tra l’arcaico e il contemporaneo, viola amarelli resta di una capacità poetico_espressiva unica peralto ben reinterpretate dalla rita bonomo.. con stima
    r.m.

  3. tra le cose più belle e più care di questi ultimi tempi
    un gran libro colmo d’amore per la poesia
    un caro saluto
    c.

  4. :-) Indovinate l’Amarelli chi
    ha scelto per la gran presentazione
    delle “Nopizie” a Napoli. Ebben, sì:
    il Palascian! Che onore! Che emozione,
    folla anzi d’emozioni, il cor m’intarsia!
    Che sole interno l’anima m’irradia!
    Non sto più nella pelle, tipo Marsia.
    Pur qui saluto la poetessa Nadia.

  5. Anna è stata molto cortese e soprattutto brava a restituir(mi) questo libro come la cronaca di una sconfitta dalla quale, però, deriva uno sguardo eccentrico, paradossalmente più diretto sul rapporto sapere/potere che sostanzia le nostre vite. Ovviamente empatizzo e molto con questa lettura, e la ringrazio, unitamente a Orfeo, Orsola e Rita, V.

  6. A parte leggere e rileggere l’intensa Viola. Vi suggerisco un bel saggio di Giorgio Galli, Afrodite, Cromwell e la Democrazia, Edizioni Kaos, che studia il legame tra matriarcato, dissenso e nascita della democrazia.
    Un caro saluto a tutti quelli che conosco (e pure agli altri).

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orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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