Zündel se ne va

Marcus Werner

di Gianni Biondillo

Markus Werner, Zündel se ne va, 2008, Neri Pozza, 158 pag.

Le traduzioni sono capsule del tempo. All’improvviso dal passato, spesso anche lontano, tornano romanzi folgoranti, che descrivono un mondo che crediamo di ricordare alla perfezione, ma che in realtà è sepolto malamente nella nostra memoria fallace.

Zündel se ne va fu il romanzo che diede alla letteratura svizzera tedesca un nuovo, straordinario protagonista. Abbiamo dovuto aspettare ventiquattro anni e la traduzione nel 2005 di Quando la vita chiama (best seller internazionale) per poter leggere questo suo primo folgorante esperimento di scrittura esistenziale.

Zündel, il protagonista della storia, sulla nave che da Ancona dovrebbe portarlo su un’isola greca, perde all’improvviso un dente e, a pochi minuti dalla partenza, decide di scendere per ritrovarsi di fronte al nulla della sua esistenza. Incipit clamorosamente pirandelliano, così come lo è il continuo sprofondare dentro le ossessioni della solitudine che seguirà a questo accadimento al limite del ridicolo. C’è molta Italia in questo romanzo, e, lo dico subito, il Belpaese non ne esce benissimo, ma senza piccate punte di razzismo.

È che la lingua di Werner è precisa come un bisturi, acuminata e crudele. Zündel, non trova pace né nel nostro paese, né nel suo, quella Svizzera così glaciale e mediocre che, come piccolo borghese e professore di liceo dalle velleità intellettuali, lo tormenta. Ma Zündel è soprattutto il prototipo dell’uomo che nel mezzo del cammino della sua esistenza perde ogni coordinata sociale ed esistenziale. Il destino beffardo lo allontanerà dalla moglie, dall’Italia che lo richiama e lo rifiuta di continuo, dagli amici e conoscenti, dal suo paese immobile.

Un libro che è un tormentato calare nell’orrido del sé, che è, perciò, uno sguardo attonito sul precipizio della follia. Il tutto con una scrittura pulita, quasi comica, sicuramente grottesca. Un piccolo gioiello, di un quarantenne all’epoca sconosciuto, sul quale avrei puntato tutto; sapendo, oggi, che avrei vinto a mani basse la scommessa.

[pubblicato su Cooperazione, n° 20 del 13.05.2008]

Print Friendly, PDF & Email

6 Commenti

  1. ” Ma Zündel è soprattutto il prototipo dell’uomo che nel mezzo del cammino della sua esistenza perde ogni coordinata sociale ed esistenziale. ”

    Allora lo devo leggere. Breve e bella recensione.

  2. @ nadia, se ti interessa anche una recensione più lunga, ti segnalo quella scritta da Stefano Gallerani su Alias del 26 Aprile, vedi di recuperarla in qualche modo. Un abbraccio

  3. beh, gianni, mi hai fatto venir voglia di leggere di zundel. avevi letto “Perché questo è il brutto dell’amore” di Nicole Muller?. meno beffardo, meno pirandelliano, ma almeno (in traduzione) piacevolmente acuminato e con una struttura originale.
    :)

  4. Alla fine ci sei riuscito Biondillo, mi hai convinto e me lo sono comprato. Ho inziato subito a leggerlo (in parallelo al bellissimo saggio di Vananda Shiva “India spezzata”) e devo dire che Werner già nel 1984 era decisamente talentuoso, hai ragione. (Forse un po’ ingenuotto). Interessante più per la tecnica di scrittura, e per la struttura del romanzo, che per i contenuti. La traduzione è buona anche se – come capita spesso negli ultimi tempi in Italia – a tratti mi sembra incerta (ma ho incontrato peggiori approssimazioni dell’italiano anche in alcuni punti di recenti traduzioni di Günter Grass e Don Delillo, quindi…).

  5. caro Gianni,
    ho conosciuto i tuoi libri tramite una amica amante, dei gialli, vivo a milano vicino a quartoggiaro e ci passavo tutti i giorni per andare a lavorare a Novate M.se negli anni ottanta. Quando scriverai un altro libro con Ferraro? forse che con l’ultimo, il Siovane Sbirro, hai chiuso le sue avventure?
    prendo occasione di questo spazio per questa domanda, non avendo ancora trovato un’altra email per comunicare con te.
    un appunto:
    come sei riuscito ad immedesimarti in una donna per scrivere Per sempre giovane” ? se hai un segrato dimmelo che poi capendo le donne, le conquistiamo tutte e facciamo a metà…..
    ciao
    ps
    molto bella la recensione dello svizzero, vieno voglia di leggerlo, ma dare soldi agli svizzeri è una bella barriera da superare!!!!!! scherzo
    sandro

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Pasqua

di Maria Noemi Grandi
Zio apre il recinto e chiama Pasqua a sé – Andiamo, bella. Andiamo – quella si avvicina placida, pensa le abbia portato da mangiare i soliti resti. Pure Pasquetta si accoda ma zio la spinge indietro e chiude il cancello. Insieme ci allontaniamo di qualche passo sul prato.

Il violinista Igor Brodskij

di Romano A. Fiocchi
il 15 marzo, per i tipi della nuova, piccola e agguerrita Qed, è uscito "Il violinista Igor Brodskij", il nuovo libro di Romano Augusto Fiocchi, nostro amico e collaboratore. Ve ne anticipiamo l'incipit, sperando di incuriosirvi.

La vecchiaia del bambino Matteo

di Romano A. Fiocchi
Il titolo è un ossimoro affascinante: "La vecchiaia del bambino Matteo". Non basta, il libro si apre con un’immagine che non poteva essere concepita se non da un poeta, qual era Angelo Lumelli: un vagone merci fermo in mezzo alle risaie, da solo, sulla linea ferroviaria Mortara-Pavia.

Attorno a un completo sconosciuto

di Gianluca Veltri
Quando arriva sul palco, il 25 luglio 1965, Dylan sembra un alieno piombato sulla terra. È vestito come un rocker, tutti gli strumenti della band sono elettrici: due chitarre, basso, organo e batteria. Altro che menestrello di Duluth.

Babilonia

di Gianni Biondillo
Fra opere di maggior o minore qualità, fra grandi cantieri e cantieri smisurati, ecco spuntare fuori il Bosco Verticale. Progetto vincente, inutile negarlo, a partire dalla sua comunicazione. Architettura che si fa claim, slogan, motto.

Sangue mio, corri!

di Romano A. Fiocchi
«La geografia aveva complottato con la storia e ne era uscito il capolavoro di un paradosso». "La signora Meraviglia", di Saba Anglana, è una sorta di autobiografia di famiglia con l’atmosfera di "Cent’anni di solitudine", proiettata non in Colombia bensì tra il Corno d’Africa e l’Italia.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: